Forte della Rocchetta

Non cercatene notizia sulle guide, neppure su quelle minuziose del Touring di una volta, dov’erano segnati anche i posti d’avvistamento d’un bel tramonto o d’una bella aurora.

Questo che v’invito a raggiungere è un forte che avvistava eventuali navi nemiche avvicinantisi al porto della Spezia e eventualmente le cannoneggiava. Non so né voglio sapere nulla di preciso, al riguardo. Il Forte della Rocchetta è stato costruito nella seconda metà dell’800, assai solidamente, tenendo conto della funzione militare ma non dimenticando i moduli architettonici illustri nel
genere, soprattutto le invenzioni dei Sangallo.

Il Forte sta in cima alle colline che dividono l’estrema Liguria dalla prima Toscana, al termine di una strada accidentata, nell’ultima parte, e dolorosa per le gomme delle macchine come lo fu, favoleggia la gente della Serra, il bel paese che sta sotto, per i piedi dei forzati gravi di catene che la costruirono. Chi girerà un “Sono un evaso?” giolittiano?

Uno, al Forte abbandonato (era ora di dirlo, perché è l’abbandono che conferisce pittoresco alla cose e, perché no, alle persone) ci va per la grande mole in disuso, rattristante (ma non per i pacifisti) e la vista, rallegrante, da una parte del Golfo detto dei Poeti, perché vi soggiornò Shelley, e dall’altra della Versilia, dove soggiornò D’Annunzio alcionio, mentre fra Garfagnana, Lunigiana e Apuane, pure visibili a occhio nudo, vissero e operarono in tempi lontani Dante, Michelangelo e l’Ariosto.

Non bastano, a dar pregio alla visita, fra primavera e autunno, odorosa di timo, salvia, maggiorana e altre selvatiche erbe buone in cucina, i fuochi incrociati della poesia e dell’artiglieria d’una volta? Entrati nel Forte l’astrazione crudele dei cortili, delle piazzole, dei bagni, si fa subito scenario kafkiano. L’aggettivo, ci scommetto, verrà subito alle labbra dei gitanti con famiglia pomeridiani, degli amanti notturni: naturalmente senza che abbiano mai letto un rigo di Franz Kafka. O fortuna delle parole…

Uscendo, ci fanno tornare nella Storia le dipinte insegne dell’Artiglieria, con i cannoncini e la fiamma, qualche slogan di questi anni, a spray, già molto più sbiadente sul muro di quelle insegne che forse impresse un pittore un po’ soldato un po’ lavativo, capace di fregiare il Forte e di fare il ritratto alla Signora del Colonnello. A circa 15 km da Lerici.

 

“L’Espresso”, 15 novembre 1981.

 
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