WEST SIDE STORY, al teatro degli Arcimboldi

When love comes so strong, there is no right or wrong, your love is your life!”. Questa frase così densa, così dolorosa cantata da Maria e da Anita in West Side Story mi sembra che racchiuda un po’ tutto il sentimento, la passione di questo bellissimo musical.

Confesso di non avere mai visto un musical a teatro, e quindi mi sono recato agli Arcimboldi con grande curiosità.

Sono rimasto affascinato a da una musica molto bella: a volte dolce e melodica come in “Who knows”, in “Maria”, in “Tonight”, in “Someday, somehow, somewhere”, o allegra come in “I feel pretty”, o scatenata come in “America”, o nel mambo nella palestra o nel prologo, o irridente come della scena del falso processo.

Ma ad affascinarmi è stata anche la coreografia, la scenografia, l’uso delle luci. Una coreografia piena di movimento, con un linguaggio dei corpi, se possibile, ancora più esplicito di quello della musica e delle parole; una scenografia scarna, direi scheletrica, con quei grandi simulacri di facciate di case dei quartieri degradati di New York, con i balconi, le scale antincendio, che coprono per tre lati il palcoscenico, e che possono essere spostate per creare gli spazi, ad esempio della palestra dove si balla, o della cantina di Doc, o della casa delle portoricane, o del negozio di abiti dove Tony e Maria si sposano, o ancora lo spazio sotto l’autostrada dove avviene la rissa, etc.

A dare forze e significato alla scenografia, le luci: intense abbaglianti sui gruppi di attori che in quel momento svolgono un’azione. Mentre lo sfondo, tutto l’ambiente circostante si ammanta di un nero plumbeo, il mondo esterno ostile, “quello che abbiamo trovato” dice Action a Doc.

Insomma, devo ammettere che lo spettacolo mi ha affascinato e che l’esecuzione è stata tale da rendere lo spettacolo veramente affascinante. Un orchestra al massimo diretta da Donald Wing Chan), ballerini scatenati, e i due cantanti principali Maria (il soprano Ekaterina Solovyeva) e Tony (il tenore Juan Betancur) bravissimi, emozionanti, come nella scena del balcone (con richiamo molto simpatico Shakespeare), lirici come nella scena del matrimonio, dolorosi come in tutto il duetto che segue le morti di Riff e Nardo.

Un plauso speciale ad Anita (Solange Sandy) che unisce straordinarie doti di ballerina a ottime doti di cantante, ben messe in evidenza, ad esempio, nella scena con Maria, subito dopo la rivelazione della morte del fratello.

Insomma, uno spettacolo che ha attirato la mia attenzione dall’inizio alla fine, lasciando anche me, come gli “adulti” nell’ultima scena, sbigottito, e consapevole di non essere in grado di oltrepassare quella arcigna barriera che separa i giovani dagli anziani.

 

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