Domani a Vicenza ci sarà la manifestazione contro l’ampliamento della base americana
Si prevede un affluenza di oltre 50.000 persone, in gran parte vicentini, ma molti provenienti da altre città.
Io credo che l’insofferenza per l’invadenza americana nella nostra politica e nel nostro paese sia molto diffusa. Più di quanto non si creda. E credo che di questo sia consapevole anche il governo americano.
Con la solita tecnica informativa di creare diversivi all’attenzione dell’opinione pubblica, proprio in queste settimane, se non giorni, in Italia si sono verificati strani episodi in coincidenza.
Quello più eclatante è stato l’arresto di un gruppo di una ventina di presunti brigatisti Rossi, accompagnati da un coro assordante dei media sul pericolo che sta correndo la nostra democrazia. Si conoscono gli obiettivi che oltre a un attentato alla vita del giuslavorista prof. Pietro Ichino (credibile) comprendono attentati vaghi alla casa di Berlusconi, al giornalaccio Libero, e altri ancora più clamorosi ma ancor meno credibili. Si è trovato un arsenale costituito da una mitraglietta e un paio di pistole. Si è rievocato lo spettro delle Brigate rosse degli anni settanta, anche se qualcuno timidamente ha accennato al differente grado di pericolosità. Si è puntato il dito contro la CGIL, dato che alcuni di questi presunti brigatisti sarebbero iscritti al sindacato.
Si viene poi a sapere che il gruppo era stato individuato almeno da un anno. Solo oggi, alla vigilia della manifestazione di Vicenza, si procede ad arresti, rivelazioni, allarmi etc. Un caso?
Insomma, tutto l’ambaradan ha indubbiamente (o dovrebbe avere) un impatto sull’immaginario della popolazione, che dovrebbe sentirsi esposta a tentativi di distruggere la democrazia e la libertà; o quanto meno ad atti di violenza nel corso delle manifestazioni.
Ecco la parola magica: violenza nel corso della manifestazioni. Violenza di cui abbiamo avuto un assaggio a Catania in occasione di una partita di calcio, dove sedicenti tifosi hanno aggredito la polizia, provocando diversi feriti e un morto fra i poliziotti.
Violenza. Paura della violenza.
E domani a Vicenza ci sarà una grossa manifestazione, al cui centro ci sta la contrarietà di molti, forse moltissimi italiani all’allargamento della base americana di Vicenza, e alla fin fine ai cedimenti del governo italiano alla prepotenza della politica militare degli USA.
Politica militare che, sempre in questi giorni (le coincidenze non si contano più) sta minacciando una offensiva primaverile contro i Talebani (definiti Terroristi, solo perché combattono contro un occupante straniero, come a suo tempo avevano fatto contro l’occupante sovietico) e che dà per scontato che a questa offensiva dovranno partecipare i soldati italiani. E a questo proposito mi sembra inevitabile ricordare l’insultante lettera che ambasciatori di sei paesi NATO, guidati dall’ambasciatore americano hanno inviato ai giornali per dire quello che dovrebbe fare il governo italiano!
Insomma, lotta contro il terrorismo internazionale, terrorismo interno della brigate rosse, pericoli di episodi di violenza all’interno della manifestazioni, presenza militare americana in Italia, tutto questo sta diventando un minestrone unico (forse montato ad arte), nel quale il senso comune dei cittadini italiani sembra disperdersi, le discussioni fra idee contrapposte sono portate ad alzare il tono di voce, la compattezza del governo sembra scricchiolare… tutto questo, come risultato finale, distoglie dall’attenzione il problema di fondo, l’invadenza americana e lascia via libera agli americani di ampliarsi la loro base, di fare la loro offensiva contro i terroristi talebani (non è escluso che questo ampliamento sia in certo modo collegato) e alla fin fine di tenere l’Italia come alleata subordinata pronta a fornire tutto quello che la casta militare che domina gli USA ha bisogno per mantenere il proprio potere.
Forse è pretendere troppo rivendicare una sovranità nazionale che vorrebbe che sul nostro territorio siano rispettate le nostre leggi e che i colpevoli, di qualunque nazione essi siano debbano pagare? E c’è da sperare che la memoria degli italiani ricordi i morti del Cermis, i cui responsabili non solo non sono stati puniti, ma addirittura promossi, l’assassinio di Nicola Calipari , il rapimento da parte di agenti della CIA di Abu Omar effettuato su suolo italiano in persona che aveva ricevuto dallo stato la qualifica di rifugiato politico. Oggi scopro che il terrorista responsabile della strage avvenuta in Spagna l’11 marzo 2004 è prigioniero della CIA in qualche luogo ignoto, e che ai magistrati spagnoli, che stanno montando il processo per punire i colpevoli di quella strage, non è stato possibile neppure interrogare questo soggetto.
Quando ci sveglieremo? Quando l’Europa sarà in grado di liberarsi di questo asfissiante fardello rappresentato dal militarismo USA?
Ma chiedere questo significa passare per nostalgici comunisti ammalati di antiamericanismo. E questa, dopo la parola violenza, è la seconda parola magica che viene sbandierata per ottenere una tacita e succube partecipazione alla avventure nella quali gli USA pretendono (e riescono) di coinvolgerci.