IDI DI MARZO, di Valerio Massimo Manfredi
I fatti di fantasia, e cioè il tono e le discussioni fra i congiurati, i sospetti di Cesare e dei suoi amici, le indagini per scoprire l’esistenza della congiura, le corse attraverso la penisola per giungere in tempo per avvertire Cesare, le contromosse dei congiurati, etc. si aggiungono ai fatti storici per cercare di dare al loro svolgimento una patina di realismo.
In realtà il libro non raggiunge la dignità del romanzo storico, almeno come a me sembra che dovrebbe essere per offrire al lettore l’interesse che ci si propone.
L’aspetto che dovrebbe essere alla base del romanzo storico è l’invenzione, la creazione di un mondo nel quale personaggi vivi e vitali agiscono, manifestando i propri problemi, vivendo le loro tragedie o le loro felicità; svelano la loro psicologia nei fatti, nei dialoghi, nei discorsi; affrontano le avversità, esprimono sentimenti di amicizia o di odio a seconda delle vicissitudini. E questo dovrebbe essere vero per i personaggi di fantasia come per gli stessi personaggi storici, che nel romanzo dovrebbero acquistare una dimensione loro con una psicologia che, se non completamente inventata, dovrebbe essere comunque in gran parte frutto di fantasia,
Dico dovrebbe. Cioè un romanzo storico, per essere romanzo deve averne le caratteristiche di invenzione. I fatti storici dovrebbero essere l’ambiente in cui i fatti e i personaggi di fantasia, o anche gli stessi personaggi storici dotati tuttavia di una personalità loro e non prefabbricata, agiscono.
In questo romanzo mi sembra che l’invenzione come motore degli eventi manchi. I personaggi storici sono personaggi più da libro di testo di storia che da romanzo. Non hanno una loro personalità definita, non sono vivi e vitali. Sono solo i protagonisti di eventi storici ben noti, che sono al centro del romanzo e che si sa dal primo momento che dovranno accadere; sono persone polverose, morte da secoli che si immaginano rivivere per ricostruire il fatto. E questa caratteristica contamina anche i personaggi di fantasia, che hanno vita solo in funzione del fatto storico che è l’aspettativa scontata principale del libro. Anche le loro peripezie, più che eventi naturali che accadono, e possono accadere a tutti (verosimiglianza), sono costruite, e direi anche in modo rozzo, solo in funzione di cercare di creare un’atmosfera realista a ciò che è stato reale, sì, secoli fa, ma che nel romanzo, proprio perché troppo vincolato al reale, finisce per perdere il realismo necessario e diventa soltanto uno sforzo ricostruttivo, fra altro mediocremente riuscito.
Ho un altro romanzo storico di Manfredi, L’armata perduta, che ha come ambiente la spedizione in Persia di Senofonte e i suoi mercenari, quella raccontata nell’Anabasi. Lo leggerò. Spero di non subire un’altra delusione, come per me lo è stata la lettura di Idi di marzo.
2 gennaio 2009 alle 02:08
Condivido pienamente il commento.
Dello stesso autore ho letto quasi tutto ed in effetti questo ultimo lavoro è stato deludente.
Anche “L’armata perduta” non è tra i migliori romanzi di Manfredi, ma – pur basandosi su fatti storici – ha un contenuto romanzato più accentuato.
Dell’Autore, consiglio di leggere: “L’oracolo” o “Chimaira”.
2 gennaio 2009 alle 13:00
Grazie per il commento e per il consiglio.
Rudy