Da ottobre a marzo non improbabile che a Fontanellato dobbiate arrivare forando muri di nebbia soffice, ovattata, ideale per stagionare culatelli, fratelli nobili del prosciutto, e reumatismi. Ma niente paura, entrati passando sotto un bell’arco che vi dice “qui comincia il centro storico, è finita la periferia ricca di villette ricche, tutte le strade del borgo vi portano alla Rocca Sanvitale, la rocca vi ristorerà col colore caldo dei suoi muri in cotto…”
Ma che delizia per Paola, sposa giovane e assai bellina, se il Parmigianino non ne ha troppo ritoccato figura e volto nell’allegoria dell’Abbondanza per cui essa pare aver posato avendo tutt’intorno da seguire con gli occhi la favola del povero Atteone che, arrivato con cani e cacciatori a un rio, avendovi contemplate ignude Diana e sue ninfe, viene punito dalla dea, mutato in cervo, sbranato dai levrieri. Figurarsi se il Parmigianino, all’incirca ventenne quando gli venne dato l’incarico d’illustrare Ovidio, se la sentiva d’immettere nel ritmo serpentino della sua fiammante “maniera”, tale obbrobriosa scena. Atteone è sì, ora, un cervo, ma i tre cani che dovrebbero farlo a pezzi gli stanno vicini innamorati dei suoi occhi, del suo manto, delle sue ramose corna.
Nella sequenza di memorabili stanze padane prima venne la sanguigna Camera degli sposi di Mantova, poi la sublime Camera di San Paolo di Parma, ecco infine la Stufetta di Atteone di Fontanellato. Ma è quest’ultima che darà l’avvio, sia pure attraverso la mediazione del parmigianinesco Primaticcio, agli splendori della Reggia di Fontainbleau. La gita val bene uno strappo. In macchina da Parma 18 km, ancora meno dall’uscita di Parma Ovest dell’Autosole (9 km).
“L’Espresso”, 25 ottobre 1981
Fontanellato
Forte della Rocchetta