IOLANTA, al teatro degli Arcimboldi
Effettivamente, a un riascolto più attento, quelle cose che dici si avvertono abbastanza chiaramente. La mia impressione è che in questa opera gli elementi “russi”, che si riscontrano ad esempio in Mazepa e nell’Onegin, manchino pressoché del tutto. Mi sembra una musica che si richiami molto più alla tradizione europea.
Dal punto di vista della drammaturgia, basandomi su quello che hai detto, e sulla base del riassunto che per radio ne ha fatto Dall’Ongaro, mi sembra che essa sia da avvicinare a opere come l’Anacreon oppure la Piccola volpe astuta, anche se ovviamente dal punto di vista musicale esse sono molto lontane le une dalle altre. Opere in cui manca una vera e propria azione scenica. L’azione è tutta interiore ai personaggi. Nell’Anacreon il problema dell’invecchiamento e dell’amore; nella Piccola volpe astuta del tempo che passa, della sua circolarità, e quindi delle nostalgie, dei ricordi. In Iolanta il problema della vista, e di tutto mondo, compresi gli affetti, che la vista come percezione porta con sé. E in particolare, per Iolanta, il volto dell’amato. Quante volte è proprio il volto, lo sguardo, l’espressione degli occhi che ci ispirano l’amore? E la musica descrive queste sensazioni del tutto interiori nei personaggi del dramma. Sentivo anche parlare di elementi di psicanalisi nel rapporto fra menomazioni fisiche e stato d’animo. Iolanta potrà guarire dalla cecità solo se lo vuole veramente.
La musica assume aspetti di grande tenerezza, sia nei rapporti fra Iolanta e le sue ancelle, sia negli atteggiamenti iperprotettivi del re padre. Splendido poi tutto il lungo duetto fra Iolanta e …. nel quale la musica oltre a offrire bellissime melodie, si dipana con grande delicatezza, ben lontano dai duetti d’amore che esprimono travolgente passione. Come mi sono già espresso per l’Anacreon, questa è musica per la quale, oltre che ascoltarla, è necessario ascoltarsi.
Questo, secondo me, spiega il suo relativo poco successo, in un periodo (quello in cui è stata composta) in cui dalle opere si attendeva piuttosto il dramma coinvolgente, l’azione emozionante, la commozione per la tragicità degli eventi. Stessa sorte mi pare sia toccata all’Anacreon, che godette di un magnifico insuccesso alle sue prime rappresentazioni, e poi cadde abbastanza nell’oblio.