Destra e sinistra
Ieri sera, in una trasmissione di La7, si discuteva su quali fossero i significati dei termini “destra” e “sinistra”. C’erano Sartori, Panatta e altri. Ma chi ci fosse ha un’importanza relativa. Quello che mi interessa è che si capiva dagli interventi la difficoltà, in quest’epoca di globalizzazione, di rivestire di contenuti questi due termini: di contenuti pratici, ma ancor più di contenuti ideologici.
C’è stato chi, per esempio, ha definito le due categorie, destra e sinistra come rispondenti ai due poli che hanno dominato la storia recente. La sinistra faceva riferimento all’URSS e si esprimeva nel Comunismo, la destra agli USA e si esprimeva nella democrazia liberale e nelle leggi del mercato e più a monte ancora alle dittature di matrice fascista.
Con questo il discorso sembrerebbe chiuso. Destra e sinistra come categorie politiche non esistono. Possono al massimo permanere come immagini psicologiche.
Qualcuno, per analogia ha riproposto una dicotomia “Mondo occidentale” “Mondo islamico” che sostituirebbe quella USA/URSS. Ma questa dicotomia, evidentemente non rispecchia quella destra/sinistra.
Ma è proprio così? Destra e sinistra erano categorie che sono nate ben prima del bipolarismo URSS-USA e del Comunismo come istanza politica. Se vi erano prima, perché non si può dire che continuino ad esistere anche dopo, anche se il Comunismo di fatto, come inteso negli ultimi 80-90 anni, non esiste più. E non esiste più neppure il socialismo, o la socialdemocrazia, come tramandataci dalla storia recente.
Allora? Si deve abdicare da questa nomenclatura che sembrerebbe essere obsoleta? Risposta difficile. Credo che all’interno dell’animo umano vi sia qualche cosa che si ribella. Se mi chiedessero se sono di destra o di sinistra, non ho esitazioni a rispondere: sono di sinistra. Anche se le motivazioni del mio essere di sinistra (intendo le mie motivazioni politiche) non ci sono più; anche se faccio fatica ad orientarmi nelle scelte possibili che caratterizzano i partiti che, a parole, si richiamano alla sinistra, distinguendole da quelle della destra. Sono di sinistra perché mi sento ancora di essere contro l’ipocrisia, contro l’ingiustizia, contro la soddisfazione come obiettivo centrale di vita, contro la corruzione, contro tutto ciò che ci porta a fare della nostra vita l’unico interesse possibile, quindi contro la mancanza di solidarietà, contro la discriminazione del diverso, contro l’esaltazione della sub-cultura, contro la negazione della necessità della riflessione, contro l’assenza del dubbio, contro l’assolutismo, la certezza.
Ma tutto questo come può esprimersi in un progetto politico? Anche a questa domanda la risposta è estremamente difficile.
Ma forse qualche filo conduttore si può trovare
Un articolo di Giavazzi, un fondo del Corriere, dà alcune risposte che secondo me possono aiutarci a percorrere la strada giusta.
Lo riporto integralmente