TESEO RICONOSCIUTO, opera giovanile di Spontini (CD)

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Si tratta di un’opera giovanile; la prima opera seria scritta dal compositore, all’età di 24 anni, mentre viveva ancora in Italia. È un’opera men che mediocre, che è stata eseguita per la prima volta a Firenze nel 1798, e quindi praticamente abbandonata fino ai giorni nostri. È stata ripresa da Zedda del ’95 nel teatro di Jesi, e da quella rappresentazione ne è derivata una registrazione in CD. Non sono al corrente di altre rappresentazioni, né di altre incisioni.

Il suo ascolto può essere interessante, per avere un quadro più completo della personalità di Spontini.

Il libretto è dovuto ad uno sconosciuto librettista fiorentino, Cosimo Giotti, ed è scritto in stile “metastasiano”, anche se anniluce lontano dalla perfezione del poeta romano. L’ambientazione è quella, abbastanza frequente nel Settecento, della mitologia greca. La trama presuppone un antefatto, che non è presente nel libretto vero e proprio, se non per accenni, e che il Giotti ha sentito la necessità di descrivere in una specie di prefazione.

Si sa che Medea, una volta effettuata la strage dei propri figli e abbandonato Giasone, si è recata ad Atene, dove ha sposato il re Egeo. Ad Atene Medea partorisce una bambina, Asteria, che tutti credono figlia di Egeo, ma in realtà generata da Giasone. Medea coltiva l’inganno nella speranza che la figlia possa così ereditare la corona del presunto padre. Anche Egeo, in precedenza, aveva avuto un figlio, Teseo, da un’altra donna, Etra, che tuttavia abbandonò prima che ella partorisse. A questo suo futuro figlio, Egeo lasciò in dono una spada. Il possesso di questa spada avrebbe dovuto consentire un eventuale riconoscimento.

La vicenda narrata nel libretto inizia con il salvataggio di Asteria, rapita da brigante Scirone, da parte di Teseo, in giro per il mondo alla ricerca del padre. Teseo riporta la figlia ad Egeo e Medea, la quale nel frattempo, facendo appello ai propri poteri di maga, aveva interpellato gli inferi, ed aveva saputo che la figlia Asteria era nelle mani di un uomo che avrebbe provocato la morte di Egeo e indossato la corona di re di Atene. Questo era ciò che il fato aveva stabilito. Inutile dire che Medea vede subito in Teseo un nemico da eliminare, in quanto ostacolo alla desiderata successione della figlia sul trono di Egeo. Inutile dire, anche, che Teseo e Asteria si innamorano l’uno dell’altra e che chiedono al re di celebrare le nozze.

A questo punto esplode il dramma, poiché Teseo, viene a sapere, dall’Oracolo di Delfo, di essere figlio di Egeo e quindi fratello (creduto) di Asteria. Tuttavia Teseo non può rivelare la cosa, poiché secondo il fato, dovrà essere Egeo in persona a riconoscere il figlio. Teseo è costretto a rinunciare alle nozze , provocando l’ ira e di Egeo, e la sofferenza di Asteria, che si credono traditi, ignorandone la causa.

Nel frattempo ad Atene scoppia una rivolta capeggiata da Pallante e dai suoi 50 figli, che vogliono destituire Egeo, colpevole di avere sposato una maga. Teseo, supplicato da Asteria, corre a combattere in difesa del re, e sconfigge i nemici, sollevando l’entusiasmo del popolo, che lo acclama successore di Egeo. La nuova situazione dà forza al proposito di Medea di liberarsi dello straniero. Convince Egeo della pericolosità del personaggio e del suo tradimento, ed arma la mano del marito e della figlia, invitandoli ad uccidere l’ospite. Cioè, evidentemente non avviene, pesche all’ultimo momento Asteria si rifiuta, anche se tutto lascia credere a Teseo che la fanciulla desideri la sua morte. Teseo, sofferente per la situazione venutasi a creare, decide di fare una discesa agli inferi e incontrare l’ombra della madre Etra, la quale, interrogata, lo esorta a sposare Asteria, e lo informa che la fanciulla non è sua sorella, ma figlia di Giasone.

Teseo, rinfrancato, torna a palazzo per sposare Asteria. Ma deve fare i conti ancora con Medea che, fallito il primo tentativo, ora ci riprova col veleno. Mentre Teseo alza il calice avvelenato per brindare alle future nozze, Egeo riconosce la spada dell’eroe e quindi, in lui, il figlio tanto atteso. Il calice avvelenato viene gettato a terra, e Medea fugge. Prima che le nozze abbiano luogo, fra fragori temporaleschi, Medea riappare in cielo su un carro trainato da draghi dalle fauci infuocate, e confessa che Asteria non è figlia di Egeo, bendi di Giasone. In questo modo viene eliminato l’ultimo ostacolo all’unione dei due giovani, che quindi avviene fra canti e cori di giubilo.

Il libretto è farraginoso, pieno di incongruenze, di situazioni false. Drammaturgicamente è inconsistente, in quanto i personaggi mancano di vita, agiscono e si esprimono per luoghi comuni. Teseo impersona l’eroe solare che tuttavia è continuamente percosso da avversità (la donna che ama è apparentemente sua sorella, Egeo e Asteria lo credono un traditore ed egli non può far nulla per chiarire le cose, Medea vuole la sua morte in quanto temuto concorrente alla successione al trono); egli percorre la vicenda afflitto da permanente tristezza. Asteria è la fanciulla innocente che viene abbandonata dall’uomo che ama, senza capirne il perché (e noi non capiamo perché Teseo non glielo possa dire). Medea è la cattiva di turno. Egeo è un metapersonaggio, che non ha una vera volontà sua propria, ma fa un po’ da sponda alle volontà degli altri (Medea, la figlia, Teseo, ecc.). In realtà i sentimenti, le passioni dei personaggi appaiono espresse in modo molto meccanico, scontato, non creano emozione, non rendono gli ascoltatori partecipi. Diciamo che sono solo descritti, e non vissuti.

La musica di Spontini

L’opera, preceduta da un’ouverture, è una successione di numeri  (arie e pezzi d’assieme) alternati a recitativi secchi, e in qualche rara occasione, accompagnati. Come normalmente avviene, ai recitativi è affidata l’azione, alle arie la descrizione dei sentimenti o alle riflessioni. Fin qui, nulla di nuovo. L’ouverture è costituita da un alternarsi di una linea melodica suonata dagli oboi, alternata a interventi dei tutti. Verso la fine si manifesta un tema con le caratteristiche della fanfara. Nulla di particolarmente interessante o emozionante.

La musica nella maggioranza dei numeri non decolla più di tanto. La linea melodica è per lo più fatta da progressioni ascendenti e discendenti, di scarso interesse, piuttosto banali nella loro organizzazione. Anche l’accompagnamento orchestrale non presenta particolare interesse.

Vi sono tuttavia alcune eccezioni, che vale la pena di segnalare.

Nell’introduzione il coro, che lamenta la scomparsa di Asteria e commenta il dolore di Egeo e l’ingresso di Medea nella caverna degli Inferi, sembra sorgere, abbastanza suggestivamente, da sotto terra, con un accompagnamento di legni su una frase melodica ostinatamente ripetuta. Il duetto d’amore Asteria-Teseo, nel primo atto, “Nume che il sen m’accendi” è condotto con dolcezza su un accompagnamento di archi. La melodia parte con molto slancio, ma il suo sviluppo tuttavia non mantiene le promesse, cadendo nelle solite progressioni. L’aria di Medea, sempre nel primo atto, in cui la maga espone il suo desiderio di vendetta contro Teseo, “Qual serpe, che giace“, ha un andamento serpeggiante che sembra ben descrivere le movenze del rettile.

La “grande” scena di Asteria, sempre nel primo atto (aria con coro “Perdo l’amato oggetto” preceduta da un recitativo accompagnato), secondo me è una delle cose migliori dell’opera. Asteria cerca di convincere, inutilmente Teseo a rivelargli il motivo del suo supposto tradimento, ed è portata a pensare che in realtà Teseo non la ami. Già gli accordi orchestrali che accompagnano il recitativo riescono a creare un’atmosfera di sofferenza che, molto alla lontana, fa pensare alla Vestale. L’aria successiva all’inizio ha un andamento melodico triste, molto espressivo, che poi viene interrotto e inframezzato dal coro dei pallantidi che mettono in atto la ribellione. Asteria supplica Teseo di contrastarli e poi riprende l’aria, questa volta in un ritmo sostenuto quasi da cabaletta, con virtuosismi vocali di grandissimo impegno, che ricordano i virtuosismi delle arie della Regina delle notte (ovviamente, tuttavia, mancanti del fascino di queste ultime).

Apprezzabile è anche il terzetto del secondo atto, fra Asteria, Egeo e Medea. I due genitori vogliono convincere la figlia del tradimento di Teseo, invitandola ad ucciderlo. Qui c’è un bel gioco di contrapposizione delle voci: da una parte quelle di Medea ed Egeo, dall’altra quella di Asteria, in contrapposizione, arricchita anche qui da virtuosismi, sia pure di grado meno spinto che quelli dell’aria. Alle voci dei tre fa contrappunto l’oboe, col suo suono lamentoso.

Ultima cosa che vale la pena di citare è la musica che accompagna la discesa di Teseo agli inferi. Scene di questo genere se ne trovano moltissime, e anche molto più belle. Penso alla discesa di Marte agli inferi alla ricerca di Amore che si trova nella Purpura della rosa di Torrejon y Velasco. Comunque anche in questa occasione, l’accompagnamento cupo degli archi bassi, il contrasto fra il canto appassionato di Teseo e le risposte algide del coro degli dei infernali, qualche suggestione la può creare.

Questi in sintesi i punti in cui l’opera sembra sollevarsi un attimo dalla banalità e dare una qualche emozione.

Sull’esecuzione non posso dire nulla, mancando un qualsiasi punto di riferimento. Posso solo dire che Zedda non riesce a far brillare un’opera che, tutto sommato proprio brillante non può dirsi. Come nota ancora più negativa, occorre segnalare l’interprete di Medea (Paoletta Marrocu), che ha un timbro molto brutto e i cui acuti sono più paragonabili a strilli che a vero e proprio canto. Di discreto livello mi è sembrata invece l’interprete di Asteria (Sonia Visentin), che ha saputo affrontare l’aria di coloratura con grande disinvoltura e con buona esecuzione. Teseo (Diego D’Auria) e Egeo (Carlo Allemano), entrambi tenori, fanno il loro mestiere.

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