LA TRAVIATA alla Scala
In questa stagione il turno di abbonamento C alla Scala (che poi è il mio) ha avuto qualche problema. Prima c’è stata la defezione del Tristan a causa di uno sciopero (fatto per un sol giorno e proprio in quello). Ora, un’opera prevista dal cartellone, l’Andrea Chenier, non viene rappresentata e sostituita per gli abbonati da La traviata. Infine il tempo intercorso fra la rappresentazione di Il giocatore e La Traviata per il mio turno d’abbonamento è stato di soli 4 giorni.
Comunque, per quanto mi riguarda, meglio rivedere La traviata che non l’Andrea Chenier.
Rivedere, ho scritto. Sì, perché alla Scala la Traviata l’ho vista già altre tre o quattro volte, sempre nella sontuosa messa in scena della Cavani, con le scene di Ferretti e i costumi della Pescucci. Mi pare giusto che la Scala ripresenti periodicamente questa messa in scena. È molto bella, ricca, e per chi non l’ha vista è un vero piacere poterla vedere.
Data per scontata quindi la regia, mi pare opportuno invece soffermarmi sulla realizzazione musicale.
Non mi ha completamente soddisfatto. La traviata è un’opera che io adoro. La sua musica, il suo canto sono intensamente emozionanti, come lo è la vicenda. Ma per suscitare questa emozione, credo che sia necessario che direttore e cantanti la sentano a loro volta nel profondo mentre recitano cantando. Prendiamo ad esempio la bellissima aria di Alfredo nel primo atto, oppure lo straordinario, impareggiabile duetto fra Violetta e papà Germont nel secondo, o quella breve frase “Amami Alfredo” che giunge, come una sciabolata drammatica e disperata alla conclusione del dialogo in cui Alfredo rassicura Violetta con la previsione che il padre la amerà: bene, nella rappresentazione di ieri sera non sono riusciti ad emozionarmi così come ricordo di essere stato emozionato in altre circostanze. Direi che l’unico momento in cui l’opera mi ha restituito l’emozione che mi aspettavo è stato nel terzo atto, l’Addio al passato, aria struggente, densa di dolore, di rimpianto, di disperazione, che la Devia ha saputo rendere. Cosa che non ha fatto del tutto nei suoi altri interventi.
Perché?
Penso prima di tutto al direttore d’orchestra, Carlo Montanaro. Non lo conoscevo, ma mi è sembrato più incline a sottolineare gli aspetti dinamici che non gli aspetti dolorosi, della sofferenza che ci sono nell’opera. Poi non sono riuscito a liberarmi dalla sensazione che i cantanti fossero inseriti in una routine di canto. Certo, Bruson chissà quante volte ha interpretato il vecchio Germont. Non c’è dubbio che abbia recitato e cantato benissimo. Ma io credo che emozioni come quelle del duetto del secondo atto possano essere trasmesse solo se “le senti” tu stesso, come personaggio, in quel momento. L’eccessiva routine allontana da questa possibilità. La stessa cosa può essere detta della Devia. Tecnica perfetta, ma voce non al meglio delle condizioni, e soprattutto una certa meccanicità che non ha giovato alla realizzazione del personaggio. Con l’eccezione dell’Addio al passato che è stato, credo, il suo pezzo forte.
Del tenore, Alfredo, interpretato da José Bros, non si può dire certo male: voce chiara, limpida, buona tecnica (mi sento di dirlo anche non sono certo un intenditore), ma discreta freddezza nell’interpretazione del personaggio, e sostituzione degli aspetti emotivi del canto con la
retorica della gestualità.
Una nota di colore (personale, per carità!): mentre Bruson cantava nel corso del duetto con la Devia, chinato sulla poltrona nella quale Violetta era accucciata tenendosi la testa fra le mani, mi sembrava di vedere Verdi. Lo so, è una stupidaggine, ma quest’uomo ormai anziano, con la barba, vestito con una foggia ottocentesca, con il cilindro in mano…
In un’altra occasione mi è sembrato di vedere il compositore in un interprete delle sue musiche: molti anni fa, al Teatro Regio di Parma vidi Backhaus che interpretò alcune suonate di Beethoven. Al suo ingresso, il suo aspetto, la sua zazzera bianca scarmigliata, la sua andatura mi diedero l’illusione di trovarmi davanti allo stesso Beethoven. Scherzi della mente!!!
Comunque non posso dire che sia stato uno spettacolo brutto. Se non avessi avuto nell’orecchio altre rappresentazioni della Traviata, avrei detto di trovarmi davanti a uno spettacolo di altro livello. E così l’ha interpretato il pubblico con entusiasti e prolungati applausi sia al termine dei numeri principali, sia al termine dello spettacolo.