FIDELIO, agli Arcimboldi
lunedì 31 marzo 2003
L’attacco di Muti dell’Ouverture mi ha proiettato ai tempi della mia giovinezza, quando i primi 33 giri da me acquistati delle sinfonie di Beethoven dirette da Toscanini, mi avevano fatto prendere una vera e propria cotta per il compositore. È stata una sensazione indicibile nelle quale si sovrapponevano, riportati in vita e se possibile amplificati, i sentimenti di estasi, di passione che provavo allora, e il senso di nostalgia che si accompagna inevitabilmente ai più bei ricordi della nostra vita passata. Ho trascorso tutta l’ouverture in questo stato d’animo, e alla fine ho sentito un invincibile impulso di correre ad abbracciare Muti, gli orchestrali, e magari anche il pubblico seduto vicino a me, tanta era la mia gioia, tanto forte era il senso di liberazione che prende alla fine di un brano che assorbe tutta la nostra attenzione e, assieme a lei, le nostre energie. Grande Beethoven in questa ouverture, in cui ci parla con veemenza, forza di convinzione delle sue idee, del suo fuoco interiore, e che sa trasmetterlo, incendiarlo anche dentro di noi. Ouverture breve, non eloquente, ma categorica, convincente più per la sua forza che per la sua complessità. E grande Muti che questo fuoco ha trasmesso lucente, chiaro, intenso. E grande un’orchestra che ha suonato compatta, con grande convinzione, quei timpani, così pieni di mistero, e quei corni così luminosi. Il timbro del corno ha su di me un fascino speciale, ma per ottenere questo effetto il suo timbro deve essere limpido, pulito, senza la minima sbavatura, che rovinerebbe tutto: e i corni dell’orchestra della Scala, in questa ouverture, e più avanti nella grande aria di Leonora, hanno fatto il miracolo. (altro…)