Archivio di novembre 2005

IL PÉLLEAS ET MÉLISANDE, alla Scala

martedì 15 novembre 2005

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Il Pelléas è un’opera sulla quale vi sono pareri molto discordi. C’è chi la ama moltissimo, come me; c’è chi la trova noiosa, come diverse persone che conosco. In verità io credo che sarebbe sbagliato aspettarsi emozione dalla musica del Pelleas. Quello che potrei dire è che questa musica, più che essere emozionante, è affascinante, proprio nel senso francese di “charme”. Le armonie continuamente cangianti, i colori orchestrali sempre inattesi, il declamato che galleggia sul suono orchestrale e lo collega agli eventi scenici, alle riflessioni dei protagonisti, sono offerti con una tale raffinatezza espressiva, che, se si deve per forza fare un paragone, lo farei con i paesaggi di Monet.

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L’ESTRO QUOTIDIANO, di Raffaele La Capria

mercoledì 9 novembre 2005

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La Capria ripensa, all’età di ottant’anni, ad alcuni episodi della sua vita recente e meno recente. E farlo a ottant’anni non significa solo ricordare, ma significa farlo con la consapevolezza che il tempo scorre; che il punto di vista con il quale si guardano le cose cambia, a volte in modo doloroso; tante cose arrivano a ricordarci che il lungo percorso della vita scandisce le sue ultime battute. La folla degli amici con i quali si condividono ricordi di giorni felici, si va gradualmente diradando; la morte diventa più che una possibilità, una realtà. “Io non ci penso direttamente, dice La Capria, però la morte è come un arrière pensée che sta sempre sullo sfondo.” Leggere pagine come queste mi ha fatto immedesimare molto: il procedere nell’età evidentemente ci porta tutti quanti a condividere quel senso di “fine” delle cose che fa capolino in ogni momento. La gioia di guardare una bella ragazza, per esempio, è raffreddata dalla consapevolezza che lei non solo non ti guarda, ma proprio non ti vede, non esisti proprio.

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IL MONDO CONOSCIUTO, di Edward P. Jones

domenica 6 novembre 2005

 

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Il libro è ambientato nella Virginia prima della guerra di secessione. È in vigore lo schiavismo, in quello stato e negli altri stati del sud. L’ambiente è quello di una piccola contea (immaginaria) ad economia sostanzialmente agricola. La società è rigidamente stratificata: al vertice vi sono i ricchi proprietari terrieri bianchi, alla base gli schiavi negri ai quali è deputato il lavoro dei campi. Nelle fasce intermedie vi sono bianchi meno fortunati dediti a diverse attività (commercianti, artigiani, vigilanti alle dipendenze dello sceriffo, nullafacenti etc.), ma anche negri che hanno ottenuto la libertà, riscattati in qualche modo da se stessi o qualcun’altro. Anche alcuni di questi ultimi, diventati in un modo o nell’altro proprietari terrieri, possiedono degli schiavi.

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FATA MORGANA, di Giovanni Celati

domenica 6 novembre 2005

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Il libro è un viaggio in una terra immaginaria, fra un popolo immaginario: i Gamuna. Si tratta di un popolo che in un passato, non si sa quanto tempo fa, ha occupato in una lontana zona della Terra una città, assediata dal deserto e da impervie catene montuose. La città, ora chiamata Gamuna Valley, un tempo era abitata da una popolazione che, per ragioni ignote, e repentinamente ha dovuto abbandonarla in massa; un abbandono istantaneo, che ha lasciato tutto così com’era in nell’istante della partenza: palazzi, case, strade, negozi, mezzi di trasporto, appartamenti, vestiti, tutto insomma.

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