SCALA A SAN POTITO, di Luigi Incoronato
Luigi Incoronato, con questo libro, pubblicato nel 1950, inizia la sua attività di scrittore. Anche se non è proprio napoletano d’origine, Napoli diventa la sua città, e in questo libro lo dimostra fino in fondo.
Ermanno Rea ne parla nel suo libro Napoli Ferrovia, e ciò che ne dice mi ha indotto ad acquistare il libro e a leggerlo. La definizione di Rea è terribile: «Il libro forse più amaro e buio mai scritto su Napoli». Rea era molto amico di Luigi Incoronato e lo ricorda con affetto infinito e con immenso dolore descrive la sua morte nel 1962, un suicidio effettuato introducendo in bocca la canna del gas.
La scala a San Potito è proprio una scala che supera un dislivello all’interno della città. È fatta di gradini e di pianerottoli. Quella scala negli anni dal ’44 al 47, è servita di rifugio-abitazione a moltissime persone, travolte dalla miseria, senza occupazione, senza uno straccio di abitazione, ai limiti della sopravvivenza fisica.
Lo scrittore, l’io narrante, alla sera, finito il lavoro si reca su quella scala dove conosce diverse persone, parla con loro, è coinvolto dalla loro miseria, assiste a piccoli e grandi drammi che su quei gradini si consumano. Così ci fa conoscere personaggi come Armando e la sua famiglia, la vecchia Assunta, lo zio Gennarino, e tanti altri, tutti inquilini di questo mostruoso albergo, dove alla notte ognuno ha il suo posto definito dove coricarsi, dove i corpi distesi nel sonno quasi si toccano, e da dove al mattino ciascuno parte o per cercare un lavoro che si lascia perennemente desiderare, o per chiedere l’elemosina, o per cercare fra i rifiuti di che sopravvivere.
Molti degli ospiti della scala raccontano le loro peripezie, di come la società di cui facevano parte in un modo o nell’altro li ha estromessi. Altri hanno visto i loro anni trascorrere senza che un filo di speranza si fosse mai aperto e passano la loro vecchiaia come rifiuti, lì sulla scala.
Fra i tanti episodi, un lato commuovente è offerto dai piccoli bambini della famiglia di Armando, vivaci, amanti del gioco e magari anche dello scherzo. Particolare commozione desta così il momento in cui, nel freddo invernale, nell’umidità della incessante pioggia, Antonio, uno dei bambini, di sei anni, si ammala di polmonite, e un po’ per l’ignoranza della gente che lo circonda che si affida a cure stregonesche, un po’ per il ritardo con cui viene chiamato il medico, si aggrava e muore. La descrizione di Incoronato è sobria, mai urlata, ma profondamente emotiva.
Fra le tante persone, una in particolare attira l’amicizia dell’io narrante: è Giovanni, un giovane disperato per la vita umiliante che è costretto a fare, perennemente, ma inutilmente, in cerca di lavoro, sempre pronto a mettersi alla testa di movimenti di protesta, spesso coinvolto in scontri con la polizia.
L’amicizia fra lo scrittore e Giovanni è difficile. Giovanni non è un tipo loquace, geloso della propria indipendenza, e poco disposto alle confidenze. Lo scrittore si rende conto che in quella persona vive un orgoglio e una intelligenza degni di una vita più attiva, all’interno di una società che invece sembra rifiutarlo.
Il dramma si conclude quando Giovanni viene indotto da Paolo, un nuovo arrivato dotato di un certo carisma che lo rende una specie di leader all’interno della scale, e che in passato è stato custode nella villa di un ricco, a tentare un furto nella casa del suo antico padrone. I dubbi di Giovanni da una parte sono stimolati in negativo dallo scrittore, che in questo coinvolgimento nel furto vede rovinarsi una personalità nella quale aveva investito una grande fiducia; dall’atra sono stimolati in positivo da un crescere della sfiducia, dopo innumerevoli prove negative, di riuscire a conquistarsi un posto dignitoso nella società.
Naturalmente il furto andrà male. Paolo riuscirà a fuggire senza essere riuscito ad afferrare nulla, mentre Giovanni rimarrà morto al suolo ucciso dal proprietario. Nota di pesante pessimismo, con il quale Incoronato chiude il suo libro.
Il libro è scritto in modo asciutto, senza concedere alla retorica, anche se in alcuni episodi, come la morte del piccolo Antonio si avverte un’intensa commozione. Lo stato d’animo che sembra prevalere è la curiosità dello scrittore nell’addentrarsi in questo mondo così degradato. La lettura è avvincente.