I RISULTATI ELETTORALI DEL 13 APRILE
Come commentare se non esprimendo un senso di angoscia questi risultati?
Proviamo a metterli sulla carta:
Alla camera:
PdL 37,4% (272 deputati)
Lega 8,3% (60 deputati
La coalizione 46,8% (340 deputati)
PD 33,2% (211 deputati)
IDV 4,4% (28 deputati)
La coalizione 37,5 (239 deputati)
Al senato:
PdL 38,2% (141 senatori)
Lega 8,1% (25 senatori)
La coalizione 47,3% (168 senatori)
PD 33,7% (116 senatori)
IDV 4,3% (14 senatori)
La coalizione 38,0% (130 senatori)
In queste poche cifre si può vedere l’ampiezza del dramma.
Il fattore dovuto alla presenza della persona di Berlusconi ha confermato la sua intensità. Sono sempre convinto che il voto per il Berlusca sia frutto di una cultura ispirata dal fascismo che permea ancora un terzo abbondante della popolazione. È difficile immaginare che il cosiddetto Popolo della Libertà avrebbe totalizzato percentuali di voto così alte senza la figura di Berlusconi alla guida. È nella sua figura che la gente cerca una risposta ai problemi, è lui la guida oppure, perché no, è lui il duce. Non dobbiamo dimenticare che Mussolini già nei primi anni della dittatura ha avuto la fiducia della maggioranza della popolazione italiana, con le sue parole semplificatrici del problemi. E l’ha mantenuto, anzi accresciuto fino al ’39, e poi all’entrata in guerra. Sono bastati i disastri di due anni perché gli occhi della gente si aprissero. Ma la tendenza di fondo, quella della fiducia in un uomo guida che risolve i problemi, è di nuovo emersa. È un evento culturale che si ripropone e che è connaturato in una parte della popolazione.
Ma vi sono altri fattori sui quali occorre puntare l’attenzione: uno di questi è il successo travolgente della Lega. Soprattutto nel nord. L’analisi per spiegare questo successo non è semplice, ma se scorriamo i temi che la lega ha proposto e insistentemente ripropone, il progetto di rimpatriare i clandestini, il collegamento che c’è fra sicurezza e immigrazione, l’indice puntato contro i ROM che vivono nella baraccopoli, denuncia di presunti favoritismi “buonisti” per gli extracomunitari a danno dei cittadini italiani (la cittadinanza è un diritto aggiuntivo rispetto a coloro che non la hanno), le parole d’ordine sul tipo “i soldi nostri devono rimanere a noi” (come motivazione fondante del federalismo fiscale), l’allarme contro la mondezza napoletana e il pericolo che il nord debba pagare per il suo smaltimento, tutti questi temi sono probabilmente alla base delle scelte di voto leghista (che al nord raggiungono anche valori superiori al 20%). Ebbene proprio queste motivazioni ci fanno capire come la società si stia richiudendo in se stessa, come le istanze culturali rappresentate dall’apertura, dall’interesse per l’altro, dal sentirsi parte di un tutto, si stiano immiserendo, e come l’egoismo si faccia strada in modo subdolo ma profondo. La lega vanta di avere soppiantato la sinistra nella difesa del ceto operaio. E questo sembra essere vero. Ma quale è il modello di difesa rappresentato dalla sinistra e quale quello presentato dalla lega?
Quello della sinistra lo sappiamo: in un modo o nell’altro la lotta di classe, la solidarietà fra operai contro lo sfruttamento, le conquiste del sindacato con lotte di massa, gli scioperi etc.
Ma il modello di difesa fatto dalla Lega? Sembra abbastanza ovvio che si basi fondamentalmente su uno scontro non più contro lo sfruttamento, ma contro la concorrenza fra lavoratori, e soprattutto contro i lavoratori extracomunitari, che vengono visti come un pericolo dilagante, anche se probabilmente questo scontro ancora non c’è.
Su quest’onda c’è stata la scomparsa delle sinistra dal parlamento. La disfatta è stata gravissima. Non solo essa ha pagato gli errori commessi nel corso del governo Prodi, ma oggi, aggrappandosi al precariato come problema centrale da risolvere, senza entrare nel merito di come il precariato si formi (la legge Biagi sembra venire usata più come spauracchio che come causa vera da modificare), come risolverlo senza colpire la flessibilità necessaria al rilancio della produttività, soprattutto delle piccole imprese, etc.
In questo vuoto, la Lega, terra terra, facendo appello alla subcultura di cui sopra, ha avuto buon gioco. E questo è un brutto segno.
Il quadro complessivo che emerge da questo voto è la rivincita di un’Italia ancora molto arretrata, che si allontana sempre di più dall’Europa, non solo per il ristagno economico, non solo per la farraginosità dell’organizzazione statale, ma soprattutto proprio per la meschinità della cultura dominante.
Il problema vero, secondo me non sarà tanto il governo di Berlusconi: il problemi sul tappeto sono quelli che tutti conosciamo, e sarà difficile che un governo, sia esso di centro-destra o di centro-sinistra, possa trovare delle scorciatoie per la loro risoluzione. Il debito è quello che è, i 70 miliardi di euro che ogni anno paghiamo sono un problema mostruoso che si deve affrontare; le pensioni, il welfare, la pubblica amministrazione, le riforme istituzionali, le tasse, compresa l’evasione fiscale… si potranno fare piccole modifiche, si potranno fare opere pubbliche più o meno richieste, non credo che ci siano molti margini, a meno che non si voglia portare l’Italia nel baratro.
Quello che preoccupa invece è proprio la cultura che ha portato Berlusconi a vincere le elezioni. Questo è un dato di degrado non ricuperabile, almeno a breve. Viene in mente la frase di Montanelli: per liberarsi di Berlusconi lo dobbiamo lasciare governare per un certo periodo: una specie di vaccinazione. L’esperienza ci dice che non è così. Berlusconi continuerà a governare finché la salute glielo consentirà. Non importa cosa faccia. Importa come riuscirà a far credere agli italiani di avere realizzato grandi cose. L’ha fatto dal 2001 al 2006; lo farà dal 2008 a 2013. E in quell’anno si farà incoronare Presidente della Repubblica, sempre contornato da una folla acclamante.
Sono convinto che se si chiedesse a un fan che vota Berlusconi che cosa egli ha fatto di così positivo nei cinque anni in cui ha governato, avrebbe molta difficoltà a rispondere. La legge sulle pensioni? È stata modificata. La legge sulla scuola? non ha trovato consenso fra gli insegnanti. La legge sulla magistratura? ha l’opposizione di quasi tutto il corpo dei magistrati. La legge sulle telecomunicazioni? Non ha migliorato i contenuti delle trasmissioni televisive, consentendo al duopolio RAI-Mediaset di governare indisturbato, con miglioramento molto evidente dei conti di Mediaset; la riforma della Costituzione? è stata bocciata dal referendum popolare. La legge elettorale? E’ stata definita una porcata dallo stesso che l’ha firmata. La riduzione delle imposte? Sì, solo nelle aliquote più elevate. Tuttavia nessun accenno alla lotta all’evasione.
E neppure nei due anni di opposizione ha saputo svolgere un ruolo attivo. L’unica cosa cui si è aggrappato sono state le spallate. Dal giorno dopo le votazioni ha cominciato, anziché riconoscere la vittoria dell’avversario, a richiedere la riconta dei voti, a sollevare il problema di possibili brogli, e così via. Poi come primo atto ha regalato la presidenza di una commissione a De Gregorio, senatore della maggioranza eletto nelle liste dell’Italia dei valori, facendolo passare dalla propria parte e mettendo a duro rischio la maggioranza di Prodi al Senato. A naso, mi sembra una corruzione. Ma lasciamo perdere. Ha contestato fino a farsi venire i polipi nelle corde vocali il voto dei senatori a vita. Ha provato con ordini del giorno fittizi di creare frattura all’interno dello schieramento della maggioranza. Ha addirittura votato contro il rifinanziamento dell’intervento militare in Afganistan, nella speranza, anche qui, di una spallata con l’appoggio della sinistra estrema. Questa è stata la concretezza della sua opposizione.
Eppure, ancora nella campagna elettorale ha continuato a parlare di “fatti”, che sarebbero la sue caratteristiche, al contrario di quelle di Veltroni che sarebbero le chiacchiere.
Ma tutto questo, per il 30% degli italiani affascinati dall’uomo, non ha alcun valore. Berlusconi è la luce, qualsiasi cosa dica, qualsiasi cosa faccia.
Per finire c’è un altro punto che varrebbe la pena di tenere d’occhio: ed è la perdita da parte della Stato del controllo di una vasta area del Paese che comprende quattro regioni, e che è di fatto governata dalla malavita organizzata: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia.
Che lo Stato si debba riappropriare di questa vasta area credo che sia un obiettivo di priorità assoluta. È lo stato di sviluppo dell’intero paese che viene messo in discusione.
Ora non sembra, da come stanno andando le cose che questa sarà un priorità del governo Berlusconi.
Per prima cosa vediamo come sono andate le cose in Sicilia, nelle votazioni per l’assemblea regionale. Lombardo ha realizzato il 63,5%, la Finocchiaro il 30,4%. Mi sembra che questi dati non lascino dubbi dove sia confluito il voto della mafia. E sarà difficile che chi è stato ben servito possa porsi il problema dell’annullamento di questo potere criminale. Ma se le cifre elettorali non fossero sufficiente a convincerci, ci prova allora Dell’Utri, che dichiara l’assassino mafioso Vittorio Mangano, condannato all’ergastolo, un eroe. Dichiarazione confermata da Berlusconi: e la motivazione è che Mangano si sarebbe rifiutato di mentire coinvolgendo Berlusconi, nonostante gli fosse stato offerto di uscire dalla galera.
La lotta alla mafia, in questa situazione, sembra un obiettivo da non prendere più in seria considerazione. E questo potrebbe essere il fatto più tragico del governo che ci dovrà governare per cinque anni.
21 aprile 2008 alle 19:44
Non posso che essere d’accordo. Aggiungerei, data la mia formazione cattolica, che sarebbe necessario un bel “esame di coscienza”, con relativi proponimenti per il futuro. Il mondo può cambiare…..