VESTIRE GLI IGNUDI di Luigi Pirandello

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Commedia claustrofobica, piuttosto pesante sia da leggere che da guardare. La registrazione che ho io, nella quale la protagonista femminile è interpretata da Marina Malfatti, è decisamente sgradevole. La recitazione di tutti i personaggi è decisamente sopra le righe, molto, troppo spesso urlata. In tal modo la sostanza tragica viene, anziché rafforzata, diluita in un’atmosfera più di litigiosità artefatta, che di vera manifestazione di dolore.

La trama fa perno su una giovane fanciulla, Ersilia, che, governante nella famiglia del console italiano a Smirne, viene licenziata a seguito della morte della piccola figlia affidata alle sue cure della quale viene giudicata responsabile, e torna in Italia, a Roma. Si mette in cerca di un uomo, un ex ufficiale di marina, che in un incontro a Smirne l’aveva sedotta e chiesta in sposa, e viene a sapere che è in procinto di sposarsi con un’altra donna. Tenta il suicidio ma viene salvata in extremis.

La sua storia viene narrata sul giornale locale e produce generale commozione. Uno scrittore di fama la ospita nelle propria casa alla dimissione dall’ospedale con l’intento di sviluppare per un romanzo la storia della quale la fanciulla è stata protagonista, ma anche col proposito  di convivere con lei. Nel prosieguo della vicenda tuttavia accadono e si vengono a scoprire diverse altre cose. L’ex ufficiale, a causa della commozione provocata dal racconto giornalistico, viene abbandonato dalla promessa sposa, si pente del male fatto al Ersilia e la cerca per una espiazione, che comunque non avverrà. Poi si scopre che il racconto di Ersilia comparso sul giornale è pieno di menzogne. Anzitutto l’affermazione che ella abbia tentato il suicidio per il tradimento subito non è vera, e lo confesserà in un drammatico confronto all’ex ufficiale. Il tentato suicidio avrà altre motivazioni che verranno svelate alla fine. In secondo luogo si apprende che Ersilia era amante del console e che il licenziamento, voluto dalla moglie, era, assieme alla morte della bambina, in conseguenza di questa circostanza. Mano a mano che i fatti vengono resi noti, la commozione suscitata in un primo tempo viene sostituita da disprezzo. Ersilia non può reggere alla situazione che si sta creando e tenta nuovamente il suicidio, questa volta riuscendoci. Prima di morire, in una drammatica scena confessa che il primo tentativo doveva essere un addio al mondo indossando un “abito decente” (ovviamente si intende, come abito “decente” il fatto di essere oggetto di commiserazione: licenziata dalla famiglia del console e tradita dal seduttore. Per questo aveva mentito dicendo che aveva tentato di uccidersi per lui; se fosse morta questa sarebbe stata la verità); ma il salvataggio dal tentato suicidio e tutto ciò che ne è conseguito ha determinato la lacerazione di questo abito “decente”, e ora l’addio al mondo lo dà nuda, senza più abiti: cioè si toglie la vita per la vergogna di essere stata la protagonista di vicende vergognose (la relazione adulterina con il console, la morte della bambina legata a questa relazione, la rovina della vita dell’uomo che l’aveva sì sedotta e tradita, ma che ella a sua volta aveva tradito) ora di comune conoscenza.

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