TEATRO, di Harold Pinter

 

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Il compleanno (The Birthday Party, 1959)

Petey e Meg sono proprietari di una pensioncina su una spiaggia in riva al mare. Presso di loro vive da un anno come pensionante un giovane di trent’anni, Stanley, un personaggio strano, che, forse per qualche episodio del passato, fa una vita ritirata e sembra che voglia evitare il contatto con la gente. Meg gli è affezionata e mostra verso di lui un amore che potrebbe essere materno, ma con sfumature di ambiguità femminile.

Alla pensione si presentano due personaggi: Goldberg e McCann, che chiedono di essere ospitati per una notte. I due sembrano essere emissari di un’organizzazione che ha dei conti da regolare con Stanley: potrebbero essere funzionari dei servizi segreti, o membri di una organizzazione criminosa, o di una setta, non si sa. Si sa solo che Stanley, pur non conoscendoli, quando li vede si insospettisce e cerca di evitarli.

Prendendo a pretesto l’occasione di festeggiare il compleanno di Stanley, i due conducono nei suoi riguardi una pressione graduale, impedendogli dapprima di allontanarsi dalla casa, poi costringendolo a sedere nel soggiorno, e alla fine sottoponendolo ad un serrato interrogatorio, che, tuttavia, ha ben poco a che fare con fatti realmente (o presumibilmente) accaduti. Esso ha solo lo scopo di esercitare su di lui una violenza psicologica alla quale il giovane non riesce a sottrarsi.

La festa si conclude con il gioco della mosca cieca. Alla fine, nella confusione generale, mentre la luce viene a mancare, Stanley, in preda ad una crisi di nervi, viene accompagnato nella sua stanza da Goldberg e McCann.

Il giorno successivo i due figuri, schermendosi dalle premure di Meg e Petey che si preoccupano della salute di Stanley, con la scusa di portarlo da un medico specialista, caricano il giovane, in stato di completa abulia, sulla loro automobile e partono.

 

La stanza (The Room, 1959)

Rose e Bert, due coniugi di una certa età, vivono in affitto nella stanza di una casa in una periferia urbana. 

E’ inverno. Il tempo è gelido e inclemente. Bert deve uscire con il suo furgone. Rose gli prepara la colazione, si preoccupa per lui, e l’aspetterà al ritorno con una cioccolata calda. L’atmosfera è familiare, tranquilla. Rose vanta la confortevolezza della stanza, mentre immagina che nello scantinato l’umidità trasudi dai muri, rendendo difficile la vita a chi eventualmente vi abitasse.

Un certo movimento alla scena viene portato dall’ingresso di Kid, un anziano signore proprietario della casa. Dopo l’uscita dei due uomini, entra una coppia di giovani sposi in cerca di un locale da affittare. Essi provengono dallo scantinato, dove sono stati informati da una misteriosa voce proveniente dall’oscurità, che al piano di sopra vi era una stanza libera, proprio quella così confortevole di Rose e di Bert.

Rose si indigna, e, uscita la coppia, vuole chiedere conto a Kid delle affermazioni dei due sposi. Questi, a sua volta, molto agitato, entra nella stanza e prega la signora di ricevere la visita della persona che vive nello scantinato, la quale ha pesantemente insistito di poterla vedere. Rose, vinta l’iniziale riluttanza, acconsente. La persona è un negro cieco, Riley, inviato dal padre di Rose che vuole che la figlia vada da lui. Rose è sbigottita. Il quel momento rientra Bert, che si manifesta come uomo violento. Alla guida del suo furgone non ha esitato a investire che gli sbarrava la strada. Bert vede il negro e senza neanche ascoltarlo lo getta a terra e lo piglia a calci. Rose terrorizzata perde la vista.

 

Il calapranzi (The Dumbwaiter, 1960)

Ben e Gus sono in una stanza in attesa che vengano impartite loro istruzioni per un lavoro che devono fare. Parlano del più e del meno, di fatti di cronaca sul giornale, di uno sciacquone che non funziona, di fare il tè in una cucina che tuttavia non ha il gas per scaldare l’acqua, etc. Nel corso della conversazione ci si rende conto che i due sono sicari e che Ben è il capo. Il loro lavoro consiste nell’uccisione di una persona che non conoscono.

Mentre attendono le istruzioni scoprono che dietro una parete scorre un calapranzi e da cui arrivano strane richieste di menu, come se si trattasse di un ristorante che invii ordinazioni alla cucina e ne aspetti l’evasione. I due, perplessi, interpretano queste comunicazioni come parte del messaggio di istruzioni per il lavoro che devono compiere, e mandano di sopra tutto quello che hanno, cioè qualche biscotto, tè e poco altro. I due restano sempre più perplessi dallo svolgimento dei fatti, il cui senso non riescono a capire. Alla fine mentre Ben riesce a comunicare coi piani superiori e finalmente ricevere da un interfono le attese istruzioni, Gus, che è uscito un attimo dalla stanza per normali bisogni fisiologici, rientra palesemente vittima di un aggressione.

 

La serra (The Hothouse, 1980)

La serra è un’istituzione apparentemente sanitaria: a dirigerla infatti è uno staff medico. In realtà vi sono rinchiuse migliaia di persone, la cui identificazione viene fatta, anziché tramite il nome, mediante un numero: potrebbe essere una struttura repressiva sul modello del manicomio; ma in questo caso sembra ospitare in realtà persone sane di mente, per esempio avversari politici. I cosiddetti ospiti di fatto occupano celle che vengono chiuse dall’esterno, mentre l’area occupata dall’istituzione, è inaccessibile al pubblico e chiusa a chiave dall’interno.

Il compito di guardiano è svolto da un giovane medico, Lamb, da poco assunto, che confessa a una specie di segretaria, Cutts, le sue ambizioni.

Il direttore dell’istituzione, Roote, è un uomo autoritario, che tratta con disprezzo i medici dipendenti, e, peggio ancora gli ospiti, al di là della solita retorica dirigenziale.  Questi ultimi per lui sono proprio numeri piuttosto che persone, non li conosce e quando gli viene annunciato che uno di loro è morto, fa confusione, non riesce a identificarlo, etc.

L’ambiente medico è losco, ambiguo e vi si respira un’atmosfera di intrigo. Il più pericoloso è Gibbs, persona fredda, calcolatrice, viscida, priva di veri sentimenti umani.

La rottura avviene con la notizia, riferita da Gibbs a Roote, che un’ospite, la n° 6459, ha partorito un bambino. La cosa è sconvolgente. La madre non può riconoscere il padre poiché ha avuto numerosi e ripetuti rapporti con tutti i medici. In realtà ciò non è scandaloso, anzi, dice Roote, “non sono contrario al fatto che il personale medico maschile intinga il biscotto di tanto in tanto”. Anzi, può essere giudicato un atto terapeutico. “Ma mai cavalcare senza sella. Prendere sempre le dovute precauzioni”.

La nascita del bambino, tuttavia, è una vera e propria rottura dell’ordine, il principio base al quale si ispira l’azione della direzione. Occorre ristabilire l’ordine trovando il padre.

In questo clima di sospetti si sviluppa un complesso piano cospirativo, al quale partecipa Cutts, segretaria, amante del direttore, ma anche amante e complice di Gibbs, e lo stesso Gibbs. I due sfruttando le ambizioni di Lamb, lo sottopongono ad un trattamento elettrico che gli induce uno stato di catatonia, e lo accusano ufficialmente di essere il padre del nuovo nato.

Alla vigilia di Natale il direttore deve pronunciare un discorso augurale per i dipendenti e per gli ospiti. Vi sono attimi di tensione in cui sembra che vi sia una congiura per uccidere il direttore, ma poi tutto sembra quietarsi. In realtà scoppia una violenta rivolta dal parte degli ospiti che escono dalle loro celle e uccidono tutto il personale medico, ad eccezione di Gibbs. Questi riferisce i fatti al ministero, compreso il particolare che l’ex-direttore Roote col suo comportamento tirannico, violentando l’ospite 6459, e uccidendo un altro ospite, sarebbe stata la causa della rivolta e della strage; mentre la responsabilità dell’evasione non può essere che di Lamb, l’incaricato delle chiusura delle celle, ora ridotto, come si sa, allo stato di catatonia. Gibbs sarà ringraziato dal governo e promosso a dirigere la struttura.

 

Il custode (The Caretaker, 1960)

Aston e Mick sono due fratelli. Aston vive in una stanza arredata in modo molto confuso e disordinato, con oggetti i più svariati, e i più variamente ammucchiati. La stanza ha una finestra chiusa con un cartone nella metà inferiore. Oltre al letto di Aston ve ne è un altro.

Aston rientra in casa accompagnato da un vecchio, Davies, che ha salvato da un’aggressione.

La conversazione fra i due dapprima abbastanza logica (viene spigata la vicenda dell’aggressione subita dal vecchio), ma gradualmente rivela una sempre più completa incomunicabilità fra i due.

Davies è anziano: un personaggio ambiguo, che ha fatto il barbone, che ha svolto qualche lavoretto in modo precario qua e là, che dice di avere dei documenti ma non è chiaro perchè non li abbia con sé né in realtà dove siano. Afferma di essere conosciuto con un altro nome, di essere ricercato non si sa il perché. Ringrazia Aston per l’ospitalità, ma si fa sempre più esigente: pretende qualche soldo, un paio di scarpe, un orologio, non è contento del letto che gli viene offerto e pretende che Aston gli ceda il suo, etc. Tutto questo lo chiede in tono non aggressivo, ma quasi come un suo diritto. Dimostra inoltre una ostinata insofferenza verso la gente di colore, e teme che nella casa vi abiti qualcuno di loro, considerando ciò quasi un’offesa verso se stesso.

Aston manifesta alcune stranezze di comportamento. Si lamenta con Davies perché durante la notte fa rumori strani (probabilmente russa) e non lo lascia dormire; è ossessionato dalle prese elettriche che continua ad aggiustare con un cacciavite; si dichiara abile nei piccoli lavori manuali e di falegnameria; ha in programma di costruire davanti alla stanza un casotto di legno che tuttavia non ha mai incominciato; ogni tanto esce per rientrare subito dopo. Dal suo racconto, in realtà si viene a sapere che in passato è stato ricoverato in un manicomio ed è stato sottoposta ad un intervento sul cervello (lobotomia frontale? elettroshock?).

Mick fa sporadiche visite al fratello. Al primo incontro fra Mick e Davies c’è diffidenza. Poi sembra nascere un reciproco rispetto. Mick offre a Davies il compito di custode del palazzo. Davies si lamenta con Mick del comportamento di Aston (la sua scarsa propensione al dialogo, a cedere ai desideri di Davies), e della sua crescente ostilità. È giunto fino ad imporgli di lasciare la stanza.

Mick sembra capire le ragioni di Davies, ma quando si rende conto che Davies considera il fratello matto, non prende più le sue difese, e lascia che Aston lo cacci.

L’amante (The lover, 1963)

Sarah e Richard sono marito e moglie. Sarah al pomeriggio, con il consenso del marito riceve l’amante. Il marito passa la giornata nella City a lavorare nel suo ufficio, e rientra a casa alle sei di sera.

Ma non è proprio così. Sarah sospetta, e il marito conferma, che anche egli abbia un’amante, e che in realtà passi le giornate da lei, anziché a lavorare.

I due coniugi si scambiano le loro impressioni, parlano dei loro amanti. Sarah parla con entusiasmo del suo. Richard invece non dà alcuna importanza alla sua relazione. La sua amante è solo una puttana che gli garantisce una normale eccitazione sessuale.

In realtà si scopre che l’amante che ogni pomeriggio viene a trovare Sarah non altro che Richard, travestito da Max. In realtà marito e moglie giocano a fare gli amanti. Questo li eccita sessualmente e li stimola a fare giochi erotici.

Il gioco va avanti da molto tempo, ma la cosa sembra essere giunta ad esaurimento. Richard dice di voler interrompere perché desidera essere fedele alla moglie. Lo vuole come Max, ma anche come Richard. Ma in realtà questo desiderio, più che ad interrompere la relazione, sembra finalizzato creare nuove situazioni di ambiguità e stimolazione erotica. Gli amanti, di lei e di lui, si moltiplicano come in un gioco di specchi, e alla fine tutto sembra riprodursi in un gioco sempre ripetuto nel quale l’amore come tale, ossessivamente dichiarato fra moglie e marito, in realtà non riesce a sopravvivere senza la finzione del gioco e la stimolazione erotica della immaginaria infedeltà.

 

Il ritorno a casa (The Homecoming, 1965)

Max, i suoi figli Lenny e Joey, e il fratello Sam vivono in una casa nella zona nord di Londra. I loro rapporti sono rudi e diretti, come conviene in  una casa dove gli abitanti sono solo maschi. Max è vecchio e non lavora, ma esercita una specie di tirannia sul resto della famiglia. Sam è un po’ più giovane di Max e fa il tassista; sembra essere un po’ corto di cervello, e probabilmente anche frocio. Lenny è un tipo viscido; non è chiaro che lavoro faccia, sembra che abbia a che fare col mondo della prostituzione. Joey è il più giovane, piuttosto ingenuo, orgoglioso delle proprie imprese sessuali; mira a fare il pugile e si allena in palestra.

Una sera alla casa si presentano Teddy, il figlio maggiore di Max e sua moglie Ruth, che la famiglia ancora non conosce. Entrambi, subito dopo il matrimonio sono partiti per l’America dove Teddy fa il professore di filosofia. Hanno tre figli. In occasione di un loro viaggio in Europa (sono appena stati a Venezia) decidono di fare una sosta a Londra per salutare vecchio padre e fratelli.

L’arrivo dei due avviene di notte, mentre tutti dormono. Teddy vorrebbe fare una sorpresa facendosi trovare con la moglie il mattino dopo, e va a dormire nella sua vecchia stanza, ancora libera dalla sua partenza.

Ruth invece non ha sonno e vuole restare ancora un po’ alzata. Così incontra Lenny. Si sviluppa immediatamente un’atmosfera di intenso erotismo. Lenny accarezza una mano a Ruth che lascia fare. Il dialogo che segue è all’insegna dell’ambiguità. I due scherzano, ma si capisce che da parte di entrambi c’è desiderio.

L’atmosfera erotica si svilupperà ulteriormente il giorno successivo. Al mattino Teddy e Ruth incontrano il resto della famiglia. All’inizio c’è solo meraviglia generale, il piacere del ritrovarsi, la richiesta di notizie, dei bambini, etc: normale rientro in famiglia di un figlio rimasto a lungo lontano e felicemente sposato. 

Ma Ruth è sovraeccitata dalla presenza di tanti uomini, e pronuncia, nel corso della conversazione, con finta innocenza, frasi fortemente allusive. L’atmosfera erotica si riaccende prontamente. Teddy capisce la situazione e decide per il ritorno in America. Ma Ruth sembra sempre più coinvolta dal clima fortemente maschile della casa. Con le valige già pronte, Ruth concede un ultimo ballo a Lenny che diventa immediatamente occasione per un approccio sessuale, al quale si unisce anche Joey. Teddy, non è in grado di opporsi, e lascia che le cose si sviluppino, finché i giovani si portano Ruth in camera da letto.

Teddy tornerà da solo in America, e Ruth resterà a condividere la casa con gli altri uomini. La conclusione è sorprendente. Gli uomini vogliono imporre a Ruth di fare la prostituta per contribuire al proprio mantenimento e nel contempo servirli. Ruth accetterà, ma il contratto che farà loro sottoscrivere è tale per cui chi, con amara sorpresa di tutti, chi ne trarrà il vantaggio maggiore sarà proprio la donna.

 

Vecchi tempi (Old Times, 1971)

Deeley e Kate sono una coppia di sposi sulla quarantina che vivono in una fattoria. Sembra che aspettino un’ospite. Si tratta di una vecchia amica di Kate, Anna, che attualmente vive in Sicilia col marito. 

Nella rappresentazione teatrale Anna è presente sulla scena fin dall’inizio, non illuminata, in modo che la sua presenza nelle scene successive abbia il sapore della apparizione di un fantasma già presente nelle menti dei due sposi.

I tre rievocano tempi passati. Anne e Kate vivevano in uno stesso appartamento, frequentavano locali, andavano a vedere mostre, etc. Nel loro passato compare Deeley. Ma i rapporti fra i tre sono ambigui. Deeley ha incontrato per la prima volta Kate in un cinema; proiettavano Il fuggiasco con Robert Newton, e da quel momento si sono innamorati e uniti.

Ma questo intreccio del passato si imbroglia con un altri intrecci, sempre del passato. Nella rievocazione, rapporti saturi di sensualità, feste, amicizie, locali di lusso, rivivono in una specie di carosello a tre, dove le due donne si scambiano la biancheria intima, dove il bagno diventa una fonte di piacere corporeo se non addirittura sensuale, dove le canzoni cantate assieme riportano in vita sentimenti antichi, dove gli incontri al cinema, le serate alle feste si intrecciano cambiando gli attori.

Insomma i vecchi tempi si illuminano di prospettive differenti, a seconda dei ricordi che affiorano, come affiorano.

Ma Anna è realmente presente, o solo una fantasia? L’ultimo monologo di Kate lascia tutto in sospeso: in realtà Anna è morta. Non è presente, è solo un ricordo che si insinua nella conversazione fra i due sposi, riportando alla memoria i vecchi tempi.

 

Terra di nessuno (No Man’s Land, 1975)

L’argomento e lo sviluppo di questo lavoro teatrale è difficile. E difficile è farne un riassunto. I dialoghi, gli eventi di cui si parla sono come una crosta semitrasparente al di sopra della sostanza.

La sostanza è la terra di nessuno, quella terra dove ogni ordine e legge viene a mancare, dove chi comanda è colui che è lì, e vuole comandare e se ne procura i mezzi. Nel lavoro teatrale terra di nessuno è lo stato d’animo di Hirst, che nel passato è stato un grande letterato e un grande intellettuale, e che ora è attratto solo dall’alcol sotto i cui vapori tutto il suo passato è velato, il suo presente è inconsistente e la personalità degradata.

Gli interlocutori di Hirst sono Spooner, un vecchio poeta fallito che egli incontra in un bar e che porta a casa sua per un ultimo bicchiere; e poi due suoi servi, Foster e Briggs, che di fatto lo controllano e lo costringono alla loro volontà.

Il colloquio di Hirst con Spooner occupa tutta la prima parte del primo atto. E’ un colloquio di fatto privo di un vero contenuto. Parla soprattutto Spooner che fa una specie di elogio di se stesso, del propio passato di intellettuale, del proprio possesso della forza, ciò che è necessario per mantenere il fervore creativo, e cerca con questo autoincensamento infondere un po’ di vita in Hirst che ascolta, annuisce, ma soprattutto beve, in questo aiutato da Spooner. A un certo momento Hirst cede all’influsso dell’alcol, cade a terra e esce a carponi.

Entrano i due servi, che riconoscono in Spooner lo sguattero di un bar. Non nascondono il loro disprezzo. Hirst ritorna, con la mente molto confusa, non riconosce Spooner, non è, come affermano i due servi, un suo amico, continua a bere, mentre i discorsi fra i quattro vagano al di fuori di qualsiasi logico sviluppo.

Nel secondo atto, il mattino sorprende Spooner ancora nella stanza dove è stato rinchiuso a chiave dai servi. Entra Briggs che gli porta la colazione con lo champagne. Hirst entra a sua volta, e crede di vedere in Spooner un amico di vecchia data, Charles. Sembra dimostrare gioia nel rivederlo, ma subito dopo, mostrando affabilità racconta al supposto Charles come in gioventù egli abbia scopato sua moglie, che per oltre un anno è stata la sua amante.

Spooner reagisce parlando di altre donne che apparentemente sembrano avere avuto un ruolo nella vita di Hirst, e suscita la sua violenta reazione.

Spooner alla fine si piega davanti alla prepotenza del vecchio scrittore, e con grande umiltà offre i suoi servigi, magari come segretario. Ma Hirst è nuovamente immerso nelle nebbia di un presente senza linee definite: appunto una terra di nessuno.

 

La lettura di Pinter alla consegna del Nobel, 2005 

 

2 Commenti a “TEATRO, di Harold Pinter”

  1. sal scrive:

    Meravigliosi. Ho scoperto Pinter da poco, quasi supera Beckett per certi aspetti. Grazie per queste belle sintesi :-)

  2. Rudy scrive:

    Prego. Mi fa piacere che ti siano piaciute.

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