LA SOLITUDINE DEI NUMERI PRIMI, di Paolo Giordano

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Mattia e Alice vengono paragonati a due numeri “primi gemelli”, cioè due numeri primi che nella successione numerica sono vicini, ma non si possono toccare perché separati da un numero pari.
E Mattia e Alice sono effettivamente due essere solitari. In entrambi le vicende della vita nell’età infantile hanno causato terribili traumi dai quali non si potranno più liberare.

Alice, soggetta a una oppressiva volontà paterna, è costretta a imparare a sciare. In una occasione la bambina, sfuggendo al controllo dell’ispettore, sarà vittima di una rovinosa caduta in una condizione di solitudine e ritardo di aiuti, che inciderà profondamente sulla sua psicologia. La caduta inoltre le ha lasciato come conseguenza una lesione permanente ad una gamba e una deambulazione claudicamte. In lei, il bisogno di liberarsi dall’oppressione paterna e di riacquistare una libertà di giudizio e di comportamento, in un’età in cui queste prerogative possono essere dannose, la porterà ad una successione di scelte sbagliate che segneranno in modo irreversibile la sua esistenza: in primo luogo una necessità di imitazione delle amiche viste come più fortunate, più autorevoli, più libere, quindi un complesso di inferiorità e di subordinazione che la condiziona; in particolare, subordinazione nei riguardi di una bambina, considerata un po’ come la “star” della scuola, che ella cerca di imitare (sfuggendo ai divieti del padre, si fa fare un tatuaggio sull’addome come ha l’amica), e dalla quale in un primo tempo è perseguitata, ma che successivamente le concede la sua amicizia; in secondo luogo un rifiuto del cibo ai limiti dell’anoressia patologica, che sarà, nel futuro, causa del fallimento del suo matrimonio (ma non solo di quello).

Mattia è vittima anch’egli di un trauma psicologicamente non meno devastante. Mattia è gemello di Michela. Mentre Mattia è un bambino assai sveglio, intelligente, quasi un genio, Michela è una bambina ritardata, addirittura incapace di parlare all’età di cinque anni. Mattia si sacrifica per accudirla, sorvegliarla, aiutarla. Un pomeriggio, invitato a una festa di amici, porta la sorellina con sé. Ma vergognandosi, oppure sentendosi impedito nello sperato divertimento dalla presenza della sorellina, la lascia seduta su una panchina del parco, con l’ingiunzione di non muoversi fino al suo ritorno. Naturalmente al suo ritorno la bambina non c’è più. È scomparsa. La disperata ricerca, dapprima sua, poi della famiglia, della polizia e quant’altro non dà alcun esito. Mattia è ferito nel profondo. Non sa e non può darsi pace. In lui sopravvive in modo irreversibile un senso di colpa devastante, che lo indurrà ad automutilazione, e a una solitudine. Nel contempo le sue facoltà intellettuali si sviluppano al di sopra della media, facendone un genio matematico. Nell’ambiente scolastico non stringe amicizie se non con Denis, il suo compagno di banco, di chiara inclinazione omosessuale, che si innamora di lui, e cerca di stagli vicino nella sua sofferenza, senza pretendere di influenzarne il decorso.

I due bambini, Alice e Mattia, ad un certo punto del loro percorso vitale si incontrano. Fra i due nasce una indubbia attrazione, ma gli incontri sono rari e problematici. Alice sembra trovare in Mattia qualcuno che la aiuti ad uscire dal complesso di inferiorità rispetto alle amiche. Mattia subisce il fascino della avvenenza dell’amica. Ma tutto si ferma lì.

Giordano prosegue la narrazione inseguendo la vita dei due personaggi in diversi episodi che si verificano a distanza di anni. Troviamo i due al liceo, poi all’università, poi nel pieno della maturità. Gli intervalli, per quello che contano, sono riempitivi per i quali si ricorre al flashback.
I due giovani nei loro rari incontri si rendono conto dell’attrazione reciproca, che, nonostante il tempo trascorso si ravviva, o forse non si è mai spenta; giungono alle soglie di un rapporto fisico, ma non riescono a superare il senso di solitudine che li ha caratterizzati in seguito ai loro tremendi traumi. In Alice l’attrazione si manifesta anche in un tentativo di raggiungere una conclusione positiva; stimola l’amico, lo sottopone a una rozza, ma forse efficace psicanalisi, lo costringe a raccontare il trauma di cui è stato vittima, portandolo nel parco fatale dove Michela è scomparsa. E Mattia si lascia trascinare, fino ad un certo punto; ma anche se il punto di rottura sembra essere molto vicino, questo non viene mai raggiunto, e la fuga interrompe quella che avrebbe potuto essere una relazione salvifica.

Il suo genio matematico lo porterà prima a scegliere una tesi di difficoltà superiore, vincendo la riluttanza del professore (Giordano non risparmia frecciate al mondo accademico ufficiale, facendone una specie di caricatura), poi ad accettare l’invito a frequentare in qualità di professore aggiunto e ricercatore una università a Londra, dove avrà modo di valorizzare le sue eccezionali doti. Ma anche in questo ambiente la sua solitudine prevale sia nei confronti di un amico, col quale collabora nell’attività di ricerca, sia nel confronti di una donna che in lui cerca, inutilmente, la possibilità di creare una vita di coppia.

Alice avrà a sua volta una vita piena di possibilità che non offrono alcuno sbocco reale. Conosce un medico, persona precisa, sicura di sé, determinata. Se ne infatua, lo sposa, ma quando il marito le chiede di fare un figlio si apre il dramma. Il figlio non può arrivare perché il regime alimentare di Alice è tale da bloccare le sue facoltà riproduttive. Occorre prendere provvedimenti sull’alimentazione, che il marito cerca, senza successo, di imporre. Ciò porta alla rottura. Alice si consola dando sfogo alla sua passione fotografica, lavorando nella bottega di un fotografo professionista che con lei è molto comprensivo e cerca di aiutarla. Ma tutto ciò non risolve i suoi problemi che, col passare del tempo si aggravano.

Anche a distanza, uno a Londra, l’altra a Torino, i due sentono la presenza dell’altro come una vicinanza che deve realizzarsi. Alice ad un certo momento vede una ragazza della presumibile età di Mattia, sottosviluppata, incapace di parlare, accompagnata da un donna che la accudisce. L’espressione, lo sguardo ricordano quelli di Mattia. Potrebbe essere Michela, creduta morta ma in realtà forse rapita e ricomparsa accompagnata dalla sua rapitrice (o salvatrice, non si può dire). Alice, vince tutti i dubbi e scrive a Mattia un messaggio semplicissimo: gli spedisce una fotografia di entrambi, lei con il vestito da sposa della madre, e sul retro una sola frase: vieni subito. Mattia, al di là di ogni logica normale, parte immediatamente. Il richiamo di Alice è forte e penetra nel suo spirito da sempre recettivo a questo richiamo. Ma quando si incontrano, i vecchi riti dei precedenti incontri si ripetono, la vicinanza sembra quasi finalmente rompere una barriera che all’ultimo momento tuttavia si dimostra infrangibile. Alice tace sul vero motivo del suo disperato richiamo. Mattia torna a Londra. Alice riprende la sua vita da fotografa. I due numeri primi gemelli conservano la loro solitudine.

La lettura è facile, il scrittura accattivante, lo stile asciutto, privo di retorica, aggettivato solo all’essenziale. La struttura è un po’ artificiosa nel ricorrere alla narrazione di episodi fra loro separati da periodi di tempo anche di anni. Secondo me l’elemento debole del libro è la descrizione dei due caratteri, soprattutto quello di Mattia, molto unilaterali, monocordi, refrattari a cambiamenti che in un lasso di tempo così lungo, come quello compreso nel racconto (oltre vent’anni) ci si aspetterebbe di osservare. Non si osserva in verità alcuna evoluzione credibile. Forse il carattere di Alice sembra essere un po’ più flessibile, e di fatto è lei che tenta, a più riprese, di costruire con Mattia un rapporto che egli non riesce a cogliere. Ciò alla fine finisce per allentare l’interesse che all’inizio il libro sembra destare nel lettore.

Il romanzo ha vinto il premio Strega 2008.

Ascolta l’intervista a Paolo Giordano su Radio3 Fahrenheit.

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