SHAKESPEARES SONNETTE, Teatro Nuovo di Spoleto, 53° Festival dei due mondi – Recensione di Jacopo Feliciani

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Un immenso drammaturgo quale Shakespeare ingenera sempre molta polemica a partire dalla biografia… Michelangelo Crollalanza in Sicilia diventa William “shake the speare” (“scuoti la lancia”) a Stratford-upon-Avon? I sonetti di Shakespeare vengono a ingarbugliare ulteriormente l’interrogativo o fanno chiarezza e rendono più chiara la comprensione? Uno spettacolo è in grado di risolvere interrogativi? In Italiano non si può partire bruscamente con questi interrogativi, ma il drammaturgo per eccellenza non lascia scappatoie di alcun genere.

I sonetti di William Shakespeare (Stratford-upon-Avon 1564 – Stratford-upon-Avon, 1616) diventano teatro grazie all’azione combinata di Robert Wilson e Rufus Wainwright. Comprendere un’azione teatrale significa anche conoscere l’autore e significa considerarlo a partire dalla sua dimensione biografica. Per Shakespeare ci sono notevoli difficoltà non solo per la sua vastità di produzione, per la profondità del pensiero, per l’ambigua matrice altamente culturale e associativa, ma anche per gli interrogativi sulle sue origini. Non è uguale considerare Shakespeare originario inglese o messinese. Dovremmo cambiare la forma mentis, …rileggerlo scoprendo chiavi di lettura diverse. Non solo, questa difficile attribuzione lascia una terza chiave di lettura, quella dell’incertezza e della considerazione di un’origine astratta o alternativa.

Come posso considerare i versi di William lirici sull’amore? Devo richiamare il freddo carattere anglosassone o la struggente, passionale ed escludente gelosia del siculo? …e quelli sulla società? Devo richiamare immagini come la variabilità meteorologica del Regno Unito o la terra spaccata dal sole di un’isola mediterranea? Che suoni dovrei ascoltare? Quelli dello scacciapensieri, dei movimenti ternari della musica derivanti dalla tradizione greca e proseguita con la popolare tarantella siciliana (in ottave di endecasillabi, con alterne rime di carattere pastorale, con movimento moderato, in tempo composto ternario 6/8, 12/8 o 6/4)  o la musica dei menestrelli inglesi o quella che lancia le cornamuse? Idee e impressioni che vengono richiamate nella mente sono completamente diverse, specialmente in sonetti in cui l’autore si riferisce a concetti astratti e generici.

L’operazione di Wilson e Wainwright deve essere stata davvero complessa. Gli autori a cosa hanno pensato? Hanno avuto la possibilità di risolvere il problema delle origini del Poeta?

Per inciso, dobbiamo subito rilevare che tutta l’azione mimica e di movimento degli attori sulla scena sono stati studiati appositamente ed esclusivamente sulle musiche ad eccezione di alcuni sonetti che sono stati musicati. Wainwright ha pensato ad una musica variabilissima. Dovrebbe essersi ispirato alle indicazioni che gli comunicavano le “universali” frasi dei singoli sonetti. Ne è uscito fuori un miscuglio di generi musicali, dai tradizionali ai moderni, che lasciano pensare, chissà, ad un poeta con uno spessore intellettuale che evocava passato, presente e futuro tutti insieme, in concetti che non hanno tempo. Ma forse uno spazio lo avrebbero…

Ci caliamo nella Sicilia che va dal dodicesimo al quindicesimo secolo, a considerare la Scuola Siciliana – in cui prende forma il “sonetto” sotto l’illuminato governo di Federico II di Svevia; a partire da Giacomo da Lentini (Lentini 1210 – 1260 ), il suo inventore, composto da due quartine e due terzine di endecasillabi e variabilità dello schema ritmico. Probabilmente è con questa considerazione unita a quella della sua poetica che lasciano pensare ad un Michelangelo da Messina piuttosto che un William da Stratford.

I sonetti di Shakespeare rappresentati a Spoleto, nel suo complesso risultano un grandissimo spettacolo confermato anche dal successo di pubblico con gran fragore di applausi. L’accento più grave deve essere posto al grande talento di Bob regista che riesce a comunicare la sua ideazione teatrale dei sonetti grazie ad una compagnia blasonata, quella dei Berliner Ensamble, che ha confermato puntualmente le aspettative. Non dimentichiamo il favoloso Teatro Nuovo che è un vero gioiello!

Il minimalismo della scenografia, caratteristica costante dei lavori del Wilson è ridotta all’essenziale. Ha lasciato piucchealtro parlare gli incantevoli costumi tipici dei personaggi Shakespeariani, il movimento mimico e la rumoristica vocale degli attori, i pochi oggetti mobili presenti sul palcoscenico. Insomma il Bob che ben conosciamo, che riesce ad esprimersi con i più disparati mezzi artistici, più o meno banali e geniali come i movimenti rallentati, gli improvvisi silenzi… Ssst, le urla, le demenziali espressioni, quelle infantili, o i colpi amplificati a tutto volume di tuoni bumm!, effetti speciali…

Devo dire che la proporzione tra i vari generi musicali era appropriatissima e si adattava piacevolmente ai versi di Shakespeare. Ne vengono fuori melodiose canzoni dei giorni nostri, ritmi che spaziano nella musica house ed elettronica, alla tradizione classica inglese. La musica dunque concilia le esigenze d’ascolto di giovani, anziani e età intermedie. Personalmente, però, per una compagnia teatrale quale quella dei Berliner Ensamble, penso che la musica del periodo “tradizionale” avrebbe dovuto essere eseguita con gli strumenti dell’epoca. 2 viole soprano, 2 viole tenori, 2 viole basso o alternativamente 2 viole soprano, 3 viole tenori, 1 viola basso ossia la cosiddetta “Chest of Viols” più clavicembalo.

Il golfo mistico raccoglieva otto musicisti, che suonavano i seguenti strumenti: un contrabbasso, un pianoforte, una tastiera, un violoncello, una viola, due violini, percussioni, un computer (che riproduceva basi ed effetti sonori).

È stato rilevato che gli effetti sonori, pur essendo enormemente accattivanti, non avessero grande originalità in quanto erano stati utilizzati lo scorso anno. Dove? “Ultimo nastro di Krapp” Bekkett  per Bob Wilson, Teatro Caio Melisso Spoleto 52.

Non avrei spazio per esaminare nel dettaglio i singoli sonetti presentati, dunque ne ho scelti due che ho ritenuto più interessanti. Uno sull’amore e l’altro sul male sociale.

Il sonetto sulla società: Sonetto 66 Scena del “Peccato Originale

Stanco di tutto questo, morte quieta imploro,
se vedo il pregio onesto nato senza decoro,
e felice e agghindata l’insulsa nullità,
E la fede più pura subire slealtà,
E l’onore dorato agli infami spacciato,
E la pura virtù trascinata a puttana,
e ciò ch’è fatto bene subire la buriana,
E la forza svilita da una storpia potenza,
E l’arte resa muta da chi tiene licenza
E la dotta follia mettere sotto il genio,
E l’evidenza immota spacciata per idiota,
E il bene incarcerato dal male suo capestro.
Stanco di tutto questo, vorrei da questo andare
Se, morto,  non dovessi il mio amore lasciare.

Albero al centro, alla sinistra la Regina Elisabetta I d’Inghilterra, alla destra il poeta Shakespeare. Il personaggio al centro, Eva, avanza con in mano un serpente (demonio) dal lato della Regina, e la mela (peccato) dal lato del poeta. Quando la Regina inizia il canto, Eva mangia la mela. Poi canta anche il poeta. Nel finale il personaggio scompare dietro il tronco dell’albero. Dunque è un’Eva nuova quella che si rintana, che rinuncia alla tentazione? La musica è  violino solista e canto.

Il sonetto dell’amore: Sonetto 43

Più li socchiudo, più i miei occhi vedono,
ché di cose banali non mi curo,
ma se dormo, nei sogni è te che vedono,
scuro bagliore, abbagliano l’oscuro.
E tu che, umbratile, ombre rischiari,
quale aurea forma darebbe la tua ombra
al giorno chiaro – oh luce senza pari
che ad occhi ciechi splendore adombri!
Come sarebbero beati i miei occhi
per te, alla luce viva del giorno,
se nella morta notte l’ombra fioca
su occhi pesanti posa il suo contorno!
Il giorno è notte finché non mi appari,
e le notti in sogno son giorni chiari.

Tutti i personaggi sono in scena a rappresentare l’intera società e la musica è quella di un carillon seguita da una musica rinascimentale allegra e ballabile. Poi comincia una parte più riflessiva con dei video con il conto alla rovescia. Il poeta parla: entra il soprano, il genere femminile che l’ispira, poi un personaggio maschile e dialogano nel sonetto: voce soprano, urla dell’uomo mentre canta. Anche il male sociale diventa un problema che condiziona il sentimento d’amore.

“Shakespeares Sonette”

di Robert Wilson e Rufus Wainwright
testi Jutta Ferbers
traduzione in tedesco Christa Schuenke e Martin Flörchinger

con

Christina Drechsler – ragazzo
Anke Engelsmann – segretario
Ruth Glöss – buffone
Anna Graenzer – ragazzo
Ursula Höpfner – Tabori – dama nera
Traute Hoess – rivale
Inge Keller – Shakespeare
Sylvie Rohrer – giovane poeta
Dejan Bucin – gentiluomo/dama
Jürgen Holtz – Elisabetta I/Elisabetta II
Christopher Nell – dama/Eva
Sabin Tambrea – donna/dama
Georgios Tsivanoglou – Cupido
Georgette Dee, Winfried Goos
 
Stefan Rager – direttore musicale e batteria
Alcune musiche di Monteverdi, John Dowland e Michel Legrand
prodotto da Berliner Ensemble
in esclusiva italiana per Spoleto, 53° Festival dei 2 Mondi
 
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Leggi i 25 sonetti utilizzati per la scena (testo inglese con a fronte il testo italiano) 

1 Commento a “SHAKESPEARES SONNETTE, Teatro Nuovo di Spoleto, 53° Festival dei due mondi – Recensione di Jacopo Feliciani”

  1. Shakespeare, Sonetto 43: versione audace. | NoTiTiAE scrive:

    […] Una lettura dei 25 Sonetti di Shakespeare utilizzati per il Teatro allo Spoleto 53 – Festival dei 2Mondi 2010 con la bellissima Versione italiana di Rodolfo Canaletti: Dicoseunpo. […]

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