LIOLÀ di Luigi Pirandello

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Commedia scritta in siciliano, ed esattamente nel dialetto di Girgenti nel 1916. La traduzione in lingua è del 1928. La commedia trova i suoi precedenti nel IV capitolo del Fu Mattia Pascal e nella novella La Mosca. La prima rappresentazione avvenne il 4 novembre 1916 al Teatro Argentina di Roma. La parte di Liolà fu interpretata da Angelo Musco.

La commedia è una favola agreste. Zio Simone Palumbo è un anziano (circa 60 anni) ricco possidente. È senza figli. Nel precedente matrimonio la moglie, fragile e malata, morì prima di riuscire a dargliene uno. Da quattro anni ha sposato una giovane contadina del luogo, Mita. Simone è un marito prepotente e soprattutto desideroso di avere almeno un figlio cui lasciare in eredità i suoi beni. La povera Mita viene incolpata e maltrattata perché non è ancora riuscita a rimanere incinta. Dal contesto si capisce che il problema non è l’infertilità di Mita, ma l’impotenza di Simone. I campi di Simone vengono coltivati dai vicini di casa, fra cui ci sono alcune fanciulle, vari parenti e un giovane brillante, di bell’aspetto, molto amato dalle donne: Nico Schillaci soprannominato Liolà. In effetti Liolà ha avuto brevi relazioni con diverse ragazze, e da tre di queste ha avuto tre figli che allevano lui e sua madre. Tuzza, la nipote di Simone è una bella ragazza che sperava di essere sposata da lui quattro anni prima, al posto di Mita. Purtroppo per lei e per sua madre Croce ciò non avvenne. Ma le circostanze attuali sembrano riaprire le speranze. Tuzza ha avuto una relazione con Liolà ed è rimasta incinta. Nessuno sa nulla. Liolà vorrebbe sposarla, ma la ragazza rifiuta. Così la fanciulla può confessare allo zio il suo stato, fargli credere di essere l’unica a saperlo e quindi di dare a lui l’occasione di proclamarsene il padre, dimostrando alla gente che la mancanza di figli con la moglie è responsabilità dell’infertilità della donna e non sua.

Mita viene a sapere della nuova situazione e non vuole più saperne di restare in casa del marito. È stufa dei maltrattamenti e non ha intenzione di servire Tuzza, diventatane l’amante. Fugge a casa di Liolà. Ma Liolà ha capito la situazione e concepisce un piano per risolverla nel modo più appropriato. Invita Mita a tornare dal marito. Vedrà che le cose si metteranno a posto e lei rimarrà incinta. Come? Nello stesso modo in cui è rimasta incinta Tuzza. Simone arriva alla casa di Liolà per portarsi a casa la moglie, che rifiuta mostrando di essere offesa e arrabbiata con lui. Simone viene convinto ad acconsentire a rinviare il tutto al giorno dopo, lasciando per una notte Mita a sfogarsi. Nel corso della notte Liolà approfitta e mette incinta Mita. Quest’ultima potrà tornare a casa convincere il marito ad avere rapporti e a fargli credere che la nuova gravidanza che si preannuncia questa volta è proprio merito suo.

Nell’ultimo atto si assisterà alla scontro fra Mita, che ha ricuperato il suo posto accanto al marito, e Tuzza, che si sente soppiantata. Infatti Mita porta in grembo un figlio che Simone crede essere suo, mentre sa che il figlio di Tuzza non è affatto suo ma di Liolà. Naturalmente lo scontro finisce con la vittoria di Mita, mentre Tuzza ha ora davanti la possibilità di sposare Liolà, possibilità che sembra ripugnarle, tanto che per finire, ferisce Liolà con una coltellata.

La commedia è vivace soprattutto per l’apporto del protagonista, Liolà, che ama cantare e ballare, che ama far la corte alle fanciulle e che alleva tre marmocchi che ha avuto da altrettante donne. Gli altri personaggi, fanciulle, donne adulte impersonano la gioia di vivere, l’amore per il pettegolezzo, che regna nel mondo contadino fra vicini di casa. Simone è il personaggio arrogante tipico dei ricchi proprietari terrieri.

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