È proprio in questa cittadina tra Parma e Milano che ha operato, con gran lena, nel primo ventennio del nostro secolo, Galileo Chini, pittore e decoratore le cui immagini e cromìe incantarono gli occhi della romanziera americana Edith Wharton, di donna Franca Florio, fra le prime della società di allora, del re del Siam, che si fece pitturare le stanze sontuose dal bravo artista fiorentino, più allievo di Klimt che di Fattori. A Salsomaggiore, se vi andate per curarvi, non dimenticatelo: le sue maioliche alle Terme Berzieri le vedrete, e ammirerete, come dire, per forza.
Ma i capolavori di Chini, che meritano una visita a Salsomaggiore, bisogna cercarli nell’ex Hôtel des Termes che Charles Ritz costruì nel ‘902 e che, troppo lussuoso per i nostri anni (siamo tutti mutuati), è oggi utilizzato dall’Azienda di Cura per congressi medici, festival cinematografici eccetera. Presentatevi ai suoi uffici che stanno nel fu albergo e chiedete di vedere prima la Sala da Pranzo, poi la Taverna Rossa o Moresca. Quest’ultima vi stupirà, magari appena sazierà, per la sua opulenza sensuale, da harem: Chini, dedicandola al Commendator Ferrario, che gliela aveva commissionata, la definì “risata di colore”. Ma il soffitto della sala dove pranzavano gentildonne e gentiluomini sul morire ritardato della “belle époque” è una pura meraviglia di nuvole, azzurri, ghirlande di rondini in volo, e proprio quelle gentildonne, in abiti che cominciano ad allentarsi e accorciarsi, e loro partners in frack, le une e gli altri per niente stupiti di ritrovarsi in cielo. A 10 km dall’Autosole, uscita di Fidenza
“L’Espresso”, 13 dicembre 1981.
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