COME TU MI VUOI di Luigi Pirandello
Pirandello scrisse questa commedia nel 1930, si può dire nel pieno rigoglio della curiosità popolare sulla vicenda Bruneri Canella, iniziata nel 1926, quando improvvisamente sembrò ricomparire, nelle vesti di uno smemorato, un professore di filosofia di discreta fama, Giulio Canella, dato per disperso al fronte durante la prima guerra mondiale. Si trattava di una persona ricoverata in un manicomio, la cui fotografia, pubblicata dai giornali, indusse la moglie del Canella, e molti altri parenti, a riconoscere in questo uomo la figura del professore.
In realtà il riconoscimento fu troppo frettoloso, mentre la verità che via via emergeva tendeva ad indicare nel supposto “riapparso”, battezzato dalla stampa come “lo smemorato di Collegno”, un impostore, un certo Mario Bruneri, personaggio ambiguo, da tempo ricercato dalla giustizia per vari reati. La vicenda fece grande scalpore fra i giornali e nell’opinione pubblica, tanto più che lo “smemorato”, Bruneri o Canella che fosse, prese a vivere assieme alla moglie del professore, e da lei ebbe tre figli. Venne addirittura posta la ragione della legittimità di questi figli, disconosciuta dalle autorità civili, riconosciuta invece dalla Chiesa, che, da parte sua, si schierò apertamente con coloro che avevano “riconosciuto” nello smemorato il prof. Canella. La storia si protrasse a lungo, anche in sede processuale, con continue ricerche di prove pro o contro, testimonianze, fotografie, impronte, episodi della vita passata del Canella più o meno ricordati in modo attendibile, etc. Per la verità, quasi tutti i procedimenti giudiziari, compreso l’ultimo e definitivo del 1931, portarono alla conclusione che il “ricomparso” altri non fosse che l’impostore Bruneri; il quale tale ora è in modo accertato per le autorità italiane, ma non per la moglie che, per evitare scandali e ottenere un riconoscimento ufficiale del “ritrovato” marito e della “legittimità” dei figli nati da lui, emigrò in Brasile. Sfruttando il diffuso interesse dell’opinione pubblica (la popolazione si era divisa quasi equamente fra sostenitori dell’una o dell’altra soluzione) il regime fascista riuscì a far passare quasi inosservato un provvedimento che fissò proprio quell’anno, 1930, il cambio della sterlina a 90 lire, ciò che portò al crollo del valore della terra e all’impoverimento della nostra agricoltura. Il solito sistema, ben noto in Italia, di approfittare di problemi fasulli che distraggono la gente, per imporre provvedimenti sanguinosi a sua insaputa.
In quell’anno Pirandello scrisse Come tu mi vuoi che sembra, sotto certi aspetti rifarsi alla vicenda dello Smemorato di Collegno. Questa vicenda, di doppia identità, ovvero dell’ambigua identità di una persona è sempre stato un punto fermo della ricerca Pirandelliana nella sua produzione letteraria. Ben sembrava calzare quindi la vicenda reale con il tema conduttore dell’opera del drammaturgo. Pirandello negò sempre di essersi ispirato, per scrivere Come tu mi vuoi, alla vicenda reale dello smemorato di Collegno, anche se i punti di contatto con il tema della commedia sono molti. Ma in realtà il discorso di Pirandello, in ossequio alla sua filosofia, va oltre la semplice incertezza sulla identità della persona come percepita dal pubblico, ma si approfondisce sulla incertezza della identità che ogni persona sembra cercare e trovare in se stessa. E qui entra in gioco la memoria, non più come strumento di impostura, ma proprio come ricerca della propria identità.
Il dramma si apre a Berlino, nella casa di uno scrittore tedesco, Carl Salter, separatosi dalla moglie per andare a vivere con una affascinante ballerina sul cui passato si sa poco o nulla. Nella casa vive anche la figlia di lui, Greta, che nelle intenzioni della moglie abbandonata, avrebbe dovuto convincere il padre a tornare, ma che invece, conquistata dalla bellezza dell’Ignota (così viene chiamata l’affascinante ballerina nel dramma), entra in competizione col padre per goderne i favori sessuali. L’Ignota è dedita a una vita lussureggiante, fra danze, bevute, uomini, e fa fremere di gelosia impotente lo scrittore e sua figlia. In una delle sue scorribande, l’Ignota incontra un certo Boffi, un personaggio che la segue da un certo tempo, e che le rivela di aver riconosciuto in lei una certa signora Lucia, moglie di un personaggio dell’alta borghesia veneta, scomparsa circa 10 anni prima, dopo appena un anno di matrimonio, durante la prima guerra mondiale, quando la villa loro residenza, venne occupata dalle truppe austriache e poi distrutta. Il marito, che a quale tempo era al fronte, al suo ritorno dopo la pace, non credette alla sua morte e, pensando a un suo rapimento nel corso della ritirata austriaca, non smise di cercarla, anche con l’aiuto di questo signor Boffi, una specie di amico o di segretario.
Ora il signor Boffi, avendo seguito questa Ignota in diverse occasioni, ritenne di riconoscere in lei proprio la signora scomparsa, e si presentò in casa dello scrittore Salter per fare la rivelazione, e per annunciare che Bruno Pieri, il supposto marito, informato dell’avvenuto ritrovamento, sarebbe venuto a riprendersi la moglie. Questa rivelazione scatena incredulità e pandemonio nella casa dello scrittore che vuole chiudere la faccenda senza altre discussioni. Ma l’Ignota, che non ricorda assolutamente nulla degli eventi che avrebbero dovuto riguardarla, sembra coltivare qualche dubbio; è incuriosita e vorrebbe cercare di capirne di più sulla vicenda. D’altra parte anche il suo passato, anche se forse non è lo stesso che le è stato raccontato da Boffi, è pur tuttavia un passato doloroso con molti lati oscuri, e forse intravede in queste rivelazioni, una nuova possibilità per ricostruire la propria identità perduta. Decide così di incontrare l’uomo che le viene indicato come suo marito. Lo scrittore, vista l’impossibilità di trattenerla, tenta il suicidio senza tuttavia riuscirvi.
L’Ignota ora è nella famosa villa. Le tracce delle guerra sono ormai scomparse. Bruno Pieri non aspettò che lo stato risarcisse i danni di guerra e restaurò villa e terreni a proprie spese. Qui si pone un problema. Villa e terre sono una ricchezza che uno zio della signora Lucia, Salesio Nobili, le donò come dote al momento del suo matrimonio con Bruno. Ora, la proprietà di queste cose non può che ritornare allo zio, dato che, dopo dieci anni dalla scomparsa, la moglie viene ufficialmente dichiarata morta e la dote non può essere trasferita al marito. Lo zio Salesio sembra avere intenzione, questa volta, di donare le proprietà a Ines, sorella di Lucia, sposata all’avvocato Masperi. Questa vicenda di terre e di interessi, che emerge nelle discussioni del secondo atto, viene a conoscenza dell’Ignota per la prima volta. Il ritrovamento della moglie, annulla l’atto di morte e restituisce le proprietà alla moglie rediviva e quindi anche a Bruno.
L’ignota ora si trova di fronte a due problemi da risolvere: il primo è nel merito. È lei la signora Lucia, scomparsa 10 anni prima e moglie di Bruno? Tutti quelli in contatto con lei sono convinti di sì, l’appellano col nomignolo affettuoso di Cia, la trattano come una della famiglia, etc. ma stringi stringi non vi sono prove inconfutabili che la convincano. Gli argomenti a sostegno risultano contradditori; c’è un ritratto, che raffigura la signora Lucia e che ha una forte somiglianza con l’aspetto dell’Ignota, ma non è del tutto convincente, dato che è stato eseguito su una foto della giovane signora al tempo del matrimonio; per quanto concerne la somiglianza, risulta poco credibile che una donna, sul cui corpo è passata con la violenza che sappiamo la guerra, abbia mantenuto lo stesso aspetto dopo 10 anni. Il primo problema quindi lascia degli spazi aperti. Resta tuttavia il fatto che ella ha deciso di abbandonare Salter e di seguire il supposto marito.
Poi c’è il secondo problema. Quando ha preso la decisione di seguire Bruno, ella ignorava che sulla vicenda del “ritrovamento” gravassero interessi economici di non poco conto: la proprietà di una villa e di vaste terre. Domanda che l’Ignota si pone: quanto c’è di interesse economico alla base di questo “ritrovamento”? E anche se ritrovamento e interesse economico fossero cose separate, è evidente il senso di disagio che l’essere comunque anche solo oggettivamente coinvolta in questa vicenda determina nel suo cuore.
Questi due problemi sono al centro di una animata e lunga discussione dell’ignota con Bruno, che occupa quasi tutto il secondo atto. Alla fine emerge la vera sostanza che ha spinto l’Ignota a seguire Bruno: la ricerca della propria identità: non in quanto persona del passato che ritorna, e si riappropria di una vita interrotta dai noti tragici eventi, ma persona attuale, che sente il bisogno di ricostruire un presente che la vita di Berlino le aveva sottratto e che l’incontro con un uomo, che in lei sembrava rivivere un amore che gli era stato rapito ma che non era mai morto, le aveva reso. Non è quindi una questione di prove esteriori, somiglianza, riconoscimenti, etc., che determino o meno una convinzione e poi una certezza assoluta, ma di riconoscersi in una identità che è lo strumento di una vera rigenerazione. In questo ella ammette di giocare un’impostura. La sua accusa a Bruno è che non ha fatto con lei ciò che ha fatto con la casa e con le terre quando le ha ricostruite. Non è andato in profondità, non ha cercato di ricostruire la donna che gli stava davanti e quindi di accettarne l’identità, ma anzi, da una parte le ha taciuto il problema delle proprietà e degli interessi economici collegati al ritrovamento, e dall’altra ha dimostrato, pur negandolo a parole, di essere sempre interessato alla ricerca di prove, come per esempio la furtiva ricerca della presenza o meno di un certo segno sul suo corpo. In questo modo, l’Ignota vede svanire ciò di cui era alla ricerca: la propria identità, quello che le avrebbe consentito di superare lo straniamento cui l’aveva condotta la vita di Berlino.
La vicenda si conclude nel terzo atto: tutta la famiglia è riunita per presenziare all’annullamento dell’atto di morte di Lucia: il marito Bruno e sua sorella Barbara, la zia Lena e lo zio Salesio, Ines, la sorella di Lucia, col marito: Ma l’Ignota non c’è. Al suo posto arriva da Vienna Carl Salter, accompagnando una demente prelevata da un manicomio. Il colpo di scena è la rivelazione che, secondo Salter, esistono delle prove certe che questa demente è la vera signora Lucia. Le prove qui non si basano su somiglianze riconosciute, o valutazioni soggettive, ma su alcuni fatto oggettivi. Anche in questo caso, la sicurezza assoluta non c’è, ma questi fatti sembrano turbare le certezze della famiglia. Di questo turbamento si rende conto l’Ignota, che nel frattempo è comparsa. Si accende così un’animata discussione fra Salter, i famigliari e l’Ignota: Salter sostiene la sua tesi e afferma che in tal modo si è vendicato del fatto di essere stato abbandonato; i familiari, in presenza dell’Ignota, respingono ogni dubbio sulla sua identità e confermano la loro posizione, accusando Salter di crudeltà e insensibilità per aver costretto la demente al lungo viaggio da Vienna solo allo scopo di vendicarsi; infine l’Ignota, che continua a non credere alle certezze manifestate dai familiari, ricorre a un trucco per smascherarle: da una parte cerca di tranquillizzare il marito, affermando che le sue proprietà sono al sicuro dato che in un modo o nell’altro (cioè lei o la demente) la moglie ora risulta viva; dall’altra pronuncia una frase intima che Ines le avrebbe sussurrato la notte prima delle nozze, e che nessun altro avrebbe potuto sapere se non Lucia. Questa rivelazione crea nell’ambiente una specie di sensazione di sollievo che accompagna la conferma delle certezze: questa è finalmente la prova certa che l’Ignota è Lucia. Ma l’Ignota non ci sta. Questa è la prova certa che tutte le certezze sulla sua identità manifestate fino a quel momento erano fasulle. L’Ignota allora resta l’Ignota, la sua ricerca di una vera identità come persona è fallita; la frase pronunciata, che aveva rassicurato i familiari non l’aveva udita dalla sorella, ma l’aveva letta sul diario di Lucia trovato in un cassetto abbandonato; quindi anche questa alla fine si è rivelata una prova fasulla. Non resta altro allora che accettare l’evidenza: la vera Lucia è la demente, e l’Ignota tornerà a Berlino con Salter per ricadere nella sua vita passata priva di una reale identità.
La commedia fu rappresentata per la prima volta al teatro Filodrammatici di Milano, nell’interpretazione della Compagni di Marta Abba il 18 febbraio 1930. Pirandello scrisse la commedia proprio per la Abba che interpretò quella sera, e anche in altre produzioni, la parte dell’Ignota. Il successo fu clamoroso. La versione che ho avuto modo di vedere io è quella del 1979 al Teatro Carignano di Torino, prodotta dal teatro Stabile di Torino e diretta da Susan Sontag, con la Adriana Asti come protagonista. Le scene e i costumi di Pier Luigi Pizzi. Il modo di recitare Pirandello di quegli anni mi è parso molto, troppo sopra le righe. La Asti mi è parsa calcare troppo le espressioni per esprimere il disappunto, la critica, la ribellione, l’incredulità. Anche i movimenti corporei, secondo me, si sono rivelati, al pari delle parole, troppo espliciti. Non nascondo che alla fine, dopo due ore di questa recitazione, ho lamentato una certa stanchezza che ha sopravanzato l’interesse che, indubbiamente la commedia deve provocare nello spettatore.
23 aprile 2014 alle 16:42
fate cagare
24 aprile 2014 alle 16:26
Perché?
23 settembre 2019 alle 15:29
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