Der Barbier von Bagdad, di Peter Cornelius su ZDF Theaterkanal
Ieri sera ho visto quest’opera buffa di Peter Cornelius. Mi incuriosiva vedere come i tedeschi dell’Ottocento interpretavano il principio dell’Opera comica.
Naturalmente non si può neppure accostare quest’opera ai capolavori buffi dell’opera italiana: né a quelli che l’hanno preceduta, come L’italiana in Algeri, o Il barbiere di Siviglia o La Cenerentola di Rossini, o L’Elisir d’amore e il Don Pasquale di Donizetti; né a quelli che l’hanno seguita, come il Falstaff di Verdi o il Gianni Schicchi di Puccini.
L’opera tuttavia non la si può liquidare. Ho potuto apprezzarne la leggerezza della musica, il trattamento divertentemente dinamico dei cori, le arie di Abdul, il barbiere. Niente di più che un ascolto divertito, senza che ciò mi abbia spronato alla voglia di un riascolto.
La vicenda è tratta da una novella di Le mille e una notte: Nureddin, giovane arabo, muore d’amore per la bella Margiana, figlia del Cadì (giudice) di Bagdad. La fanciulla lo ama e sua volta e si prepara ad incontrarlo, ma il padre ha promesso in sposa la figlia a un ricco e vecchio amico in cambio di un ricco tesoro.
Nureddin si deve recare all’appuntamento con la sua bella, e manda a chiamare il barbiere, appunto Abdul, che oltre a essere barbiere è una specie di astrologo, filosofo, saggio etc. Abdul stordisce di chiacchiere il povero Nureddin, che in un primo momento cerca di farlo allontanare dai suoi servi, ma, non riuscendovi, si dedica ad adularlo, in modo che il barbiere compia il suo dovere in tempo utile. Abdul gli è riconoscente e da quel momento si sente obbligato a proteggerlo. E per prima cosa vuole accompagnare il giovane all’appuntamento perché teme la reazione del padre di Margiana. Nurreddin naturalmente non vuole, e ordina ai suoi servi di trattenerlo, con la scusa di curargli qualche immaginaria malattia.
In realtà Abdul riesce a liberarsi e a correre alla casa del Cadì, dove Nureddin sta incontrando Margiana in assenza del padre.
Ad un certo punto si sentono delle grida di dolore. Niente di male: si tratta di uno schiavo che il Cadì sta percuotendo. Tuttavia le cose si complicano: da una parte, Margiana, terrorizzata dall’arrivo del padre, fa nascondere Nureddin in una cassa dove sono contenuti i tesori del vecchio pretendente; dall’altra Abdul, che non vede la scena, preoccupato, interpreta quelle grida come se il Cadì stesse uccidendo Nureddin, e si precipita in strada a chiamare aiuto. Si raduna una grande folla, si crea molta confusione finché sopraggiunge il Califfo che, con la sua presenza, appiana tutto, e celebra finalmente, col consenso del Cadì, il matrimonio fra i due giovani amanti. Abdul, per la sua saggezza sarà assunto come consigliere dallo stesso Califfo.
I punti più godibili sono stati i cori: quello della lamentazione per la malattia di Nureddin, quello per cacciare fuori casa Abdul e quello per curarlo dell’immaginaria malattia. Nel secondo atto c’è un bel terzetto, e poi sono abbastanza godibili alcune arie di Abdul (quella in cui vanta le proprie virtù, che ricorda un po’ quella di Dulcamara, quella finale “Salam aleikum”, quella in cui descrive le disavventure dei fratelli) e infine il concertato Oh, Mustafà!
La rappresentazione non è teatrale in senso stretto: è fatta in studio, tuttavia realizzata con due scene fisse, come previsto dal libretto: nel primo atto la casa di Nureddin, nel secondo atto l’alcova di Margiana.
L’ambientazione è classicamente araba: gli interpreti maschi vestono grandi tuniche con grandi turbanti, portano tutti la barba; le interpreti femmine, leggiadri vestiti e il classico velo, che tuttavia non copre il volto. Gli arredi degli ambienti sono leggeri, raffinati, con volute e ricami, i colori molto sgargianti.
Dal punto di vista recitativo, vi è molto movimento, soprattutto nelle parti corali, nell’intento di attirare l’attenzione divertita dello spettatore. Anche i solisti si muovono con scioltezza.
Come realizzazione musicale, mi è parsa buona, anche se appariva evidente che gli interpreti cantavano in play back.
Il direttore: Heinrich Hollreiser
Il regista: Herbert Junkers
Fra gli interpreti:
Margiana: Sylvia Geszty
Abdul: Karl Ridderbusch
Nureddin: Adalbert Kraus.