L’AVVOCATO DEL DIAVOLO di James George Frazer.
Il libro è stato scritto nel 1909, ed ha avuto una seconda edizione nel 1913. Solo in questi anni, tuttavia il libro ha avuto diffusione in Italia, per mezzo delle edizioni Donzelli, nella traduzione di Cristiano Camporesi. Si può affermare che, nonostante esso sia stato scritto un secolo fa, mantiene una attualità importante. La superstizione, sia pure in forme e contenuti diversi da quelli descritti nel libro, interviene ancora con grande peso nella organizzazione della vita sociale contemporanea. Essa è certamente un elemento negativo nell’influenzare la cultura dei popoli, ma Frazer, nelle vesti dell’avvocato del diavolo, sostiene che, pur con tutta la carica di inciviltà che la superstizione rappresenta, essa ha svolto (e, credo che si possa dire, svolge tutt’ora) un ruolo per certi aspetti positivo.
Il libro si propone di dimostrare, in modo scientifico, quattro assunti che hanno a che fare con la storia dell’umanità e che definiscono l’importanza della superstizione nel valorizzare alcuni aspetti che comunemente sono considerati essere alla base di un ordinato vivere civile.
Il primo assunto è che la superstizione, in certi periodi della storia e presso alcune culture (“razze”, dice Frazer), rafforzando il rispetto del governo, abbia contribuito “allo stabilimento e al mantenimento dell’ordine sociale”.
Il secondo assunto è che la superstizione, sempre in alcuni periodi e presso alcune “razze”, rafforzando il rispetto per la proprietà privata, abbia contribuito “alla sicurezza del suo godimento.”
Il terzo assunto è che la superstizione, sempre in circostanze ben determinate, rafforzando il rispetto per il matrimonio, abbia contribuito a “un’osservanza più rigorosa delle regole della morale sessuale.”
Il quarto assunto è che la superstizione, nelle circostanze come sopra, rafforzando il rispetto per la vita umana, abbia grandemente “contribuito alla sicurezza e alla felicità.”
La dimostrazione di questi assunti si avvale soprattutto di studi antropologici e sociologici effettuati in comunità selvagge, studiate in epoca coloniale da scienziati, e da missionari delle varie fedi religiose, soprattutto cristiane. Il libro ci mette a contatto con le regole di convivenza di una grandissima varietà di popoli: dagli indios dell’America latina, alle tribù dell’Africa sub sahariana, alle tribù che hanno popolato (e ancora popolano) le isole e gli arcipelaghi dell’oceano Pacifico, ai Maori della Nuova Zelanda, agli aborigeni dell’Australia (considerati la più primitiva delle società giunte all’osservazione degli studiosi europei e occidentali), etc., comprendendo anche le tribù che hanno popolati le terre dell’Asia sud-orientale, come l’Indonesia, l’Indocina, etc.
Nel primo di questi assunti, quello che rappresenta l’elemento trainante è la considerazione del monarca come personaggio che detiene un potere divino. Questa sua caratteristica impone ai sudditi una forma di obbedienza che si confonde con l’adorazione. Esempi di questo genere sono rintracciabili fra i popoli che abitano le terre colonizzate dagli Europei, ma sono rintracciabili anche nella storia dell’umanità ai suoi primordi, come per esempio, nell’Antico Egitto, dove il re, il Faraone era considerato a sua volta Dio, sotto la veste di Horus, il dio dalla testa di falco. Sulla base di questa forma di superstizione si organizza una società configurata dagli storici come il primo esempio di civiltà della storia (occidentale).
Nel secondo assunto l’elemento trainante è il tabu. La proprietà privata, presso molte popolazioni, è protetta da un tabu, ottenuto con varie ritualità. La violazione del tabu provocherebbe l’ira degli dei, e quindi una severa punizione di colui che l’ha violata. Nel mondo antico, come per esempio nel mondo greco-romano, la protezione della proprietà era affidata agli Dei, ed esisteva un dio specifico per la protezione dei confini, che garantiva la inviolabilità della proprietà terriera.
Nel terzo assunto, le regole fondamentali riguardano soprattutto l’incesto e l’adulterio, interpretate come situazioni altamente immorali, tali da provocare non solo una esemplare punizione del o dei colpevoli, ma addirittura di provocare sciagure per la comunità nel suo insieme in assenza della giusta riparazione. Per questo i colpevoli di incesto o di adulterio vengono ricercati, perseguiti, e puniti, spesso in modo atroce, con la morte e altre sofferenze. Per evitare l’incesto, pratica frequentemente praticata anche in modo istintivo presso comunità primitive, le diverse società condividono regole e precauzioni a volte anche complicate, soprattutto al fine di eluderne la tentazione. È noto come l’incesto sia una pratica nociva per la comunità perché potrebbe dar luogo a discendenze minate da patologie ereditarie, e, finalmente, addirittura alla sterilità delle coppie delle generazioni successive.
Analoga attenzione viene posta per evitare l’adulterio, pratica nociva per la società in quanto possibile causa di prole di paternità incerta o addirittura non riconosciuta dal padre ufficiale, con possibile futura disgregazione del valore della famiglia come portante cellula costitutiva della società.
Il quarto assunto trova la sua chiave di lettura nella credenza dell’immortalità dell’anima, e quindi dell’esistenza di una forma di sopravvivenza dopo la morte. Frazer, pur come avvocato del diavolo che cerca di dimostrare che la superstizione, pratica barbara e condannabile, nella storia ha espresso anche funzioni positive, contribuendo a stabilizzare l’ordine sociale, sottolinea come quest’ultimo tipo di superstizione sia forse la più disastrosa delle credenze, avendo avuto un ruolo devastante nel rallentare il progresso economico e dunque sociale”. “Perché tale credenza – scrive Frazer – ha portato una razza dopo l’altra, una generazione dopo l’altra, a sacrificare le vere necessità dei vivi a quelle immaginarie dei morti”.
Pur tuttavia, anche questa superstizione è stata responsabile di aspetti positivi, quando si suppone che “agli uomini ripugni versare il sangue dei loro simili se credono che, così facendo, si espongono alla vendetta di uno spirito irato e potente.”
Frazer con questo e altri studi e libri scritti ha contribuito a gettare le fondamenta della scienza antropologia sociale. Il libro riporta quindi, alla fine, il testo della lezione che Frazer ha tenuto all’Università di Liverpool il 14 maggio 1908, e con la quale illustra i contenuti di questa nuova scienza.
Ho letto il libro spinto dalla curiosità di conoscere il “ruolo della superstizione nelle società umane”. Purtroppo il tenore della scrittura risponde più a logiche di tipo scientifico che a logiche divulgative. Quindi, mentre da una parte il linguaggio non sempre è direttamente comprensibile, dall’altra le dimostrazioni degli assunti si basano su elenchi abbastanza noiosi a leggersi e problematici a memorizzarsi di comportamenti in diverse tribù, con frequenti racconti aneddotici di situazioni reali, come descritte da studiosi che hanno frequentato le diverse comunità.