ROSSOVERMIGLIO, di Benedetta Cibrario
Confesso che ho fatto molta fatica a leggere questo libro. La trama è francamente banale: una donna, la protagonista, l’io narrante, alla quale volutamente l’autrice non ha voluto attribuire un nome, appartenente alla nobiltà torinese dell’inizio del secolo, accetta un matrimonio combinato. La convivenza col marito si rivela sostanzialmente impossibile, priva di un legame affettivo, priva di interessi comuni al di fuori delle solite frivolezze; si ha quindi la separazione, con la partenza della donna per una fattoria toscana di sua proprietà, e favorita dalla comparsa nel suo orizzonte di un personaggio misterioso del quale la donna s’innamora, anche se i rapporti amorosi fra i due sono sporadici, avvengono a distanza di anni, quasi per caso, con una partecipazione affettiva più sbandierata che non realmente vissuta. La vicenda avrà una conclusione che vorrebbe essere inaspettata, ma a mio modo di vedere abbastanza banale e comunque del tutto improbabile.
La trama si sviluppa nell’arco di un secolo, e vorrebbe essere il segnale del contrasto fra i cambiamenti epocali cui l’Italia va incontro (l’avvento del fascismo, la guerra, la resistenza, la repubblica, etc,) e l’immobilità di una società raffinata ma ottusa ai cambiamenti politici qual’è quella della nobiltà torinese, destinata per questo al declino. L’io narrante sembra percepire il cambiamento, nonostante un’educazione nella giovane età che non favorisca questa percezione. Il suo fuggire dalla città, il rifugiarsi in questa tenuta toscana, gli sforzi per farla rivivere e darle un volto, e il suo inseguire un amore poco credibile anche se ritenuto vero, sono tutti segnali dell’attenzione della protagonista al cambiamento, che tuttavia avranno esito solo alla fine del libro, quando la donna avrà superato gli ottanta anni.
La Cibrario, per sviluppare questo tema si serve della metafora rappresentata dalla fiaba di Perrault, La belle au bois dormant che cita in copertina al libro: le fate in un attimo fanno l’incantesimo e addormentano il bosco, ma poi occorre una vita perché l’incantesmo sia superato e la gente del castello, bella compresa, si possa svegliare. Da notare che nella citazione la scrittrice utilizza la versione comune del titolo italiano della fiaba, cioè La bella addormentata nel bosco. Il titolo così tradotto è scorretto: se si vuole fare la traduzione letterale dal titolo francese, più coerente col contenuto della fiaba, essa suona: La bella nel bosco addormentato.
Nel libro si sprecano le descrizioni: di paesaggi, di abiti, di portate nei pranzi, di feste, di gioielli indossati, etc. Le descrizioni a mio avviso nei romanzi sono importanti quando definiscono l’ambiente in cui si svolge la vicenda, cioè quando sono funzionali alla trama; ma quando debordano, quasi a dimostrare un piacere della scrittrice, anziché ravvivare la vicenda finiscono per annacquarla, togliendole gran parte dell’interesse (se pure qualche interesse la vicenda narrata ha).
L’annacquamento è in gran parte dovuto anche all’arco di tempo in cui la vicenda si svolge: praticamente un secolo. Se è vero che ciò dovrebbe essere il modo per sottolineare il contrasto fra immobilismo di una certa società e i cambiamenti epocali, è anche vero (ed è la mia sensazione) che questo contrasto, come pure la descrizione dei cambiamenti, siano visti molto esteriormente, e quindi ben poco interessanti per chi questi cambiamenti li ha visti e vissuti dall’interno.
D’altra parte, mi sembra sia doveroso segnalare un uso ben costruito della lingua, che riesce a dare una scansione del ritmo bene avvertibile in chi legge.
Tutti questi aspetti, comunque, mi hanno lasciato freddo, distante e poco interessato a una vicenda che ho trovato alquanto improbabile e alla struttura della narrazione, troppo diluita, raccontata con trasposizioni temporali, piena di feedback e di feedback al quadrato, che l’autrice giustifica come elementi mutuati dal montaggio cinematografico. In realtà essi rendono la lettura più pesante e spesso scarsamente comprensibile, tanto da costringere a ritorni di pagina.
Il giudizio che mi sento di dare non è del tutto negativo, ma anche ben lontano da una positività che la sua vittoria al premio Campiello potrebbe far supporre.
Ascolta l’intervista a Benedetta Cibrario su Radio3 Fahrenheit
18 febbraio 2010 alle 00:09
Buongiorno,
Circola la leggenda, anche in ambienti colti e scolastici (ne era per esempio convinto un mio professore di estetica musicale), che la traduzione corrente del titolo della fiaba di Perrault: ”La belle au bois dormant”in: ”La bella addormentata del bosco”, sia scorretta. Questo perchè la parola ”dormant”, letto come aggettivo maschile, dovrebbe concordare con ”bois” e non con ”belle”. Dunque la traduzione corretta sarebbe ”La bella nel bosco addormentato”. Questa interpretazione, come ripeto ampiamente diffusa, trova origine da una insufficiente conoscenza della lingua francese, unita ad una certa leggerezza nel divulgare tesi non adeguatamente verificate. ”Dormant”, participio del verbo ”dormir” e non aggettivo, è invariabile e può pertanto legarsi tanto a ”bois” quanto a ”belle”, nel contesto in oggetto. Quanto affermo può agevolmente essere verificato consultando un qualsiasi madrelingua francese sufficientemente istruito. Personalmente ho avuto l’occasione di discuterne con un insegnante di lettere dell’università di Aix en Provence, il quale mi ha spiegato che pur presentando il titolo in oggetto una certa ambiguità, forse voluta, questo possiamo concederlo, la traduzione più ovvia del medesimo è quella che vede la concordanza di ”dormant” con ”belle”; anche perchè è di questo che si parla nella fiaba, e cioè di una bella che dorme, non di un bosco che dorme.
p.s. – da wikipedia italiana: “Alla versione pubblicata ne I racconti di Mamma Oca di Charles Perrault, La belle au bois dormant, si deve il titolo con cui oggi la fiaba viene comunemente indicata. Rispetto all’originale francese, però, il titolo comune italiano (così come quello inglese) è scorretto: dormant, al maschile, è riferito a bois e non a belle, per cui una traduzione più corretta sarebbe La bella nel bosco addormentato”
– da wikipedia francese: “La Belle au bois dormant (il faut comprendre : « La Belle dormant au bois¹ »1)…. ¹ Charles Perrault, Contes, (introduction, notices et notes de Catherine Magnien), éditions Le Livre de Poche Classique”
Cordiali saluti
18 febbraio 2010 alle 01:53
La ringrazio per la precisazione.
Ricambio i saluti.
Rudy
14 giugno 2010 alle 14:41
Ho letto Rossovermiglio e mi e’ piaciuto tantissimo : bella la trama,i personaggi,l’ambientazione,la psicologia, la ricchezza dei dettagli, lo stile letterario.
Spero che l’autrice abbia per noi altre “storie” in programma.
Un caro saluto
Cristina