Nucleare e referendum

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Il governo ha deciso che in Italia si faranno almeno 4 centrali nucleari sul territorio nazionale. Secondo gli esponenti del governo questa centrali dovranno entrare in funzione fra il 2018 e il 2020. Vengono considerate centrali nucleari di terza generazione.

 

Nei giornali non  è riportato quanta sarà l’energie che queste centrali saranno in grado di produrre e soprattutto quale percentuale del fabbisogno energetico italiano esse saranno in grado di coprire. Certamente credo che non sia prevedibile neppure quale sarà il fabbisogno energetico italiano nel 2020.

La decisione di costruire le nuove centrali nucleari è arrivata dopo un vertice italia-Francia e un accordo, del cui contenuto non si conosce un granché, se non che la Francia fornirà il know-how.

Costruire centrali nucleari, a questo punto, pur con i rischi annessi e connessi anche se si tratta di centrali di terza generazione, sembrerebbe una decisione giusta. È assurdo impedire la costruzione di centrali su nostro suolo quando tutti o quasi i paesi con i quali confiniamo hanno centrali nucleari a distanza non grandissima dai nostri confini.

Dal punto di vista economico ne trarremo dei vantaggi? Ci sarà una diminuzione del costo dell’energia? A queste domande mi sembra difficile dare una risposta.

 

Quello che invece c’è da rilevare è la solita malafede del nostro inossidabile conducator che, nel dare l’annunzio dell’avvenuto accordo con la Francia, non esita ad affermare : «Eravamo protagonisti del nucleare negli anni ’70, poi per il fanatismo ideologico di una parte politica abbiamo interrotto la costruzione di due centrali che erano vicine ad essere completate.»

Naturalmente si guarda bene dal dire che l’interruzione del programma nucleare è legata ai risultati di tre referendum avvenuti nel 1987.

In quei referendum votò il 65,1% degli aventi diritto. Contando una percentuale di schede bianche o nulle del 12,4-13,4%, espresse un voto reale più del 50% degli aventi diritto al voto.

 

I tre referendum:

N° 1: Veniva chiesta l’abolizione dell’intervento statale nel caso in cui un Comune non avesse concesso un sito per l’apertura di una centrale nucleare nel suo territorio. I SÌ vinsero con l’80,6%.

N°2: Veniva chiesta l’abrogazione di contributi statali per gli enti locali per la presenza sul loro territorio di centrali nucleari. I SÌ s’imposero con il 79,7%.

N° 3: Veniva chiesta l’abrogazione della possibilità per l’Enel di partecipare all’estero alla costruzione di centrali nucleari. I SÌ ottennero il 71,9%.

 

A seguito di una manifesta volontà della maggioranza in senso antinucleare (perché così andavano correttamente, anche se non letteralmente, interpretati i risultati), anche in assenza di una esplicita indicazione, venne sospeso il programma di produzione di energia elettrica mediante l’utilizzazione di centrali nucleari sul territorio nazionale. Fu un errore? Non credo che sia legittimo affermarlo. Allora il livello di paura del rischio di incidenti era alto. Solo un anno prima si era verificato il disastro di Cernobyl (26 aprile 1986); la guerra fredda teneva il mondo sotto il rischio di una guerra nucleare; insomma c’erano molte motivazioni per convincere la popolazione a dichiararsi contro l’espansione di un programma considerato ad alto rischio per l’incolumità pubblica.

 

Comunque in una sola dichiarazione, come è sua abitudine fare, il nostro duce dice due grosse menzogne:

La prima: non è vero fu interrotta la costruzione o fu impedito il completamento di centrali nucleari. Di quattro centrali previste dal piano tre erano già completate e in funzione. In particolare quella di Latina, fu fermata nel 1986; quella di Trino Vercellese, fu fermata nel 1987; quella di Caorso fu fermata nel 1988, tutte e tre in seguito al risultato del referendum. Quella di Garigliano, fu fermata per problemi tecnici nel 1978. In tutte e quattro le centrali nucleari sono presenti scorie radioattive da smaltire.

La seconda: quello che è stato l’esito di un referendum in cui oltre il 50% degli aventi diritto al voto si sono espressi contro l’uso del nucleare viene definito “fanatismo ideologico di una parte politica”. Come menzogna non è male, no? Alla faccia della democrazia!!!

 

Ma che i referendum diano fastidio all’inossidabile caudillo lo vediamo in questi giorni: In giugno di quest’anno si devono affrontare le elezioni europee e in diverse località le elezioni amministrative; c’è anche un referendum sulla legge elettorale da affrontare: quel referendum dai tre quesiti che si sarebbe dovuto affrontare nel giugno del 2008 e che si è dovuto rinviare al 2009 a causa dello scioglimento anticipato delle camere e delle elezioni politiche anticipate.

Il referendum, ovviamente, non si può evitare, ma, volendo, si può scongiurare facendo in modo che il quorum dei votanti sia inferiore al 50%. E questo obiettivo lo si può ottenere evitando che il referendum venga tenuto lo stesso giorno delle elezioni europee e amministrative, e rinviandolo alla domenica successiva. E così il governo è intenzionato a fare.

Sempre alla faccia della democrazia!!!

 

Il referendum abrogativo su alcune norme della legge elettorale in vigore (legge che lo stesso firmatario Calderoli ha definito “porcellum”) riguarda tre quesiti: il primo quesito riguarda il premio di maggioranza per la lista più votata alla Camera; il secondo, il premio di maggioranza per la lista più votata al Senato; il terzo, l’abrogazione delle candidature multiple.

Col I° e II° quesito si propone l’abrogazione del collegamento fra le liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza alla coalizioni di liste. La conseguenza è che il premio di maggioranza verrebbe attribuito alla lista singola (e non più alla coalizioni di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi. Sia alla camera, sia al Senato.

Col III° quesito si propone la abrogazione delle candidature multiple e quindi la cooptazione oligarchica della classe politica.

 

Naturalmente i referendum (in quanto abrogativi, secondo la Costituzione) non possono interferire con il fatto che l’attuale legge elettorale non prevede che l’elettore possa esprimere un voto di preferenza sui candidati da eleggere, e quindi rimarrebbe il vigore l’attuale sistema che affida alle segreterie la compilazione delle liste e quindi l’elezione dei singoli deputati.

 

Il referendum nel caso venisse effettuato con esito positivo, potrebbe finalmente portare alla luce le pesanti critiche che la maggioranza degli italiani, in un modo o nell’altro, esprime nei confronti di una classe politica immutabile e spesso corrotta.

È evidente che tutti i partiti, maggioranza e opposizione, non vedono con favore un referendum che metterebbe in discussione il potere di alcuni oligarchi. Vedremo se i promotori del referendum riusciranno a impedire un rinvio che viene fatto al solo scopo di diminuire l’affluenza al voto, e che verrebbe a costare al contribuente (in questo momento di crisi) la bellezza di 400 milioni di euro!!!

4 Commenti a “Nucleare e referendum”

  1. Sara scrive:

    Io non credo che nessun esperto sia andato da Berlusconi a screditare l’energia nucleare e promuovere le energie rinnovabili.. escluderei dunque l’ipotesi dell’ignoranza in materia (anche se, volendo intendere l’ignoranza in senso lato, il premier disse che l’energia nucleare consisteva nella divisione delle molecole). Non riesco ancora a capire a fondo quale arcano e immorale interesse può esserci sotto.

  2. Rudy scrive:

    Credo che tu non sia l’unica a non capirlo. Chi sia Berlusconi, invece, lo sappiamo tutti.
    Ciao e grazie per il commento.

  3. Francesco scrive:

    Mi occupai a suo tempo di studiare le norme di sicurezza “dichiarate” per Caorso. Sgombero in 12 ore in caso di incidente grave di popolazioni nel raggio di 15 0 18 miglia (vado a memoria ) comunque comprendente le città di Piacenza, Cremona oltre ai popolosi centri della zona. Almeno mezzo milione di persone. Venne invece fatta una esercitazione su un raggio di 500 metri, comprendente un cascinale abitato da una decina di persone.
    Caorso era da fermare per motivi tecnici, non funzionò mai a regime e non produsse nemmeno l’energia elettrica che fu necessaria per costruirla. Siccome si chiama anche Arturo oppure “Enrico Fermi” (abbreviato: E. Fermi) correva il detto:
    “Come sta Arturo? E’ Fermo.”

  4. Rudy scrive:

    Grazie per il commento.

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