“La strada verso casa” di Zhang Yimou, 1999

strada_casa.jpg

Zhang Yimou è un regista che a me piace moltissimo. Film come Sorgo rosso, Lanterne rosse, Ju Dou, La storia di Qiu Ju sono indimenticabili.
Questo, che ho visto da poco, è un film che non smentisce il fascino del regista cinese. È una delicatissima storia d’amore, raccontata con molto pudore, ma anche densa di emozione.

Il figlio, Lou Yusheng, persona che vive nella città di Shangai, integrato nel sistema borghese oggi in grande espansione in Cina, viene richiamato al villaggio natio dalla notizia della morte del padre.
Siamo in pieno inverno, il villaggio, un povero villaggio di contadini di una Cina eterna, senza tempo, è coperto di neve. Il giovane viene accolto con molto affetto dal capo villaggio e dagli altri abitanti. È il figlio del maestro, persona amatissima, che per quaranta anni ha insegnato a intere generazioni di allievi. Il personaggio centrale della storia è la madre, che troviamo piangente e intirizzita davanti al cadente edificio della scuola dove il marito insegnava. Egli è morto all’ospedale, vittima del maltempo e del tentativo eroico di raccogliere fondi per la realizzazione di un suo sogno: una nuova scuola.
Si devono fare le esequie. Si deve trasportare la salma dall’ospedale cittadino al villaggio, percorrendo un distanza di diversi chilometri in mezzo alla campagna. Il capo del villaggio suggerisce di affittare un carro, ma la madre si oppone. Le antiche usanze vogliono che il morto venga riportato al paese a piedi, sulle spalle dei giovani del villaggio, seguito dal corteo di tutta la popolazione. È un debito.
Qui viene introdotto il senso del titolo: La strada verso casa. Il morto, non deve e non può dimenticarla, deve essere sempre pronto a ritornarvi, e gli abitanti, che lo amano per ciò che egli in vita ha dato loro, devono rendere questo possibile. Si tratta di una poetica antichissima usanza che, purtroppo, sia la rivoluzione culturale, sia lo sviluppo paracapitalistico della Cina hanno fatto decadere. Così come è decaduta l’usanza di tessere le tele importanti a mano con amore, rappresentata dal rotto e vecchio telaio relegato in soffitta, che la madre fa riparare per poter tessere la tela che avvolgerà la salma.
La madre non demorde. Queste antiche usanze sono l’essenza dell’amore che ha legato i due coniugi per quarant’anni, e dell’amore, del calore, dell’amicizia , della fratellanza che dà il senso di umanità alla vita del villaggio.
Il regista, per descrivere questa atmosfera e dare un senso pieno alla caparbietà della madre, apre un lungo flashback e narra i primi momenti dell’innamoramento della allora giovane ragazzina diciottenne e del giovane maestro appena arrivato dalla città.
Qui Zhang Yimou rende il delicatissimo quadro di un amore che nasce fra timidezze, piccoli sotterfugi, attese eroiche, sguardi appena accennati, ma anche piccole e meno piccole delusioni. E c’è anche curiosità dapprima, ma poi anche amorevole partecipazione degli abitanti del villaggio per questo dolce amore nascente fra una loro concittadina e un rispettabile professionista che viene dalla città. Piccoli episodi, spesso di grande dolcezza, si susseguono: per esempio, la fanciulla tesse con le proprie mani il drappo rosso beneaugurante che sarà affisso ai travi della scuola che i giovani del villaggio stanno costruendo, ma subirà una piccola delusione perché non riuscirà a consegnarla di persona nelle mani dell’amato; cucinerà di persona vivande prelibate per gli operai che costruiscono la scuola, nella speranza che sia il maestro a cibarsene; ma ancora una piccola delusione le dice che il maestro non ha notato queste piccole amorevoli attenzioni. E così via, fino al momento più drammatico, quando il maestro dal partito viene richiamato alla città, e la giovane non si rassegna, lo rincorre senza raggiungerlo, lo attende nelle intemperie, cerca di raggiungerlo alla città non reggendo alla fatica e ammalandosi gravemente…
Il regista si sofferma su questi piccoli e meno piccoli episodi, e nel contempo ci introduce nella vita di questi villaggi della povera eterna Cina, dove i valori non sono certo la prevaricazione, la competizione senza freni, l’arricchimento, etc, ma i fatti essenziali della vita: la nascita, la morte, l’amore, la famiglia, la scuola etc. Tanto per fare un esempio, il maestro non riceve uno stipendio, ma a dormire viene ospitato nella casa del popolo, e a mangiare viene invitato a turno da tutte le famiglie. Insomma un villaggio della vecchia Cina, nel quale gli eventi del mondo esterno, in questo caso la rivoluzione culturale, penetrano a fatica, sono accettati anche se non capiti, e turbano senza interromperla, una vita fatta di cose semplici ed essenziali. Come il maestro insegna ai bambini, dettando e facendo ripetere come litanie le regole del buon vivere: regola uno, imparare a leggere, regola due, imparare a scrivere, e così via fino a regole più complesse che toccano direttamente la morale della vita quotidiana, e che il regista ci fa sentire dapprima indistintamente, ma poi sempre più distintamente man mano che la storia procede.
Il flashback si conclude con la fine delle vicende dell’innamoramento e l’unione dei due giovani. La vita successiva la si può immaginare dall’affetto che tutti manifestano alla coppia: al morto, alla madre e al figlio.
Il trasporto a braccia si farà, anche se nel villaggio non vi sono più giovani. I giovani, soprattutto molti ex-allievi, verranno dalla città e dai villaggi vicini e lontani per portare a braccia senza nessun compenso quello che è stato un momento importante del loro passato, e gli faranno percorrere la strada verso casa. È come far trovare la strada di casa al loro passato e alla sua memoria. E proprio perché questa casa sia sempre ritrovabile da parte del morto, la madre rifiuta di trasferirsi in città col figlio, dove potrà essere accudita, e rimarrà nel villaggio e vedrà costruire la nuova scuola, il sogno, ma anche la causa della morte del marito. La vita riprenderà come prima, senza tempo, senza valori frivoli: il vecchio maestro sarà lì presente, perché la strada verso casa non è andata perduta.

Alcune osservazioni: intelligente la scelta di girare in bianco e nero l’arrivo del figlio, le esequie, insomma il momento presente; e a colori il lungo flashback dell’innamoramento.
Nel lungo flashback, oltre alla coppia dei giovani, il protagonista è l’ambiente, splendidamente fotografato, nelle diverse stagioni: il giallo bruno delle foglie autunnali, la strada tortuosa e polverosa che porta in città, i campi verdi d’estate, bianchi di neve d’inverno, il cielo sereno e il vento e le bufere di neve, le case costruite con pietre grezze, ma robuste: splendido contrappunto alle corse di lei, quando cerca, segue, insegue quello che sarà poi il suo lungo e felice futuro.

Scrivi un commento