ANTEPRIMA GOGO NO EIKO, di Jacopo Feliciani
Il maestro Henze non può considerarsi novità a Spoleto. Già nel 1960 era nella famosa kermesse spoletina ne Il Principe di Homburg1 e di nuovo nel 1970 con El Cimarron2. Anche quest’anno, in anni tondi 2010 è impegnato nel melodramma Gogo no Eiko.
Le produzioni operistiche contemporanee, in genere, sono poco note sia al pubblico occasionale che ai melomani tradizionali. Andiamo subito a capire e in che dimensione saremmo proiettati tracciando una breve biografia del compositore, del drammaturgo e della trama.
Hans Werner Henze (Gutersloh Renania 1926) è un compositore tedesco contemporaneo allievo di Fortner e di Leibowitz. La sua formazione musicale dodecafonica3 gli permette di dotarsi di una completa tavolozza di generi e stili musicali, dalla tradizionale musica tonale al jazz, il contrappunto di Hindemit e i modelli di Webern.
- Già dalle sue prime composizioni (melodramma Boulevard Solitude) sviluppa il serialismo dodecafonico andando addirittura a superare le avanguardie e generando osservazioni e reazioni dei weberniani. Nell’eclettismo musicale crea un pastice di generi molto interessante sorretto dal suo virtuosismo tecnico. In questo suo primo melodramma deve essere indagata la situazione che tenta di illustrare per comprendere l’uso indiscriminato di generi che a prima vista sembra essere ridondante e sconsiderato. Non c’è un uso che fa del bagaglio tecnico fine a se stesso. In Boulevard Solitude viene presentato il dramma della metà del ’900, la difficoltà della comunicazione che diventa paura, tragedia, e dolore in linea con letteratura e cinema, descritta con una serie simbolica di gesti. Con questo si giustifica l’utilizzo dei molteplici generi musicali. Con il mondo tonale tradizionale descrive il vecchio mondo in decadenza, e con l’atonale l’aspirazione e la speranza di un cambiamento.
– Supera questa fase e si mette a comporre in maniera tradizionale König Hirsch (1956) non rinunciando comunque a trovate geniali armoniche e ritmiche. Henze cerca di mettere tutto il suo bagaglio tecnico e la sua creazione estetica a servizio della comunicazione con il pubblico. Lo realizza in maniera eccellente utilizzando la sua musica nelle “anticipazioni” di Carlo Gozzi, che tra mondi fantastici pone l’uomo e la sua “dimensione corporale” in una posizione privilegiata scavalcando l’aspetto panteistico, intervento divino, portando al centro della scena etica e estetica da una parte e identificazione storia e uomo dall’altra.
- Solo con la sua penultima opera Gogo no eiko ritorna al genere dei suoi vecchi maestri cosa che si ritroverà anche nel suo particolare Requiem. Gogo no eiko probabilmente è l’opera di Henze in cui si potrà assistere al tradizionale serialismo su modello specifico di Arnold Schönberg.
Gli stessi “argomenti” della prima opera tornano di scena insieme alla musica. L’ineluttabile destino individuale e sociale genera un vuoto che stritola gli individui nell’innesco dei suoi meccanismi perversi e inarrestabili.
Le radici di Gogo no Eiko si sviluppano dal 1990. Nel 1990 il maestro Henze aveva composto un melodramma in lingua tedesca Das verratene Meer [Lo sdegno del mare], che si rifaceva al racconto dello scrittore giapponese Yukio Mishima, ma alla Deutsche Oper di Berlino non ebbe troppi favori del pubblico. Nel 2002, Henze e il maestro Gerd Albrecht si misero all’opera per tradurre l’opera in lingua giapponese, operazione molto complessa che comportò venti minuti di musica in più. La prima fu eseguita a Tokyo nel 2003. Per l’ottantesimo compleanno di Henze scriverà altri 30 minuti di musica in più e sarà di nuovo eseguita a Salisburgo e a Berlino nel 2006 dall’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI sotto la bacchetta del maestro Gerd Albrecht e il 5 settembre 2006, in prima italiana in forma di concerto, all’auditorium RAI di Torino.
Hans-Ulrich Treichel (VestfaliaEst 1952) il poeta e librettista nato da immigrati dalla Prussia Orientale alla Germania dell’Ovest.
Nel 1972 a Berlino Ovest studia Filosofia germanistica e Politologia alla Freie Universität.
Nel 1977 è curatore e autore di un’antologia poetica: Stadtansichten. Gedichte Westberliner Autoren le cui poesie sono ricordate in quanto riflettono l’atmosfera tra gli studenti di Berlino in quegli anni.
Nel 1981/82 Treichel è Lettore di Tedesco all’Università di Salerno. Si laurea nel 1984 alla Freie Universität di Berlino presentando una tesi su Koeppen.
Nell’anno accademico (1984/85) Treichel è lettore di tedesco alla Normale di Pisa e comincia a scrivere i primi adattamenti per il teatro Heinrich Heine, Bertolt Brecht, Aus der Zeit des Schweigens, Neun Lieder für Arthur Rimbaud, Ein Oratorium con musica di J. Cotton, un libretto per un Melodramma di Hans Werner Henze: Drei Puppenspiele.
Dal 1985 al 1991 Treichel è assistente di Neuere Deutsche Literatur alla Freie Universität di Berlino.
Nel 1990 Treichel scrive il Libretto per il Melodramma dal titolo Das verratene Meer la cui prima è rappresentata il 5 Maggio del 1990 alla Deutsche Oper di Berlino riproponendosi ancora per il compositore Henze.
Yukio Mishima pseudonimo di Hiraoka Kimitake (Tokyo 1925–1970) scrittore e drammaturgo che ha ottenuto riconoscimenti piucchealtro fuori della terra natale.
Identificato come apolitico, avendo enorme risentimento per i politici contemporanei, idealista, schierato per il Patriottismo, affascinato dall’Imperatore, come ideale astratto del Giappone tradizionale. Scrittore di romanzi e testi specialmente tratti dal tradizionale Teatro giapponese.
Aveva trascorso un’infanzia molto travagliata per via della vigilanza della nonna paterna che lasciava il bimbo rinchiuso nella sua stanza e concedendo alla madre di vederlo solo per il tempo necessario all’allattamento.
All’età di 6 anni viene iscritto alla scuola dei “Pari”, nella quale i giovani studenti venivano indirizzati nella carriera militare. Ma Yukio in controtendenza comincerà a prendere parte all’attività del club letterario. Nel 1941 comincia a scrivere i suoi primi lavori di una certa importanza, nel suo tradizionale stile classico prendendo la strada per quello romantico e nel 1945 si inscriverà alla facoltà di giurisprudenza terminata la quale otterrà un posto come funzionario statale al Ministero delle Finanze. Nel 1948 diviene collaboratore della rivista Kindai Bungaku rivista di sinistra.
Nel 1949 pubblica Kamen no Kokuhaku (Confessioni di una maschera) ottenendo riconoscimenti della critica e successo.
Nel 1951 sarà negli Stati Uniti, in Brasile e in Europa come corrispondente di un’altra rivista, l’Asahi Shinbun. L’esperienza con la classicità della Grecia segnerà il nuovo corso per il culto del corpo. Inizierà dunque la pratica del culturismo e del Kendo.
Nel 1966 creerà un simbolico esercito privato dal nome -Tate no Kai “Società degli scudi”.
Il suo suicidio rituale, seppuku, fu ripreso dalle tv in diretta, lasciando come testamento l’ultima parte della tetralogia Il mare della fertilità e il biglietto con su scritto: “La vita umana è breve, ma io vorrei vivere per sempre”.
Trama:
Fusako, giovane vedova, bellissima è proprietaria di una boutique di moda occidentale in una città giapponese. Vive con il figlio, Noboru, il quale spia la sua intimità dalla fessura di una parete della stanza. La bella Fusaco incontra Ryuji, ufficiale di una nave. Sia Fusako che Noboru restano affascinati da Ryuji che diverrà per loro marito e patrigno. L’amore fisico tra Ryuji e Fusako e la decisione dell’ufficiale di lasciare il mare per essere più vicino alla moglie scatenerà la gelosia del figlio che insieme ai compagni di banda attireranno in luogo isolato, dove verrà addormentato e assassinato, presagiato alla fine del I atto dalla brutale uccisione di un gatto.
Henze anticipa temi molto attuali. Il mondo dei giovani in conflitto con quello degli adulti la cui freschezza generazionale si direziona sul piano della sfida piuttosto della proposizione di soluzioni, prospettive e novità, sulla scorta delle posizioni Freudiane. Assistiamo dunque ad una continuità nell’indagine che il subconscio probabilmente matura, rielabora e fa esplodere passando di generazione in generazione attraverso frammenti di DNA. Henze considera la giovinezza come una categoria dello spirito transitoria nell’adolescenza che è superata con la maturità e invita pertanto a giudicare con clemenza la violenza che essa riesce a scatenare.
Il Melodramma Gogo no eiko non può essere compreso a fondo senza richiamare il drammaturgo dal quale è tratto. Più che del librettista Treichel è interessante richiamare la biografia di Mishima in quanto nella trama di Gogo no eiko finiscono interessanti elementi della vita del “Poeta” giapponese. A cominciare dalla angosciante fessura delle camera, che richiama la “prigionia” del giovane Mishima, prigioniero della nonna. Finiscono anche tutti i valori patriottici del giapponese. A cominciare dal grupppo dei suoi 100 Tate no Kai, la “Società degli scudi” da egli stesso creata, che nella trama viene rappresentata dai compagni di Noboru, che lottano, da nuova generazione contro il “Potere costituito” che si ritira a vita privata.
Veniamo dunque alla nuova produzione dello Spoleto 53° Festival dei 2 Mondi Melodramma rappresentato in prima mondiale in forma scenica nella sua versione in Lingua giapponese.
Teatro Nuovo di Spoleto
venerdì 18 giugno 2010 ore 19.00 sabato 19 giugno 2010 ore 18.00 domenica 20 giugno 2010 ore 18.30Opera in due parti Gogo no eiko (Il sapore della gloria) su ibretto Hans-Ulrich Treichel dal romanzo di Yukio Mishima e musica di Hans Werner Henze
Direttore d’orchestra Johannes Debus Regia Giorgio Ferrara Scenografia Gianni Quaranta Costumi Maurizio Galante Luci AJ Weissbard Orchestra Sinfonica di Milano Giuseppe Verdi Fusako Ji Hye Son Ryuji Carlo Kang Noboru Ugo Kim – Toshiaki Murakami Capobanda / Numero Uno Kwang Il Kim Numero Due Brian Asawa Numero Quattro Young Hoon Kim Numero Cinque Taihwan Park“Antepiano” del 12 giugno 2010.
Nel Melodramma del Maestro Henze una bellissima regia di Giorgio Ferrara inspirata al minimalismo e l’essenzialità tipiche di Bob Wilson, presente anche quest’ultimo Maestro allo Spoleto Festival 2010 con intriganti Sonetti Shakespeariani. La prova generale è prevista per il 16 giugno 2010. Entusiasmante la scenografia.
Con i pochi elementi scenografici del minimalismo, una musica diatonica che non lascia troppo spazio alle sensazioni acustiche esotiche, Ferrara ha saputo dare la giusta Colorazione nipponica utilizzando appropriati costumi e trucchi.
1 Il Principe di Homburg (1960) su libretto di Ingeborg Bachmann riporta la storia di Friedrick, elettore di Brandeburgo. A prima vista poteva essere un soggetto sospetto di prussianesimo sul modello di Wagner, mentre nel suo stile del melodramma italiano dell’ottocento, Henze indaga il rapporto tra individuo, libertà e stato. Un argomento molto attuale…
2 El Cimarron su libretto di in cui Henze cerca la drammatizzazione del conflitto di classe sulle influenze del suo viaggio in Cuba.
3 Per dodecafonia o musica seriale si intende la tecnica compositiva musicale che preordina in successioni stabilite uno o più parametri musicali come altezza, durata, intensità e timbro.
17 giugno 2010 alle 17:44
Complimenti per il commento semplice e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, andrò senz’altro a vederlo.
19 giugno 2010 alle 16:53
Jacopo ci descrive la sintonia tra due culture apparentemente lontane con uno stile che fa nascere una profonda curiosità intellettuale. Bravo!
20 giugno 2010 alle 08:16
Come nei frammenti del dna si disperde e si ricompone l’identità,la storia,la tragedia, gli istinti, come nel rigore delle notevoli astrazioni sceniche e musicali si dipana il disordine e la violenza di sentimenti contrastanti e a tinte forti,
in quet’opera di notevole spessore classico e contemporaneo insieme, mi fa pensare in qualche modo ad un caravaggio wagneriano-nipponico, che riesce a com-prendere in una unica forma composita ed organica gli ossimori in cui si dipana l’avventura del genere umano nei suoi labirinti affettivi. L’esercizio della compressione e la disciplina della tragedia, centuplicano il dramma e distillano le sensazioni, determinando una pressione emotiva e cromatica degna di nota.
Gabriel
21 giugno 2010 alle 13:43
E’ un viaggio nelle profondità più intime e nascoste della cultura. Una ricerca quasi estetica del bello nel dramma che oggi, dalle notizie dei giornali, parebbe consumarsi con “tranquilla” normalità. C’è una ricerca nel sentimento, una forte esigenza di comunicazione e non di fornire semplici notizie di cronaca nera. La presentazione e le immagini della scena contengono la bellezza ed il mistero, il dramma e la sensualità, con la chiarezza ed il minimalismo del “sentire” nella cultura giapponese. Di certo, sarà stato un forte impatto emotivo per il pubblico del Festival dei due Mondi e per Spoleto. Sarà riuscito a rompere il muro della non cultura moderna, uscendo dal teatro, riversandosi nelle vie della città, mostrando ancora una volta il vero sentimento chiaro e forte, nudo ed esplicito senza la paura del “chiacchericcio” del sottofondo?
Pablos