ADDIO ALLE ARMI (A Farewell to Arms), di Ernest Hemingway, 1929
È il secondo romanzo lungo di Hemingway, dopo Fiesta. Lo stile dello scrittore sembra ormai consolidato. Il racconto si basa sull’esperienza del protagonista, Frederic Henry, come ufficiale dell’esercito italiano addetto al trasporto dei feriti mediante un gruppo di autoambulanze nel corso della guerra del ’15-’18 contro l’impero austriaco, e sulla sua storia d’amore con una crocerossina inglese.
Lo stile è quello diretto, che si riferisce a fatti e avvenimenti, con scarse descrizioni, solo quelle indispensabili per descrivere l’ambiente nel quale si svolgono le vicende narrate in modo da renderle più vive e visibili. Le aggettivazioni sono scarse, solo quelle essenziali; i dialoghi sono serrati; i sentimenti assumono preminenza solo quando entrano nel racconto come strumenti per spiegare gli eventi, e non tanto come semplici richiami alla commozione del lettore. La commozione, quando è necessaria, è evocata dai fatti in quanto interazione fra le attività e i sentimenti del personaggio, e gli eventi che li condizionano.
Il libro esprime in sostanza l’antimilitarismo di Hemingway, che non va confuso con un pacifismo imbelle. La guerra è provocata dalla stupidità e dall’avidità, ma è combattuta dall’intelligenza e dalla passione. «…forse è chiaro perché uno scrittore debba interessarsi al continuo, prepotente, criminale sporco delitto che è la guerra. Siccome di guerre ne ho fatte troppe, sono certo di avere dei pregiudizi, e spero di avere molti pregiudizi. Ma è persuasione ponderata dello scrittore di questo libro che le guerre sono combattute dalla più bella gente che c’è, o diciamo pure, soltanto dalla gente, per quanto, quanto più ci si avvicina a dove si combatte e tanto più bella è la gente che si incontra; ma sono fatte, provocate e iniziate da precise rivalità economiche e da maiali che sorgono ad approfittarne.»
Nel racconto, ruolo privilegiato rivestono le esperienze militari vissute dall’autore, come, in particolare, il ferimento avvenuto al fronte e il grande amore sorto fra Il ferito e la crocerossina che lo curò nell’ospedale inglese di Milano dove venne ricoverato. Si conosce il nome della fanciulla, Agnes von Kurowsky. Nella realtà, mentre lo scrittore ha sempre affermato di avere avuto con lei una relazione, la fanciulla ammette solo un rapporto di tipo platonico, insorto durante la degenza dello scrittore e ben presto dimenticato.
Il romanzo è scritto in prima persona dal protagonista, Frederic Henry. Siamo nell’inverno del 1916. L’esercito italiano è avanzato fino a Gorizia. Davanti a sé ha montagne ancora in mano austriaca. Il tempo ormai si è guastato, non è più tempo di offensive. Si riprenderanno i combattimenti la prossima primavera. Frederic se ne va in licenza e approfitta per fare un giro turistico per l’Italia. Al ritorno trova tutto in ordine come prima. Alla mensa ritrova gli amici ufficiali, e nella sua stanza ritrova ancora Rinaldi, tenente medico suo amico. La vita riprende il suo tran tran fra visite al bordello (la villa Rossa), bevute in compagnia, visite ai luoghi di raccolta per le ambulanze, chiacchierate sui vari argomenti. Rinaldi fa conoscere a Frederic una fanciulla che lavora all’ospedale inglese di Gorizia, Catherine Barkley, una bellissima ragazza che aiuta le infermiere a curare i feriti. I due si incontrano e fra loro nasce un’attrazione, che, per quanto intensa, all’inizio sembra trattarsi solo di un fugace rapporto, come spesso avviene al fronte. Nei periodi in cui i due non possono vedersi, a causa degli impegni militari di Frederic, tuttavia, si comincia ad avvertire in entrambi un principio di sofferenza che si risolve quando i due possono nuovamente incontrarsi.
In primavera l’offensiva italiana riprende per conquistare agli austriaci le montagne rimaste in mano loro l’anno precedente: il San Gabriele, la Bainsizza e il Carso. Il compito militare di Frederic è quello di condurre le ambulanze al posto di raccolta, subito alle spalle della prima linea dove fervono i combattimenti. Una granata austriaca esplode proprio dove sono concentrate le ambulanze. Uno degli autisti è colpito mortalmente. Frederic è gravemente ferito a una gamba, e viene trasportato d’urgenza all’ospedale da campo. Non si può escludere l’eventualità di un’amputazione, così l’ufficiale viene trasferito all’ospedale militare inglese di Milano, dove la gamba, opportunamente curata, registra un continuo e definitivo miglioramento. Catherine viene trasferita in questo ospedale. La relazione fra i due, che al fronte sembrava un fatto passeggero, qui a Milano riprende con intensità e diventa una reciproca passione. I due realizzano ben presto una specie di convivenza, e si scambiano reciprocamente l’intenso sentimento d’amore che li tiene legati. Catherine è incinta. Si fanno progetti matrimoniali, si pensa a una vacanza assieme quando, dopo l’avvenuta guarigione, verrà concessa una licenza di convalescenza a Frederic. La meta prescelta è Pallanza.
I piani, tuttavia, trovano un improvviso impedimento. Le irregolarità di Frederic come paziente vengono osservate e criticate dai superiori. Un’itterizia insorta alla vigilia della dimissione viene attribuita all’abuso di bevande alcoliche. La licenza di convalescenza viene revocata, e l’ordine tassativo è di rientrare al fronte appena risolta la nuova infermità.
Siamo ormai in autunno inoltrato del 1917. Le offensive dell’estate non hanno portato alcun frutto dal punto di vista territoriale. I morti sono stati alcune centinaia di migliaia. Si prevede una situazione di stanca come generalmente avveniva negli inverni precedenti. Frederic, dopo un commuovente addio a Catherine e un’ultima notte trascorsa assieme a lei in un hotel davanti alla stazione, sale su un treno stracolmo, e dopo un viaggio faticosissimo raggiunge il fronte, dove ritrova tutti gli amici che aveva lasciato la primavera precedente, quando era stato ferito.
La gioia del reincontro, tuttavia, dura poco. L’ottobre del 1917 incombe. Le truppe austro-ungariche con il sostegno dei prussiani sfondano il fronte a Caporetto. Inizia la ritirata, e anche Frederic deve raccogliere le sue tre ambulanze, caricarle di tutto il materiale sanitario e portarle in salvo. La direzione da prendere è Udine, ma il trasferimento si fa ben presto precario. La colonna di mezzi e di gente a piedi che si ritira davanti all’avanzata austriaca intasa la strada, e via via che si procede, le soste sono sempre più lunghe. Anche la ricerca di strade alternative si dimostra impossibile. Le ambulanze vengono abbandonate. Frederic continua a procedere a piedi, mentre i suoi autisti si dileguano, lasciandolo solo. Raggiunge il fiume Tagliamento. All’inizio di un ponte rimasto indenne e che consente alla massa in ritirata di attraversare il fiume, un distaccamento della polizia militare ferma tutti gli ufficiali isolati. Un rapido processo e quindi la loro fucilazione per diserzione. Anche Frederic, ufficiale isolato, vene fermato. Capisce la situazione e con rapida mossa si getta in acqua e nuota, schivando le fucilate che lo inseguono, fino a riuscire ad allontanarsi dalla bolgia.
A piedi prima e poi aggrappato a un treno merci riesce a raggiungere Milano, dove si cambia d’abito e dichiara di avere ormai dimenticato la guerra e di avere fatto una pace separata. Catherine non è più a Milano. È partita per Stresa, sul lago Maggiore, così Frederic la raggiunge e, ospiti di un grande albergo, riprenderanno, sempre più innamotati, la loro vita comune. Rimane il rischio per Frederic di essere ricercato per tradimento e di finire davanti al plotone di esecuzione. Gli abiti borghesi lo proteggono fino a un certo punto. La polizia militare è sulle sue tracce, e infatti una notte il barman dell’albergo, col quale aveva stretto amicizia, lo avverte di avere saputo che il mattino successivo sarebbero venuti ad arrestarlo. L’unica soluzione è fuggire in Svizzera usando la barca che il barman dell’hotel gentilmente gli mette a disposizione. Con Catherine inizia così quest’ultima parte delle fuga, di notte, sul lago, stando il più possibile lontano dalle rive in modo da non poter essere individuato, e schivando motoscafi delle guardie di frontiera che percorrono il lago.
I due sbarcano a Brissago, il primo paesetto della costa svizzera, dove vengono provvisoriamente arrestati per ingresso clandestino, poi trasferiti a Locarno e, fatti i dovuti accertamenti, liberati. La loro meta è una cittadina sul lago di Ginevra, Montreux, dove, durante gli ultimi mesi dell’autunno e i primi mesi dell’inverno, trascorrono in felicità le loro giornate, al sicuro dalla guerra e dalle minacce che li hanno perseguitati in Italia. Catherine dovrà dare alla luce il figlio di Frederic. La nascita è prevista per marzo, e il parto, per le caratteristiche anatomiche della donna, si preannuncia difficile. I due si trasferiscono così a Losanna, dove c’è un ospedale più attrezzato. Il parto si prolunga oltre i limiti, e alla fine si deve ricorrere al taglio cesareo. Purtroppo il bambino nasce morto. Catherine non si riprende dalle difficoltà del parto. Vittima di un’emorragia, morirà anche lei poco dopo. Frederic rimarrà solo e disperato.