OGGI, 17 FEBBRAIO
Oggi è l’anniversario dell’auto da fe di Giordano Bruno in Campo dei Fiori a Roma. Vorrei che fra tanti “day” che oggi si celebrano per frastornare l’opinione pubblica e aggredire consensi da qualsiasi voglia parte, questo avesse un aspetto particolare: che la libertà di pensiero e di parola sono valori che a nessuno, né in nome di Dio né in nome di altri poteri o di altri miti è permesso soffocare.
E questo vale per gli integralisti di qualsiasi parte, religiosa, laica, nazionalistica, o in difesa di quella libertà che nell’atto stesso in cui si dice di difendere la si viola. Ed esempi di questo genere non mancano: in Italia e fuori dall’Italia.
Per ricordare il tragico evento del 17 febbraio 1600 riporto qui il paragrafo conclusivo del libro di Luigi Firpo sul Processo di Giordano Bruno, breve cronaca integrata su alcuni documenti dell’epoca:
«In ginocchio ascoltò Bruno la sentenza, ma a lettura finita levatosi in piedi e con viso minaccioso, rivolto ai giudici esclamò: «Forse con maggior timore pronunciate contro di me la sentenza, di quanto ne provi io a riceverla» Otto giorni ebbe ancora di vita nel carcere di Tor di Nona, sempre restando ostinatissimo malgrado le visite quotidiane di teologi e confortatori; poi sull’alba del giovedì 17 di febbraio la lugubre processione della Compagnia di San Giovanni Decollato rilevò il prigioniero dal carcere, dopo che sette padri di quattro ordini diversi ebbero cercato con ogni affetto e con molta dottrina, ma sempre invano, di rimuovergli dall’intelletto quei mille errori e vanità. Condotto così in Campo dei Fiori, quivi spogliato nudo e legato a un palo, sempre con la lingua in giova, per le bruttissime parole che diceva, già tra le fiamme del rogo con viso torvo e sprezzante distolse lo sguardo dall’immagine del Crocefisso che gli era mostrata e finì bruciato vivo, conscio di morire martire et volentieri, et che se ne sarebbe la sua anima ascesa con quel fumo a ricongiungersi all’anima dell’universo.»
Che nessuno dimentichi. Mai!