IN NOME DELL’IMPERATORE, di Fausta Garavini

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Fausta Garavini, dicono le note biografiche, è una studiosa di letteratura francese e occitanica. Leggendo il suo libro si può pensare che sia anche una studiosa di storia, e in particolare di storia del risorgimento italiano.
Mi sembra di poter affermare che, anche se il sottotitolo recita “romanzo ottocentesco”, In nome dell’imperatore non sia affatto un romanzo. Potrei definirlo, nella migliore delle ipotesi, un tentativo, attraverso la ricostruzione di fatti e l’approfondimento del comportamento di molti personaggi, di rivedere molti dei giudizi che la storia ufficiale dà sul risorgimento italiano e soprattutto sul governo austriaco del Lombardo-Veneto.

Non è questa la sede per aprire una discussione su questi aspetti, sia perché il discorso si farebbe lungo e complesso, sia perché io non sono uno storico, ma solo un lettore curioso, e mi mancano i fondamenti necessari per esprimere giudizi sensati e soprattutto attendibili sugli eventi che costituiscono il periodo storico conosciuto come Risorgimento.
Tuttavia un dato di fatto che emerge dalla lettura del libro mi ha colpito, anche se nella storia ufficiale viene sottovalutato, se non del tutto ignorato: fra le idee di molti carbonari della prima ora, il progetto di indipendenza dell’Italia era concepito principalmente come forma di autonomia amministrativa del Lombardo-Veneto, magari allargato ai piccoli stati emiliani, all’interno dell’Impero Asburgico.
Questo progetto, sopraffatto successivamente da percorsi indipendentistici di varia natura, non ha potuto realizzarsi per l’opposizione del governo austriaco. L’indipendenza e l’unità nazionale si sono poi verificate soprattutto in funzione antiasburgica e sotto la tutela del Regno di Sardegna, che, inglobando tutti i territori della penisola, si è trasformato nel 1860 nel Regno d’Italia.

È stata questa la via oggettivamente migliore per realizzare unità e indipendenza? Era giustificato il movimento intensamente antiasburgico che aveva coinvolto tutti i principali intellettuali dell’epoca?
Nel libro la Garavini entra nel merito della vita e dell’azione di diversi personaggi che sono stati fra i protagonisti, positivi e negativi del Risorgimento, e mostra con grande chiarezza come l’ostilità dichiarata contro l’Austria avesse più delle basi ideologiche che non delle basi sulla realtà dei fatti.
Il personaggio chiave del libro è Antonio Salvotti, un trentino il cui percorso professionale e di vita lo ha portato ad essere il principale inquirente nei processi contro diversi protagonisti della rivolta antiaustriaca, fossero essi aderenti alla carboneria o alla Giovane Italia di Mazzini.
Salvotti, come ogni persona nata nel territorio del Lombardo-Veneto in quel periodo storico, era un suddito dell’impero asburgico. La sua preparazione giuridica, e la sua lealtà verso lo Stato erano stati elementi determinanti per la sua carriera. I documenti dei processi provano, secondo la Garavini, che il suo comportamento, oltre che retto e abile dal punto di vista inquisitoriale, era anche profondamente umano; che molte delle sentenze di colpevolezza da lui ottenute, erano poi mitigate dalle sue richieste di clemenza (molto spesso accettate) all’Imperatore.
Eppure Salvotti, come altri italiani del Lombrado-Veneto inseriti positivamente nell’amministrazione asburgica, venivano dipinti, nei memoriali dei principali protagonisti dell’indipendenza e dell’unità d’Italia, come tigri assetate di sangue, perfidi inquisitori smaniosi di punire l’anelito di libertà, nemici dell’ansia di indipendenza del popolo.
La Garavini approfondisce i contenuti di questi libelli diffamatori dimostrando come molte delle affermazioni in esse contenute fossero false. Una per tutte, era decisamente falso il principio che la popolazione del Lombardo-Veneto fosse ansiosa di liberarsi del governo austriaco; anzi, esso era considerato un governo ottimo, certamente migliore del governo piemontese, basato sul potere di una nobiltà contadina e di infima cultura.
Anche le stesse Mie prigioni di Silvio Pellico, uno degli inquisiti da Salvotti e poi condannati, che descrivono la sofferenza dell’uomo nell’oppressivo carcere austriaco dello Spielberg, da una parte non fanno un minimo riferimento alle vicende processuali (l’operato del Salvotti, al quale Silvio Pellico, come molti altri inquisiti, dimostrò ripetutamente riconoscenza per il comportamento umano, viene del tutto ignorato), dall’altra amplificano, a torto, il supposto orrore di un carcere che la documentazione storica ha dimostrato essere invece straordinariamente umano, dove le celle assomigliavano molto più a camere d’albergo che a luoghi di pena. Ben diversa, ad esempio era la situazione, nelle carceri piemontesi.

Tutti questi aspetti, che invitano a un approfondimento e a un ripensamento di un periodo cruciale della storia italiana, sono certamente un aspetto positivo del libro, e una fonte di interesse per tutti coloro che hanno a cuore la conoscenza del Risorgimento e del processo attraverso il quale si è compiuta l’indipendenza e l’unità d’Italia. Quello che invece, secondo me, manca al libro, è proprio la struttura del romanzo. Non vi è una vera invenzione. La Garavini, si sofferma su dettagli che riguardano la vita e l’opera, almeno in parte, di numerosissimi personaggi: sia in qualità di funzionari asburgici e inquirenti nei processi, come il Salvotti, Paride Zaiotti, Antonio Mazzetti, etc. sia in qualità di inquisiti o dalla parte degli inquisiti, come Silvio Pellico, Piero Maroncelli, Felice Foresti, Alexandre Andryane, Pietro Giordani, Vincenzo Monti, il conte Federico Confalonieri, il conte Luigi Porro editore del Conciliatore, e molti altri.
Molte di questa descrizioni appaiono spesso avere più il sapore del gossip che quello di fornire utili informazioni per la comprensione del punto di vista della scrittrice sul risorgimento italiano. Per esempio, basti pensare allo spazio dedicato ai problemi amatori prima e coniugali poi di Salvotti nei confronti di Anna Fratnich (Nanni), alla dettagliata descrizione della sua malattia terminata con la morte, oppure all’amore di Zaiotti per Costanza Monti e alla discussione se egli abbia o no tradito la moglie Cattina, etc. Anche le descrizioni dell’aspetto fisico di vari personaggi o del loro abbigliamento abbondano, senza per questo aumentare l’interesse nei confronti del libro che, a parte il lato storico, alla fine finisce di annoiare alla lettura.
In conclusione il libro, che comunque ha raggiunto la finale al premio Viareggio 2008, vinto da L’inizio è in autunno di Francesca Sanvitale, non mi per nulla è piaciuto.

4 Commenti a “IN NOME DELL’IMPERATORE, di Fausta Garavini”

  1. arnaldo di benedetto scrive:

    Ho trovato il libro molto interessante, e valido sia sotto il rispetto artistico sia sotto quello storico. Salvotti è un personaggio, ed è giusto e ovvio che si parli anche della sua morte e delle sue vicende sentimentali. Lo stesso vale per Paride Zaiotti. Le loro storie personali non si esauriscono nei ruoli giudiziari e politici.
    È inoltre del tutto positivo, aldilà dei pregi artistici del libro, che si parli anche di quegli italiani i quali, senza rinunciare alla loro identità, compirono altre scelte. A questa famiglia appartiene anche l’ottimo G. B. Bolza.
    Arnaldo Di Benedetto

  2. Rudy scrive:

    Grazie per il commento. L’aspetto più positivo del libro, secondo me, è la rivalutazione del governo austriaco nel Lombardo-veneto, e giustamente, come dici, la rivalutazioni di personaggi che, pur avendo un nome italiano, hanno creduto giusto servire quella che essi consideravano la loro patria, cioè l’Impero. E l’hanno servita da persone equilibrate, senza le crudeltà che i cosiddetti patrioti attribuivano loro.
    Mi sono sempre chiesto quale sarebbe stato il destino dell’Italia, se invece della unificazione sotto i Savoia, si fosse perseguita l’unificazione sotto l’impero asburgico. Io penso molto migliore.
    Ciao.
    Rudy

  3. piero scrive:

    Possibile che non si possano evitare errori come “1960″, data dell’unità di Italia, e “Rinascimento” in luogo dell’atteso “Risorgimento”? Chi legge e cerca indicazioni sul contenuto del libro potrebbe nutrire dubbi sulla competenza del recensore. Cordialmente.

  4. Rudy scrive:

    Hai perfettamente ragione. Due errori gravissimi dovuti a distrazione. Provvederò a correggerli. Grazie della segnalazione.

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