ALMENO IL CAPPELLO, di Andrea Vitali

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Dopo la poco fortunata escursione nel romanzo giallo, Dopo lunga e penosa malattia, Andrea Vitali torna, come nel caso della Modista, alle storie più tranquille della gente del suo paese sulle rive del Lario, Bellano. In questo libro non c’è una vera e propria trama, ovvero che ne sono diverse. Al centro c’è la piccola fanfara di Bellano, che un ragioniere, Onorato Geminazzi, appassionato musicista e cornetta (prima? No, forse seconda) nella prestigiosa banda di Loveno, dopo essere stato assunto come contabile all’ospedale di Bellano, decide di trasformare a sua volta in una vera e propria banda e fondare il Corpo Musicale Bellanese.

Naturalmente le vicende che accompagnano la nascita del Corpo Musicale sono tutt’altro che semplici. Siamo a primordi del regime fascista. A Bellano comanda il Podestà Parpaiola, persona fascisticamente e stupidamente autoritaria, ma con pochi soldi nella cassa del comune; lo coadiuva un segretario comunale viscido come tutti i burocrati, grandi e piccoli, e sempre pronto a creare difficoltà agli altri e a mettere in luce se stesso. Il potere del Podestà, come è giusto nel clima del 1929, l’anno del plebiscito e dei patti lateranensi, è condiviso-contrastato dal potere del segretario locale del Partito, Attilio Bongioanni.

Le vicende narrate cominciano quando Zaccaria Vergottini, cornetta e capo della scalcinata fanfaretta di Bellano decide, a imitazione di ciò che avviene negli altri paesi rivieraschi, di suonare qualche marcetta all’arrivo del battello, per dare il benvenuto ai turisti. L’arrivo di Geminazzi sconvolge i piani. Il ragioniere giudica indegnamente scadenti le prestazioni della fanfaretta, e si incarica di dotare il paese di una vera banda, cercando di coinvolgere il podestà, il segretario del partito, e tutte le autorità che riesce ad avvicinare. Nel paese questa diventa una novità importante che sembra coinvolgere la gente, e quindi partito e amministrazione comunale.

Ma l’avventura è tutt’altro che pacifica. Vitali tiene desta la nostra attenzione con colpi di scena piccoli e grandi che si susseguono e che, se non una vera e propria suspense, suscitano nel lettore interesse e curiosità, nello stesso tempo che lo aiutano a conoscere l’ambiente paesano e i cittadini che lo popolano.

Dapprima il povero Geminazzi, persona molto seria, che interpreta con altrettanta serietà sia il lavoro di ragioniere presso l’ospedale, sia il compito di costituire il Corpo Musicale, padre di una numerosa schiera di figli, viene accusato di reati relativi al fallimento della ditta nella quale in precedenza era stato contabile. Naturalmente, verrà scagionato, e addirittura riabilitato, ma tutta la vicenda offre allo scrittore il pretesto per raccontare le incongruenze, gli egoismi, la cecità umana di una giustizia preda di un apparato governato in modo burocratico, stupido e di nessuna cultura.

Il lavoro per la costruzione del Corpo Musicale potrà procedere, ma subito altri intoppi sorgeranno, e saranno i temi di piccole trame che daranno vivacità al racconto.

Il suonatore di bombardino, Evelindo (o Lindo) Nasazzi, considerato molto bravo, rimasto vedovo da poco, cerca una nuova moglie. La sua scelta cade su una giovane, robusta e sana ragazza di campagna, Noemi. Ma il suo sogno di trovare una moglie che, come la precedente gli facesse da serva, si scontra contro una persona niente affatto docile, dotata di forza fisica come ogni brava contadina abituata a lavorare la terra, e che con qualche sganassone, fa subito capire al marito che comanda in casa. Non solo: l’autoritaria Noemi vieta al marito di tornare a casa la sera ubriaco; anzi gli vieta di bere del tutto, convince il suo datore di lavoro a versare a lei, anziché al marito, la quindicina e gli controlla la vita in modo che il povero Nasazzi finisce di trovare difficoltà a partecipare alla costruzione del famoso Corpo Musicale.

Altre piccole trame riguardano le vicende di Armellina Banchieri, prosperosa e tettutissima fanciulla, che tutti gli uomini concupiscono, ma che si difende cercando un uomo vero che la ami per quello che è e non solo per le sue tette. Armellina ha avuto un’infanzia difficile, è cresciuta in orfanotrofio presso le suore Misericordine, e poi a Milano ha fatto da donna di servizio presso famiglie facoltose. Un seduttore gli ha fatto partorire un figlio che la fanciulla è stata costretta a mettere in orfanotrofio.  La sua avvenenza farà sorgere una storia d’amore col segretario del partito Bongioanni che si concluderà con un matrimonio e l’adozione del figlio.

Altri problemi, nel corso della creazione del Corpo  Musicale, impegneranno il Geminazzi, e arricchiranno la storia, come l’ampliamento dell’organico dei suonatori, l’acquisto di strumenti musicali, la ricercz di una sede idonea, le divise da indossare nelle manifestazioni,  e tanti altri che Vitali sfrutterà per piccoli o grandi colpi di scena.

Sotto gli occhi del lettore passano personaggi vivi, forse un po’ caricaturali, ma tutto sommato simpatici e guardati dallo scrittore con indulgenza e affetto: oltre ai personaggi principali, si muovono sulla scena Giacinto Varechini il proprietario della fabbrica dell’amaro Monte Grona presso cui lavorava il Geminazzi, fallita perché il proprietario fa il passo più lungo della gamba, Vereconda Ortalli, la sua innamoratissima segretaria che metterà nei guai proprio Geminazzi, Estenuata la moglie che metterà alla luce altri due gemelli, oltre al battaglione di figli già presenti, i marescialli dei carabinieri Giunti e Bovolè che cercheranno di scaricarsi reciprocamente le responsabilità, sbandierando il motto che il loro dovere è l’obbedienza, il socialista ateo figlio di socialisti Guzzìn primo clarino, innamorato deluso dell’Armellina, il segretario comunale Fainetti, il classico burocrate leccaculo che cercherà, stupidamente, di trarre profitto dalle situazioni che gli si presentano, il Malcelati, direttore sanitario dell’ospedale, persona viscida e anch’essa, come Fainetti, stupida, il parroco, la perpetua e tanti altri personaggi minori.

Tutta questa umanità Vitali ce la fa conoscere nelle sue debolezze, nelle sue ingenue astuzie, nei suoi pettegolezzi, nella sua convinzioni, nella sua ricerca di vita, nelle sue emozioni: ma tutto in modo leggero, soffuso di sorridente ironia e direi anche di affetto, ma feroce nella sostanza contro la retorica e la burocrazia fascista, affidata nel romanzo soprattutto al podestà Parpaiola e al segretario comunale Fainetti, e a figure senza volto, burocrati di alto bordo, che fanno il bello e soprattutto il brutto tempo a Lecco e a Como.

Il linguaggio è quello tipico di Andrea Vitali: il racconto scorre piacevole, le descrizioni sono ridotte al minimo indispensabile. I dialoghi sono utilizzati per fare emergere i diversi caratteri, e danno un gustoso movimento alla narrazione.

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