Meta Colorno; ma prima d’arrivarvi, sostate alla Badìa di Paradigna, imponente costruzione gotica sino a qualche anno fa adibita a fienile e ora, giustamente, in via di restauro. È troppo scandaloso dirvi che a me le alte navate stipatissime di fieno odoroso andavano benissimo?
A Colorno, quello che fu nel ‘500 castello di Barbara Sanseverino, decapitata dai Farnese per aver congiurato, e naturalmente espropriata, è ora il Palazzo Ducale, dai Farnese stessi splendidamente trasformata in una piccola Versaglia. Tale definita per splendore di architetture murarie e arboree, via via arricchite e modificate armonicamente dai successori dei Farnese: i Borbone, Maria Luigia, ancora i Borbone.
Arrivano ahimé i Savoia e lo Stato Italiano, cominciano saccheggio e degradazione. I mobili più prestigiosi razziati e portati in Quirinale, le piante più eccelse abbattute, la dimora che fu di delizia mutata in luogo di pena: vi si insedia un manicomio. Pur mutilo e ferito e spogliato il Palazzo Ducale resta bellissimo. Ma la cosa più eccitante, la sorpresa, sta in una sua dipendenza, l’Arancera. È una costruzione a un piano dove “si conducevano al sicuro dai freddi invernali i vasi del Giardino”. Rimesso in ordine, il palazzotto ospita un piccolo museo di attrezzi agricoli. L’interno del primo piano, ideato dal Bibiena nel primo ‘700, con il suo gioco di archi in controspinta aperti in tondi di alleggerimento, è una meraviglia del premoderno, del moderno e del postmoderno che tutti gli architetti dovrebbero correre a studiare. 15 km da Parma.
“L’Espresso”, 7 febbraio 1982
Colorno
Busseto