LA VITA FA RIMA CON LA MORTE, di Amos Oz

amos_oz.jpg

Un famoso autore israeliano è stato invitato in una Casa della cultura per presentare un suo libro. Arriva in anticipo, si siede a un caffè in attesa dell’inizio della manifestazione. Per far passare il tempo, comincia a osservare personaggi che lo attorniano: uno di questi è la cameriera, ragazza con modi di fare che potrebbero essere conturbanti, due tipi seduti a un tavolino accanto al suo che parlano concitatamente.

Questi personaggi, reali, nella loro fisicità, nella mente della scrittore assumono una vita propria. La cameriera diventerà Riki, ha avuto un amante, Charles, un giocatore di serie B, col quale ha passato una settimana in un albergo di Eilat, ma alla fine della settimana è stata lasciata per una quasi vincitrice del concorso di Miss Bikini, Lucy. I due personaggi al tavolino prenderanno vita anche loro, saranno un boss e un suo tirapiedi, ecc. Così Oz ci fa assistere al miracolo di come nascono i romanzi: personaggi che entrano nella mente dello scrittore, prendono vita e impongono allo scrittore gli eventi di cui questi personaggi sono protagonisti.
Questo gioco iniziato al bar, proseguirà nella sala della casa della cultura, e lì prenderanno vita altri personaggi presenti in sala che attirano l’attenzione dello scrittore: nasce così una ricca galleria di personaggi vivi, una quarantina, che potrebbero dar vita ad un romanzo, e in parte lo fanno, dando luogo a piccoli episodi immaginati dallo scrittore ma imposti dalla loro vita autonoma.
E fra i vari personaggi che prendono vita un giovane fra il pubblico si trasforma in un adolescente che riversa la sua sofferenza nella composizione di poesie e immagina (nell’immaginazione dello scrittore) di riuscire ad avere un rapporto simbiotico con la sofferenza (che il ragazzo immagina) della scrittore suo mito; oppure Ovadia Chazam, personaggio brillante, che gira sempre con una Buick, corteggiatissimo dalle donne, ma che ora giace in fin di vita in un ospedale, con le infermiere che lo trascurano, o suo figlio che alla fine non è altro che il marito di Lucy, quasi miss Bikini, a sua volta lasciata da Charles, o ancora una donna alquanto corpulenta fra il pubblico diventa Miriam La Nehurai, che ha rinunciato all’avvenenza fisica per dedicarsi alla cultura di cui è appassionata e che prepara dense marmellate di frutta, etc.
Tutti i personaggi vivono brevi episodi che in un modo o nell’altro portano le loro vite, o almeno lo spazio delle loro vite che fiorisce nella mente dello scrittore, ad intrecciarsi.
In questo loro intrecciarsi coinvolgono lo stesso scrittore che, uscendo dalla Casa della cultura immagina un rapporto leggero, timido, ma anche intensamente erotico con Rachel, la ragazza che ha letto brani del suo libro durante la conferenza: ragazza carina, sì, ma non attraente, ci dice lo scrittore, anche se poi nel breve, ma intenso rapporto, fra le macerie della reciproca timidezza, nascono nuovi timori, nuove speranze, e nuove delusioni.
Ma Oz ci avverte: “Per scrivere sei costretto a guardare indietro. E con ciò il tuo sguardo trasforma te e loro in statue di sale”. I personaggi entrano nei racconti con degli stilemi che non possono più essere abbandonati: così Riki sarà sempre la cameriera con le mutande asimmetriche che sembrano ammiccare; Lucy la seconda arrivata a un concorso di Miss Bikini; Rachel, la lettrice sarà sempre una ragazza carina ma poco attraente, Ovaia Chazam il bellimbusto che gira con la Buick, Miriam La Nehurai l’appassionata di cultura che sa fare le marmellate, e così via. Personaggi vivi che quando lo scrittore cerca di metterli sulla carta per scrivere il romanzo si trasformano in statue di sale come la moglie di Lot.
Il titolo del romanzo viene dal titolo di una raccolta di poesie di un poeta minore un tempo molto apprezzato da alcuni dei personaggi immaginati, del quale vengono riferiti dei versi, ma finito irrimediabilmente nell’oblio.
Il libro, diversamente da molti dei più bei libri di Oz, non induce riflessioni di natura politica. E’ solo una riflessione sul fare letteratura, sul come nascono i romanzi e i personaggi che popolano i romanzi, ed è condotto con penna leggera. Lo scrittore (lo stesso Amos Oz?) è un personaggio sotto molti aspetti commuovente, insicuro la sua parte, sempre in bilico fra disponibilità e paura, e spesso preda dell’invadenza dei suoi personaggi. Proprio come si conviene ad uno scrittore quando affronta un romanzo.

Ascolta l’intervista a Amos Oz su Radio3 Fahrenheit

Scrivi un commento