Filetto
Montechiarugolo
Che affascinava, a un tiro di schioppo da qui, sull’altra riva (un secolo prima che la loggia fiorisse dai muri turriti quasi organicamente, come fanno i rampicanti), Francesco Petrarca, canonico del Duomo di Parma, circa la metà del Trecento. Il luogo preciso dove il poeta si recava a scrivere l’ “Africa” si chiama Selvapiana; si racconta che i contadini storpiassero deliziosamente il nome Petrarca in Patriarca. Le autorità ecclesiastiche, per questo troppo zelo letterario del loro uomo, stilarono la mirabile nota di servizio: “Quasi sempre assente e del tutto inutile”. Era un po’ come lavorare in Rai e starsene a scrivere poesie a Villa Sciarra.
Montechiarugolo ha inoltre orrende carceri con graffiti di antichi reclusi, pozzi, camminamenti merlati e altre bardature tipiche delle rocche feudali. Ma, in più, stupendi saloni con pareti affrescate dal tardo Gotico al Manierismo e oltre. Nel centro, un cortile che negli anni del melodramma lo scenografo Girolamo Magnani, fra i prediletti di Verdi, ha decorato un po’ come fosse una scena d’opera. L’illusione, se tace la notte placida, perfetta. A 15 km. circa da Parma.
“L’Espresso”, 29 agosto 1982