A chi voglia evadere dal carcere mobile che è l’autostrada, consiglio di uscire a Parma Sud. Subito a sinistra s’imbocca la strada per Colorno, la stessa che fece Fabrizio del Dongo evaso dalle prigioni di Parma per passare Po e ritrovarsi, salvo, nella Lombardia austriaca. Ma mentre la pariglia che lo trasporta corre “ventre a terra” per arrivare a Sacca e traghettare verso Casalmaggiore, voi prendetevela calma, lungo il viaggio ne avrete da vedere di cose, e a Sacca fermatevi, ad accogliervi c’è una trattoria Stendhal, ottima. Alla sua inau
gurazione deliziò i palati dei più grandi e venerabili “beylistes” del secolo, Martineau e Trompeo, Vaudoyer e Foscolo Benedetto: non deluderà i vostri.

Meta Colorno; ma prima d’arrivarvi, sostate alla Badìa di Paradigna, imponente costruzione gotica sino a qualche anno fa adibita a fienile e ora, giustamente, in via di restauro. È troppo scandaloso dirvi che a me le alte navate stipatissime di fieno odoroso andavano benissimo?

A Colorno, quello che fu nel ‘500 castello di Barbara Sanseverino, decapitata dai Farnese per aver congiurato, e naturalmente espropriata, è ora il Palazzo Ducale, dai Farnese stessi splendidamente trasformata in una piccola Versaglia. Tale definita per splendore di architetture murarie e arboree, via via arricchite e modificate armonicamente dai successori dei Farnese: i Borbone, Maria Luigia, ancora i Borbone.

Arrivano ahimé i Savoia e lo Stato Italiano, cominciano saccheggio e degradazione. I mobili più prestigiosi razziati e portati in Quirinale, le piante più eccelse abbattute, la dimora che fu di delizia mutata in luogo di pena: vi si insedia un manicomio. Pur mutilo e ferito e spogliato il Palazzo Ducale resta bellissimo. Ma la cosa più eccitante, la sorpresa, sta in una sua dipendenza, l’Arancera. È una costruzione a un piano dove “si conducevano al sicuro dai freddi invernali i vasi del Giardino”. Rimesso in ordine, il palazzotto ospita un piccolo museo di attrezzi agricoli. L’interno del primo piano, ideato dal Bibiena nel primo ‘700, con il suo gioco di archi in controspinta aperti in tondi di alleggerimento, è una meraviglia del premoderno, del moderno e del postmoderno che tutti gli architetti dovrebbero correre a studiare. 15 km da Parma.


“L’Espresso”, 7 febbraio 1982

 

Colorno

Busseto.html

Busseto