LA SIGNORA SENZA CAMELIE (Michelangelo Antonioni, 1953)
Clara Manni (Lucia Bosè), viene scoperta per il cinema da due produttori: Gianni Franchi (Andrea Checchi) e Ercolino Borra (Gino Cervi). La sua bellezza ne fa ben presto un’attrice richiesta e amata dal pubblico. Gianni Franchi se ne innamora e le impone di sposarlo. Clara è un carattere debole anche se sostenuta da una certa ambizione, stimolata dal successo, e non sa rifiutarsi.
Il matrimonio si rivela ben presto una sorgente di infelicità per Clara, assoggettata in tutto e per tutto al decisionismo del marito. Fra le altre cose, Franchi le impone di abbandonare il cinema, o per lo meno la partecipazione ai film prodotti da Ercolino Borra, film leggeri e ad alto contenuto erotico; quelli che le hanno dato il successo. La impegnerà invece in un film cosiddetto “importante”, sulla vita di Giovanna D’Arco. Il film, prodotto tutto a sue spese, viene proiettato a Venezia, alla mostra, e si rivela un fiasco totale. Clara, sconvolta, fugge, torna a Roma. Nella disperazione dell’insuccesso, viene avvicinata da un tipo affascinante, un diplomatico, Nando Rusconi (Ivan Desny). Essa, che non ha mai amato il marito e che ne ha sempre sofferto in silenzio le prepotenze, ne accetta la corte, intraprende una relazione, se ne innamora e decide di separarsi dal marito e fuggire con lui. Ma Nando, non innamorato della donna, tergiversa, finché Clara capisce che quella è stata solo un’avventura senza futuro. La sua ambizione comunque, anche se l’amore è fallito, resta il cinema. Consigliata da un collega attore, Lodi (Alain Cuny), che appare essere, in quel mondo del cinema licenzioso e futile, l’unica persona degna di fiducia, rifiuta diverse offerte, studia recitazione, si impegna, sul suo tavolo di lavoro vi sono le opere di Pirandello. Ben presto tuttavia si rende conto che le sue ambizioni non possono trovare uno sbocco: le manca il talento. Finiscono i suoi sogni di trovare l’amore e di diventare un’attrice di rilievo. Si decide alla fine di accettare un destino che tutto sommato si rivela essere quello suo proprio: accetterà sia di partecipare a film spazzatura sia di intraprendere rapporti effimeri con uomini che la desiderano solo per brevi avventure.
Il titolo è un evidente riferimento al romanzo di Alexandre Dumas jr. Il confronto fra le due donne, Margherita e Clara è impietoso. Margherita è la dama delle camelie, una semimondana di successo sia in società che nell’amore; Clara è la signora senza camelie: anch’ella è una semimondana di successo, ma senza amore né sul lavoro né nella vita.
Lucia Bosè recita molto bene: il suo aspetto langue lungo tutto il film rivelando l’incapacità del personaggio di essere se stesso, di guidare le proprie scelte, di essere succube delle proprie ambizioni senza tuttavia saperle o poterle realizzare. Solo alla fine, la luce dell’insuccesso le rivela la sua strada, quella che dovrà seguire. Solo in quell’occasione la sua espressione assume un tono che si realizzerà nel passaggio dalle tristezza del destino ritrovato alla grinta della volontà della riuscita.