IL GIUOCO DELLE PARTI, di Luigi Pirandello

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La commedia è stata scritta nel 1918, prendendo spunto da una novella, Quando si è capito il giuoco, da Novelle per un anno (raccolta “Una giornata”), scritta nel 1913. La prima rappresentazione ebbe luogo a Roma, Teatro Quirino, il 6 dicembre 1918. La trama scivola via fra situazioni ironiche tipiche della commedia, per precipitare in tragedia al momento della conclusione.

La commedia inizia offrendoci la vista del rapporto adulterino fra Silia, moglie di Leone Gala, e Guido Venanzi suo amico. Dai discorsi dei due emerge l’antefatto: Leone, davanti ai tradimenti della moglie, preferisce, senza ricorrere a vendette o a pratiche legali, andarsene a vivere per proprio conto in un piccolo appartamento. La loro è una separazione di fatto, accettata da entrambi, soprattutto dall’uomo che si impegna, comunque, a fare periodicamente visita alla moglie senza peraltro interferire con le scelte della donna che di fatto è tornata ad essere libera. Questa libertà, tuttavia, pesa alla donna che si trova costretta a collegarla in continuazione all’immagine del marito; per cui nel suo animo cresce l’odio per lui al punto di desiderarne la morte.

Mentre i due amanti discutono e si confrontano sul rapporto che li lega, il marito compie una delle solite visite. Silia non vuole incontrarlo e vuole che a farlo sia proprio Guido. Leone rivela all’amico come sia riuscito a staccarsi dalla moglie. La sofferenza iniziale della passione tradita, ha lasciato posto a una forma di autodifesa dietro la quale Leone si trincea: l’indifferenza per i sentimenti, quali essi siano. E qui viene il paragone con l’uovo: l’uovo è un ottimo alimento che si può bere lasciando intatto il guscio. Poi col guscio ci si può giocare e volendo o si può schiacciare. Leone tuttavia, proprio per l’autodifesa di cui parlava, non lo vuole schiacciare, e lo lancia a Guido, che lo afferra al volo.

Dopo che Leone se ne è andato, la moglie, per spregio, prende il guscio  dell’uovo e lo scaglia fuori dalla finestra, cercando di colpire il marito, ma colpisce altre persone che, un po’ brille, stanno cercando di entrare nel palazzo dove vive anche una prostituta, Pepita. Questi quattro personaggi tuttavia sbagliano uscio ed entrano nella casa di Silia. Silia nasconde Guido in camera da letto, e li affronta. Essi la trattano come se fosse la prostituta finché, opportunamente chiamati, giungono altri inquilini che riescono a far capire ai quattro l’errore. Essi chiedono scusa a Silia, ma la donna non accetta, pretende la riparazione, e di questo si incaricherà uno di loro, il marchesino Miglioriti.

In realtà l’insistenza di Silia non è per l’oltraggio ricevuto, del quale sembra non fregargliene più di tanto, ma per il fatto che questo suo irrigidimento costringerà il marito a intervenire, sfidando a duello il marchese. È una speranza di morte? Forse, ma in modo un po’ astratto; in realtà Silia spera almeno in una punizione che cancelli un po’ dell’angoscia che la persona del marito, anche se assente, continua ad insinuarle.

Così, nel secondo atto, Silia si reca a casa di Leone per annunciarle la notizia. Dovrà sfidare il marchese per difendere l’onore della moglie offeso dall’indegno comportamento dei quattro. Al colloquio è presente anche Guido Venanzio che si lascia sfuggire un ragguaglio che lo compromette: era presente al momento dell’oltraggio dei quattro, ma non è intervenuto. Perché? Per evitare di compromettere la donna, come sostiene Silia? Oppure per prudenza, come sostiene Guido? La cosa è lasciata in sospeso. Leone accetterà di sfidare il marchese e vuole Guido come padrino. L’altro padrino sarà Barelli, un maestro spadaccino. Il duello si terrà nell’orto ubicato sotto il palazzo la mattina seguente. Guido Venanzio, in qualità di padrino, porterà la sfida al marchese Miglioriti il quale, per varie ragioni, non acconsentirà a una procedura che consenta una riparazione. Il duello dovrà essere all’ultimo sangue. E questo è un aspetto molto grave e pericoloso per Leone, che non sa neppure maneggiare la spada, mentre il marchese viene definito una delle migliori lame della città. Silia si rende conto di essere andata troppo oltre, e cerca di avvicinarsi al marito. Addirittura gli propone di passare assieme la notte precedente il duello. Leone rifiuta.

L’ultimo atto si svolge il mattino del duello. Arrivano i due padrini, ma Leone non si vede. Sta dormendo. Grande allarme fra i presenti. Mancano pochi minuti al duello. Finalmente Leone esce dalla camera da letto, con aria molto tranquilla. Ai rimbrotti di Guido risponde con calma: egli, come marito ha avuto il compito di sfidare il marchese per difendere l’oltraggio subito dalla moglie. E questo l’ha fatto. Ma la vera e propria difesa è compito di Guido che, pur essendo presente, non l’ha fatta quando l’oltraggio era in corso. Quindi spetta a lui ora completare l‘opera che ha lasciato in sospeso quella famigerata sera. Ribadisce Leone: ognuno deve svolgere la propria parte. Egli ha svolto la parte del marito, e ha lanciato la sfida; Guido deve far la parte di colui che avrebbe dovuto difenderla e non l’ha fatto, e quindi dovrà affrontare il duello. Silia, presente al discorso inorridisce, mentre Guido, comprendendo che per lui non c’è possibilità di uscire dalla situazione, si avvia verso il luogo del duello dove rimarrà ucciso.

Ancora una volta Pirandello ci introduce in una situazione che, pur sembrando chiara all’inizio, ma mano che le vicende si dipanano, mostra tutta la sua ambiguità, fino a terminare in questa strana situazione: nel duello si alternano due figure, quella del marito, che impersona una formalità, una forma, come una forma è il suo rapporto con la moglie; quella dell’amante che impersona la concretezza, e quindi la realtà fattuale, che si realizza nel rapporto amoroso con la donna.

Nell’edizione che ho in video, con la regia di Giorgio de Lullo, si nota una bellissima interpretazione di Romolo Valli nella parte di Leone Gala. La sua recitazione mette in primo piano l’ironia di un personaggio che ha rinunciato alla sofferenza dei sentimenti e apre la sua mente all’accettazione incondizionata di tutto ciò che lo circonda, senza godere per ciò che lo avvantaggia e senza soffrire per ciò che lo danneggia, ma con la concreta intelligenza di sapersi difendere per sopravvivere. E la trappola che tende a Guido Venanzi, schivando quella che la moglie ha teso a lui, lo dimostra in tutta evidenza. Rossella Falk nella parte di Silia mi è parsa un gradino sotto. La sua recitazione è un po’ forzata, le risate, che abbondano nel primo atto sono alquanto stridule e poco spontanee. Comunque nel complesso riesce a mantenere un rapporto di tutto rispetto con il Valli. La recitazione di Giuffré nella parte di Guido Venanzi non dice nulla di particolare, essendo il personaggio solo una specie di contraltare a quello del Valli.

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