Questo insieme disarmonico dovrebbe essere tolto dalla chiesa, non però distrutto…”. Meno male, io vi invito alle Grazie proprio per assistere a una magnifica Opera dei Guerrieri Straccioni messa in scena dal geniale frate, anticipatore “naïf” di Goya e dei suoi “disastri della guerra”.
I soldati a brandelli, lo testimoniano gli accesi versi di ringraziamento scritti sotto, si salvarono per virtù della Madonna, nel continuo incrociarsi di battaglie nell’incorreggibile Europa del ‘500. Ed eccoli, impolverati e ammaccati ma salvi, ammonitori. Quasi un manifesto per la pace.
L’altra meraviglia delle Grazie, per goderne bisogna però aspettare l’estate, sono i loti. Un’incredibile, infinita distesa di loti rossi rosa e bianchi sposati al verde di grandi foglie ricopre questa parte del Lago Superiore e ci incanta, ci smemora, ci fa riaffiorare alla mente versi di Li Po, detti di Confucio. Ma questo dono, a Mantova, non lo fecero gli inevitabili Gonzaga, bensì una gentile naturalista di Parma, la prof. Maria Pellegreffi che, a conoscenza delle virtù alimentari, e farmacologiche della farina di loto, convince il marito a seminare qui il “Nelumbum Speciosum”. La semina viene fatta di notte, quasi di frodo; il risultato, miracoloso, un’immensa piana fiorita. Sembra una favola, anche se ha una data precisa, il 1921, dolcissima e bizzarra favola, un po’ cinese e un po’ padana. Non penso che i mantovani, grati alla giovane signora che con una sua fantasia su basi scientifiche variò la loro estate di nuovi, insoliti colori, abbiano mai osato arricchire una già ricca dieta con una nuova insolita farina.
“L’Espresso”, 24 gennaio 1982
Mantova
Colorno