Articolo di Colombo sul Corriere della sera: annotazioni sulla regia di Flimm del Ring
Si dice che sia inelegante e inopportuno criticare i critici dei quotidiani, perché, ovviamente, essi esprimono la loro opinione, e alle critiche che, eventualmente, si fa loro sul NG, essi non possono replicare, perché non le leggono. Questa obiezione potrebbe essere giustificata, se si contestassero loro giudizi motivati con i quali qualcuno potrebbe non essere d’accordo.
Ma quando un critico come Colombo, dopo avere visto il Festival di Bayreuth si lancia in critiche feroci contro la regia di Flimm, chiedendosi in più di un articolo perché mai Sinopoli possa “tollerare la barzelletta che ha davanti”, credo che sia giusto qualche commento.
Io non ho visto la produzione, e quindi non entro nel merito. E non è il merito della regia di Flimm l’oggetto di questa riflessione. Quello che mi interessa è il modo con cui si costruiscono i giudizi, che secondo me dovrebbero prima di tutto essere estranei ai luoghi comuni, e poi dovrebbero essere conseguenti alla comprensione delle scelte di chi ha operato, ed eventualmente alla contestazione di queste scelte.
Negli articoli di Colombo palesemente trionfa il solito luogo comune: i registi tedeschi sono (per razza? per cultura? per denaro? per lingua? per che altro?) dei distruttori di opere; e il pubblico tedesco applaude e si diverte perche è ormai ammaestrato. Credo che basterebbero questi luoghi comuni, per capire il senso della critica che Colombo fa alla regia di Flimm.
Ma c’è anche l’altro aspetto: perché la regia di Flimm è così orribile? Colombo risponde: perché Brunnhilde nella Valchiria è una specie di tarantolata, perché la casa di Mime è un prefabbricato, perché Mime lava i piatti e Sigfried li rompe, perché nella casa di Mime c’è un pollaio con i polli, perché Wotan fa “tiè!” con il braccio a chi perde le scommesse, perché Alberich entra in scena con il sacchetto della spesa, perché Brunnhilde usa la lancia per chiamare l’ascensore, e via ad elencare fatti e misfatti del povero Flimm.
Una sola cosa non ho trovato negli articoli: perché sono state fatte queste scelte? L’unica risposta che sono riuscito a trovare sono i luoghi comuni di cui sopra: perché i registi tedeschi (chissà perché solo i tedeschi, e non i francesi, ad esempio) hanno questo sacro furore di volere distruggere l’opera. Come risposta è decisamente molto misera.
Io speravo che, come altri critici hanno fatto, anche i critici nostrani, Colombo per esempio, si ponessero il dubbio che dietro queste operazioni ci sia un indirizzo culturale che, guarda caso, coinvolge un popolo che mi pare che in fatto di cultura abbia detto qualche cosa al mondo; che non tutte le operazioni di questo genere siano oro colato; che alcune forme siano solo delle ricerche, che altre siano addirittura delle imposture; che altre invece abbiano motivazioni “forti”.
È forse del tutto trascurabile il fatto che per i tedeschi Wagner entri nella loro storia non solo come musicista rivoluzionario, ma come rivoluzionario a tutto spessore, e che abbia influito, da vivo e da morto, su fatti e misfatti sui quali i tedeschi si stanno ancora interrogando? E che, proprio nelle sue opere questa ricerca possa essere un elemento di grande importanza?
Ho sentito affermare che Flimm con questa operazione avrebbe cercato di estrarre dal mito, che come tutti sappiamo è intensamente antiborghese, proprio il sottofondo “borghese” che c’è in Wagner e che si riflette nelle sue opere, dove tuttavia è immerso in una sovrastruttura mitologica che lo maschera. E questo tentativo Flimm l’ha fatto con la più semplice delle operazioni: ridicolizzando il mito.
L’operazione può essere riuscita, o no, si può essere d’accordo o no. Ma almeno si può dare per scontato che un regista del calibro di Flimm una motivazione la debba avere avuta? e cercare di capire e di spiegare, e magari di criticare, questa motivazione? O è chiedere troppo? O è meglio il qualunquismo liquidatorio per cui è una bestemmia che in una capanna in mezzo alla foresta ci sia l’acqua minerale in bottiglia?
E infine, la domanda di Colombo perché Sinopoli abbia tollerato “queste spacconate”, dopo avere esaltato (secondo me giustamente) la grande interpretazione del direttore: forse questa domanda, che lui stesso si fa, avrebbe dovuto mettergli un pulce nell’orecchio. Sinopoli ha diretto questa tetralogia con questo regista. I casi sono due: o era d’accordo, o gli è stato imposto, e lui ha fatto buon viso a cattivo gioco per non perdere l’occasione di dirigere a Bayreuth. Se la motivazione è questa, allora si ha il dovere di dirlo e di criticare il maestro per avere accettato una scelta che non condivideva. Ma questo non l’ha detto nessuno, nemmeno Colombo. E allora, fino a prova contraria, resta da pensare che Sinopoli fosse d’accordo. Anche lui allora appartiene a quel pubblico tedesco ammaestrato che applaude queste “spacconate” o queste “barzellette”?
L’opera è teatro, il teatro è comunicazione; e la comunicazione ha senso quando si ha qualche cosa da dire.