IL RITORNO DI ULISSE, ad Aix-en-Provence (diretta radiofonica)
Sembrerebbe che Ulisse sia tornato proprio ad Aix-en-Provence invece che ad Itaca. E l’idea di poter ascoltare questa splendida opera almeno in una diretta radiofonica, poteva rendermi speranzoso almeno quanto Telemaco.
Invece…
Nel 1999 quel festival estivo aveva offerto un’Incoronazione di Poppea straordinaria, sotto la direzione di Minkowski. Delle esecuzioni di cui dispongo è, se non la migliore, almeno quella cui sono più affezionato, per l’asciuttezza, l’essenzialità, la chiarezza che ne fanno un piccolo gioiello interpretativo.
Ovvio quindi che le mie attese fossero giustificate.
Questa volta sul podio non c’era Minkowski ma William Christie. E il discorso è totalmente cambiato.
Qui molto spazio è stato lasciato all’aspetto recitativo: molta (secondo me troppa) espressività alle voci, sia nei lamenti sia nelle parti comiche, che finiscono per scivolare nella farsa. Risate, versi di ogni genere, oltre a rumori di scena e fuori scena (ad un certo punto si è sentito anche il latrato di una cane) hanno movimentato, secondo me un po’ troppo l’esecuzione.
Le voci: anche se volessimo trascurare la pessima pronuncia italiana di alcuni di loro (ad esempio Telemaco, alias Cyril Auvity, ma anche di altri, come Melanto, ecc.), quello che secondo me ha lascito molto a desiderare, è stato il timbro vocale degli interpreti di Penelope (Mirijana Mijanovic), di Nettuno (Paul-Henry Vila), di Antinoo (Bertrand Bontoux), di Iro (Rbert Burt) che hanno voluto dare un eccesso di espressività con effetti che a volte mi sono apparsi grotteschi. Ulisse (Kresmir Spicer), a mio avviso, è stato decisamente meglio (il migliore). Gli altri dell’affollato cast, senza particolari meriti, rispondevano comunque tutti alla logica generale di una espressività particolarmente esaltata.
C’è da fare un pensiero sull’espressione monteverdiana del “recitar cantando”. Se l’espressione va intesa nel senso che il canto sia di per sé la recita, e non richieda altro che un corretto fraseggio per offrire la migliore espressione, allora bisogna dire che in questa esecuzione siamo alquanto lontani. Qui la recitazione è affidata in gran parte all’intonazione della voce durante il canto: si potrebbe parlare di un “cantar recitando”, cioè la recitazione sembra essere un elemento di modulazione della pronuncia delle parole e quindi del canto, e non l’espressione del canto stesso.
In sostanza, questa esecuzione, se rapportata alle aspettative che mi aveva suscitato l’Incoronazione di Poppea del 1999, mi ha francamente deluso.
Peccato, perché l’opera è molto bella, e Monteverdi ha un fascino che comunque riesce sempre ad emergere.