IL MONDO DI SERGIO, di Mauro Paissan
Il libro racconta la storia di Sergio Piscitello, e dei suoi rapporti con i genitori e col mondo circostante per 40 anni, cioè fino al momento in cui il padre, esasperato dalle continue violenze, lo uccide.
Il pregio maggiore del libro è che gli introiti della sua vendita siano destinati alla Fondazione Handicap Dopodinoi onlus per l’avvio di un Centro polivalente per la diagnosi precoce e il trattamento dell’autismo.
L’altro pregio è quello di avere denunciato, sottolineato, esemplificato la gravissima assenza delle istituzioni pubbliche nella necessaria, indispensabile assistenza alle famiglie che hanno a che fare con un figlio autistico, lasciando i genitori e comunque tutti coloro che ne sono coinvolti per l’assistenza, nell’isolamento e nella solitudine più assoluta.
Per ultimo, c’è anche la constatazione che la legislazione è molto carente nell’affrontare un problema specifico, quello dell’autismo, soprattutto nella definizione del rapporto genitori figli e nella definizione del destino degli autistici, quando, morti i genitori, si dovrebbe prospettare un “futuro” per le persone affette da tale patologia.
Interessanti sono state le osservazioni di Paissan sulla sentenza con la quale il padre di Sergio è stato condannato per l’omicidio del figlio, e sulla grazia concessa; e sulle discussioni che questi provvedimenti hanno suscitato nel mondo politico e nei media, fra la gente comune.
Sull’altro versante, il racconto mi ha lasciato più di una perplessità.
L’autismo, è una patologia che non annulla affatto la personalità dell’individuo, la quale anzi in genere è vivacemente presente; i suoi effetti distruttivi sono dovuti all’enorme difficoltà di queste persone di contrarre rapporti con l’esterno. Ciò li isola ponendoli dentro una barriera che essi non sanno superare dall’interno e che coloro che li circondano non sanno superare dall’esterno.
Il rapporto di Sergio con i suoi genitori, Salvatore ed Elvira, durato circa quarant’anni, ha visto da una parte i tentativi dei genitori di trovare una strada che potesse essere di aiuto o di giovamento al figlio, compreso l’affidarsi (con risultati sempre negativi) a cosiddetti “esperti” della patologia in questione; dall’altra le reazioni di Sergio, che oltre ad essere tipiche della sua patologia (mancanza di capacità di accettare una relazione), sfociavano assai spesso in esplosioni di violenza, rivolte verso gli oggetti, ma sempre più spesso anche contro i genitori e contro le persone che avevano l’incarico di accudirlo. Al termine di uno dei sempre più frequentemente ripetuti episodi di violenza, il padre, ormai vecchio, malato, debole e sempre più impotente prende la drammatica decisione di uccidere il figlio. Ciò avviene con due colpi di pistola.
Le conseguenze drammatiche del gesto implicano effetti di natura giuridica e di natura morale.
Gli effetti di natura giuridica si sostanziano in una condanna relativamente mite (poco più di sei anni di reclusione) da parte di giudici che hanno capito e tenuto conto della complessità della situazione. E, dopo la condanna, nella grazia concessa dal Presidente della Rpubblica. Quelle di natura morale comportano un giudizio, tutto ancora da approfondire, sui limiti imposti al comportamento umano dal fondamentale rispetto della vita come valore assoluto.
Come ho anticipato, si tratta proprio nella ricostruzione della storia che il libro mi ha lasciato perplesso.
Mi sarei aspettato una più puntuale descrizione del comportamento e della personalità autistica: per esempio i tempi dell’apprendimento del linguaggio, della scrittura, lo sviluppo delle scarse capacità di comunicazione, tentativi di analisi dell’origine (esterna, interiore) delle reazioni agli stimoli, soprattutto delle reazioni di violenza; le eventuali modificazioni della personalità con il crescere dell’età (occorre ricordarsi che la morte di Sergio avviene all’età di 40 anni).
Tutto questo è descritto senza un ordine che avrebbe dovuto aiutare a capire la personalità dell’autistico, ma prevalentemente in modo episodico, spesso ripetitivo, con l’obiettivo, dichiarato, di sollevare commozione e compassione, descrivendo la sofferenza dei genitori, gli errori della medicina ufficiale, le insufficienze o addirittura le arroganze del potere pubblico, la esosità del privato, la presunzione dei “saccenti” etc. Tutte cose utili, certo, ma che lo sarebbero state molto di più in presenza di una puntuale ricostruzione della personalità autistica.
Diciamo che le finalità del libro, (portare a conoscenza del pubblico i problemi dell’autismo e devolvere il ricavato ad associazioni che se ne occupano) e tutta la parte che riguarda le denunce contro le carenze del servizio pubblico ad affrontare situazioni in cui sia coinvolta una persona autistica, danno al libro una notevole importanza; così come l’analisi e le discussioni sulla sentenza, sulla grazia e sul coinvolgimento della morale in un atto come quello compiuto dal padre, entrano in un terreno poco esplorato e nel quale la legislazione attuale è decisamente carente. Mi sembra invece piuttosto superficiale la parte riguardante l’approfondimento della personalità autistica, che, occorre ricordare, non è una personalità deviata come si può immaginare quella di un demente o di una persona affetta da patologia psichiatrica, ma una personalità reale, dotata di tutte le caratteristiche per essere una personalità compiuta, ma con grave impedimento al confronto con la vita esterna, quindi con la società. E’ quindi importante approfondirne gli aspetti per cercare la via che consenta di rompere il cerchio di isolamento. Che questa sia un’impresa possibile lo dicono i barlumi di contatto con la realtà esterna che sporadicamente è possibile constatare, e che anche nel comportamento di Sergio Paissan sembra indicare.