LA DONNA DEL LAGO, al ROF di Pesaro
C’eri anche tu? L’avessi saputo, ti avrei cercato. Io ero con Riccardo Domenichini. È per me un grande piacere passare alcune ore a discutere di musica a voce con amici che stimo. Mi sento molto “greco” quando mi rendo conto che mi piace infinitamente di più parlare, che scrivere.
Comunque i miei commenti non possono essere molto diversi da quelli che circolano. La rappresentazione in sé è stata molto eloquente.
Ecco, tutt’al più posso dire che sono più interessato ad ascoltare ciò che provo io nel corso della rappresentazione, che non ad arrischiarmi a giudicare l’operato di questo o quel cantante, fermo restando che performance eccezionali come quella della Barcellona mi entusiasmano di per sé (in casi come questi capisco e mi associo agli applausi a scena aperta). Tanto più se l’esecuzione dell’opera nel complesso mi è piaciuta parecchio.
Non conosco molte opere del Rossini serio italiano. Di queste, la Donna del Lago è quella che di gran lunga preferisco. Ha una solida drammaturgia, nonostante il libretto, di per sé, sia molto carente. La drammaturgia è tutta nell’organizzazione musicale. E direi che la rappresentazione del ROF ha saputo metterla molto bene in evidenza. Ho seguito con estrema attenzione e coinvolgimento l’opera dall’inizio alla fine. E credo che questo sia quello che fondamentalmente conta.
Se mi permetto di addentrarmi in rilievi analitici nelle varie componenti, lo faccio per cercare di capire che cosa mi ha convinto, non per esprimere giudizi, per i quali non mi sento assolutamente all’altezza.
Allora, la regia (che è un po’ il background). Ho trovato quella di Ronconi una regia molto eloquente: l’ambiente è stato ricreato molto bene, ambiente di aspre montagne come aspra è la popolazione che vi vive: i clan delle alte terre, gelosi della propria indipendenza anche nei confronti dello stesso re di Scozia, perché gelosi delle proprie tradizioni, orgogliosi della loro organizzazione (si fa per dire) sociale, e decisi a difenderla. I costumi, i movimenti delle masse, in questo senso hanno creato il giusto background. I costumi possono essere più o meno piaciuti (a me per esempio, più che non l’esibizione muscolare, non è piaciuta l’eccessiva uniformità delle “divise”, quasi si trattasse di un esercito moderno, mentre preferisco immaginarmi dei guerrieri di popolo, tribali, quindi agghindati secondo le fantasie individuali); ma questi sono particolari che non turbano il risultato generale: quello di disegnare una Scozia aspra e primitiva. E in questa Scozia pure vi sono elementi di gentilezza poetica, nel paesaggio (il lago), negli uomini (Elena), nella musica (la bellissima melodia di “O mattutini albori“). E Ronconi ha voluto mettere in risalto la dolcezza del lago “separandolo” dall’aspro e cupo paesaggio montano, a differenza di altre regie (penso a quella di Herzog) in cui il lago è altrettanto cupo, se non più ancora, del paesaggio circostante. I movimenti delle masse hanno reso bene, e soprattutto con chiarezza la concitazione, il fermento e l’orgoglio guerriero di queste popolazioni, permettendo una lettura non equivoca degli eventi “militari”, d’altra parte richiamati dalla musica di Rossini. Sull’idea finale di far sorgere la reggia dal sottosuolo, anch’io sono dell’avviso che non aggiunga nulla alla regia complessiva. D’altra parte, in Ronconi, questa non è un’idea nuova: anche nell’Aida scaligera, egli fa sorgere dal sottosuolo il tempio di Ftah, in modo del tutto simile. Solo che nell’Aida il contesto era molto diverso e, secondo me, l’idea più convincente.
La direzione. Devo dire che all’ascolto radiofonico della prima sono rimasto abbastanza negativamente impressionato dalla direzione di Gatti. Mi sembrava “moscia”, non ne sentivo il mordente. E questo mi è stato spiegato dalle parole dello stesso Gatti, nell’intervista radiofonica: secondo il maestro, la drammaturgia dell’opera è debole. Ora, se egli è convinto di questo, ciò spiega il perché di una direzione che si potrebbe definire “poco convinta”.
Lo spettacolo dal vivo mi ha fatto ricredere. Ho trovato la direzione orchestrale in buona sintonia con la regia teatrale. Non ho avvertito cesure, divaricazioni. Musica ed eventi scenici si completavano bene. E a questo penso che debba essere attribuito l’interesse e il coinvolgimento che l’esecuzione nel suo complesso mi ha donato. Alla fine Gatti ha ricevuto sonori buuu. Qualcuno li ha motivati dicendo di essere stufo di non sentire Rossini diretto come dovrebbe esserlo. Può darsi benissimo. Ma, evidentemente, io non so come dovrebbe essere diretto Rossini. Mi limito a constatare che la direzione orchestrale, in questa rappresentazione, ha contribuito a formare uno spettacolo che mi ha coinvolto dall’inizio alla fine.
Il canto. Anche qui si possono fare critiche specifiche a questo o a quel cantante,
Alcuni degli appunti fatti alla Devia (debolezza nelle note basse, ad esempio), li ho notati anch’io; in sé possono essere critiche giuste. Ma, di nuovo mi ripeto, si tratta di particolari che non hanno scalfito una performance strepitosa, sia sotto il profilo dell’interpretazione del personaggio, che sotto il profilo del canto vero e proprio (che poi alla fine devono coincidere). Quello di Elena non è un ruolo adatto a lei? Forse ci sono state soprano che hanno saputo far meglio. Ma questo mi interessa poco. Non sono un direttore artistico alla ricerca dei cast ideali. Sono uno spettatore che è stato catturato dalla rappresentazione, e a questa rappresentazione la Devia ha dato un contributo molto importante, a mio avviso, dando spessore e credibilità al personaggio di Elena. Quindi, per me, bravissima Devia.
L’altro cantante criticatissimo è stato Workman. Sono stato invero piuttosto sorpreso nelle leggere che Workman interpretasse il ruolo di Rodrigo. Io di Workman ho sentito una bellissima interpretazione dell’Anacreon di Cherubini a Venezia. E il personaggio di Anacreon è quanto può esserci di più lontano dal Rodrigo della Donna del Lago. Quindi ero curioso di vedere che cosa Workman avrebbe fatto nei panni di Rodrigo. Il timbro si è rivelato poco adatto, anzi, forse l’unico neo di tutta la rappresentazione. Ma se il timbro è criticabile, ho trovato che, comunque, anche Workman ha disegnato un personaggio credibile, con un canto-interpretazione di buon livello, forse con un certo cedimento nella seconda parte (è stato forse scoraggiato dai buuu al termine della sua aria di sortita?). I buu, secondo me non erano affatto meritati. E in realtà non ci sono stati né alla prima, né (secondo amici miei che le hanno viste) alle rappresentazioni successive. Quindi sabato è stata la prima volta che si sono manifestati. Perché? Alla Scala questo avviene di solito alla prima. Forse gli “intenditori” si sono tutti concentrati il sabato? E per essere “intenditori” è necessario buuuare?
Su Florez e sulla Barcellona non ci sono state critiche. Anzi. I commenti sono stati tutti entusiastici. E io non posso che accodarmi. Florez è una mia “vecchia” conoscenza: l’ho sentito alla Scala in occasione della Nina di Paisiello (era agli inizi della notorietà) e quest’anno nella Sonnambula. E devo dire che ho notato una certa evoluzione nel senso della “maturità”, credo, di un maggior controllo di una voce, che è molto bella.
La Barcellona, astro emergente. Interpretazione strepitosa. Dalla grinta scenica e canora (un Malcolm fatto e finito!!!), alla voce calda, morbida, sensuale, capace tuttavia di grande agilità e dotata di bellissimi acuti, con una tecnica che, da ignorante qual sono, mi è parsa inappuntabile.
Alla prima ha avuto un minuto di applausi a scena aperta dopo la cabaletta, che si sono poi ripetuti nelle recite successive. Anche sabato. E devo dire, io che non amo gli applausi a scena aperta, che questa è stata una delle poche occasioni in cui essi erano doverosi. E, udite, udite, mi sono associato!
Va beh! Sono stato un po’ lungo, ma per questo dovete incolpare il mio entusiasmo per avere ascoltato una grande, bella, coinvolgente Donna sul Lago.
Saluti a Bernardo, che mi dispiace non avere incontrato, e a tutti gli altri.