DIEGO E FRIDA, di Jean-Marie Le Clézio
Si tratta della biografia congiunta di due grandi pittori messicani, legati da un profondo amore che è durato dal loro secondo incontro, 1923, fino alla fine della loro vita.
La biografia, scritta da Le Clézio, non è da intendersi in senso cronologico, ma esplora soprattutto i loro sentimenti più profondi: quelli che riguardano il loro legame, quelli che riguardano la loro convinzione politica e quelli alla base delle loro scelte pittoriche.
Ciò che viene sottolineato fin dall’inizio, e che sarà una costante del libro, è la stranezza di un legame fra due persone lontanissime e contrastanti sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista delle motivazioni alla base del loro legame, delle convinzioni politiche, dell’indirizzo artistico. «In fondo – dice Le Clézio – la cosa straordinaria di tutta la caotica esistenza della coppia Diego-Frida è che era difficile riunire due esseri più dissimili. Tutti e due sono creatori, e tutti e due sono rivoluzionari, ma la loro creazione e la loro rivoluzione sono diametralmente opposte, e diametralmente opposte le loro idee sull’amore, sulla ricerca della felicità, sulla vita stessa».
Diego Rivera è un uomo grande e grosso, brutto, ma con occhi dolcissimi, e mani piccole e tenere. È uno dei fondatori della pittura murale. Le sue convinzioni politiche sono rivolte alla riabilitazione del mondo della povera gente: degli operai dai quali si aspetta l’impulso rivoluzionario, ma anche dei contadini, e in particolare in Messico, dei discendenti delle antiche popolazioni precolombiane, quelli che hanno fatto la rivoluzione del 1910. La sua pittura esprime tutto ciò in grandi affreschi murali. Le sue convinzioni lo avvicinano al Partito Comunista Messicano. Ben presto tuttavia si rende conto che nel partito domina una forte limitazione della libertà soprattutto in merito alle scelte dell’espressione artistica (un suo viaggio in Russia è stata fonte di profonda delusione). Ciò lo mette in contrasto con l’organizzazione e alla fine se ne allontana.
Da allora la sua linea politica non è più legata ad un partito o a un personaggio: giudica ciò che gli sembra giusto, con la propria testa, senza timore di scontrarsi anche con personaggi dotati di grande influenza, come ad esempio Trotskij, del quale per un certo periodo è stato amico, ma col quale poi si è trovato in duro contrasto su questioni, appunto, politiche.
Solo alla fine della vita sente la necessità di riavvicinarsi al Partito Comunista.
Il suo carattere è forte, entusiasta, pieno di energia creativa. La sua presenza ha un effetto trascinante sulle persone. Quando si dedica alla costruzione di un murale lo fa con impegno assoluto. Sceglie il tema, magari concordandolo con i committenti, ma poi la realizzazione è solo sua e non accetta compromessi. I temi dei suoi murales riguardano la società dei più poveri, dei proletari, sono inviti alla rivoluzione, al rovesciamento del sistema borghesi. Lavora e dipinge in Messico, in edifici pubblici, ma anche negli Stati Uniti: San Francisco, Detroit alla Ford, e New York al centro di Rockfeller. In America i suoi murales sono criticatissimi dai vari establishment politici e religiosi, vengono giudicati sovversivi, e anche blasfemi. Rockfeller alla fine farà distruggere il suo.
La convinzione di Diego è che la rivoluzione deve essere fatta con l’arte, ed egli si considera un rivoluzionario a tutti gli effetti, anche quando accetta commissioni da personaggi, come Rockfeller, che sono l’emblema dell’imperialismo più soffocante.
Cionostante la sua fama si diffonde: conosce e diventa amico di tanti altri pittori celebri, e ovunque viene accolto con grande rispetto, spesso con affetto.
Dal punto di vista sessuale Diego è uno schiacciasassi. Non può fare a mano del corpo della donna: di qualsiasi donna. Il corpo della donna, le sue rotondità entrano con forza nelle sue pitture. Nonostante si sia sposato più di una volta, passa sopra al concetto di tradimento, e anche in questo campo inneggia alla libertà. Questo suo atteggiamento sarà causa di un grandissimo dolore per quella che è stata la donna della sua vita, Frida Kahlo.
Frida Kahlo è esattamente l’opposto di Diego. Fisicamente è una donna minuta, fragile. Fin dalla più giovane età ha lamentato problemi di salute, fra cui la poliomielite. A colpire ancora di più il suo fisico sarà un grave incidente stradale, a seguito del quale dovrà subire numerosi interventi chirurgici che la lasceranno in parte menomata.
Il suo carattere rispecchia un po’ il suo fisico. È determinata nelle cose in cui crede, ma spesso si trova ad essere isolata e a vivere nella solitudine. La sua più grande devozione è l’amore per Diego. Si tratta di un amore totale, che assorbe tutte le sue energie, per quanto deboli possano essere. Ideologicamente le sue idee non coincidono con quelle di Diego. Come lui, anche Frida sente un grande bisogno di ricuperare gli aspetti storici (ma ancora attuali nelle campagne) della civiltà precolombiana: l’abbigliamento, gli idoli, le festività. Ma dal punto di vista politico non esprime una volontà personale determinata, e tende ad accettare le peregrinazioni del marito, anche se non se ne sente coinvolta fino in fondo. Anzi. A volte si trova con lui in contrasto, come quando egli a New York decide di accettare la commissione di Rockfeller.
Accanto all’amore totalizzante per Diego, la caratteristica principale del personaggio è il dolore. Frida è una persona che ha subito pesanti colpi dalla sorte: oltre ai due principali problemi di salute che l’hanno tormentata, il dolore più continuo e più opprimente è legato al tormento che le provoca il suo amore per Diego. Diego è dolce, la circonda di un amore tenero, ma troppo spesso se ne allontana; se non fisicamente, almeno come attenzione, come vicinanza affettiva. Quando egli è in preda al furore creativo e rivoluzionario, Frida si sente sola, persa, abbandonata. Si annoia mortalmente. Nei loro viaggi in America, Frida impara a odiare i gringos e Gringolandia, come la chiama, che le appare un mondo grigio, privo di interesse. Gli americani le si dimostrano arroganti, avidi, privi di fantasia.
Un dolore particolarmente intenso le deriva dal fatto che non può avere figli. Un paio di tentativi sono finiti male, lasciandola fortemente indebolita nel fisico e nel morale.
La carica emotiva di lui e la dolorosa tristezza di lei, anche se hanno potuto convivere per molti anni grazie all’amore, alla fine finiscono per spezzarne il rapporto. Diego la tradisce con la sorella Cristina, la preferita di Frida. Frida non soffre di gelosia ma non può tollerare questo doppio tradimento. La crisi esplode violenta, e Diego la abbandona e vuole il divorzio. Il dolore avvolge Frida completamente. Ne è testimone la sua pittura, alla quale si dedica particolarmente in quei momenti.
Il divorzio vi sarà, ma dopo qualche anno i due si risposeranno ancora. L’amore di Frida per Diego è assoluto; Diego si rende conto di non poter vivere senza Frida.
Tutta la pittura di Frida, a differenza di quella epica e rivoluzionaria di Diego, è volta all’esplorazione della propria intimità. Numerosi sono gli autoritratti, dove occupano un posto privilegiato i simboli e le forme del mondo precolombiano; ma dove il suo dolore, il principale compagno della sua vita che le lega indissolubilmente a Diego, vi compare nelle forme più feroci: ne sono esempio le due Fride, un autoritratto doppio in cui le due Fride si tengono per mano, mentre il loro cuore è esposto e messo in comunicazione da una lunga vena; oppure il suo corpo nudo sul letto insanguinato da numerosi colpi di pugnale (le ferite che ricve dal comportamento di Diego), o un autoritratto dove un feto (quello mai nato) è il protagonista, oppure ancora l’ultimo autoritratto, quello più drammatico, in cui il volto appare completamente inespressivo avvolto da lunghi capelli.
Frida morirà a 43 anni, dopo un lungo periodo di tormenti sia sentimentali che fisici. La sua morte sarà pianta, oltre che da Diego, da tanti amici e persone che l’ammiravano e l’amavano. Di lei rimarrà la “Casa blu”, la sua casa di famiglia che ella, dopo la morte della madre, aveva fatto dipingere di quel colore, il colore della case Maya. In quella casa vengono conservati tutti gli oggetti d’antiquariato che ella aveva raccolto del mondo precolombiano, e molti suoi quadri.Diego morirà tre anni e quattro mesi dopo.
Il libro, come tutti i libri di Le Clézio scritti negli ultimi decenni, ritorna a mettere in primo piano quella che nella motivazione del Premio Nobel viene definita esplorazione di «un’umanità oltre e sotto la civiltà dominante». E non c’è dubbio che tale sia la civiltà nella quale operano Diego e Frida, come pittori ma anche come persone coinvolte nelle vicende politiche del proprio paese: non a caso il libro apre con un prologo dedicato alla rivoluzione messicana del 5 ottobre 1910, guidata Francisco Madero, e comandata da Pacho Villa e Emiliano Zapata alla testa delle masse contadine. Le Clézio definisce quella rivoluzione la «prima rivoluzione sociale, che annuncia quella russa e che segna l’inizio dei tempi moderni». «La storia di Diego e Frida, – conclude lo scrittore – questa storia d’amore inscindibile dalla fede nella rivoluzione, è ancor oggi viva perché si mescola alla luce particolare del Messico, al rumore della vita quotidiana, all’odore delle strade e dei mercati, alla bellezza dei bambini nelle strade polverose; a quella sorta di languidezza nostalgica che indugia al crepuscolo sugli antichi monumenti e sugli alberi più vecchi del modo».