PARLIAMO DI DONNE: L’eroina – Grasso è bello – Una giornata qualunque, di Dario Fo, 1986 e 1991
Tre scenette scritte da Dario Fo e Franca Rame e recitate in veste di protagonista da quest’ultima. L’eroina e Grasso e bello! sono la registrazione della rappresentazione del 1991 al Teatro Nuovo di Milano. Una giornata qualunque è una registrazione, sempre al Teatro Nuovo, del 1986.
L’eroina. Franca Rame ci avverte: si tratta di una scenetta che fa riferimento a fatti realmente avvenuti. Parla della morte per overdose o per AIDS dei giovani che sono addetti alla droga. E queste morti sono molto numerose. Si parla di tre al giorno.
Carla, la protagonista, conosciuta anche come Mater Tossicorum, gestisce un banchetto con diverse cianfrusaglie. La vediamo in una piazzetta, di sera, dove passa una folla di gente alla quale ella rivolge l’invito a comprare videocassette più o meno porno, film muti in lingua originale, cellulari finti, preservativi riciclati e altre amenità.
Carla è la madre di tre figli, tutti e tre drogati. I primi due sono morti: uno di overdose, l’altro qualche anno dopo aver smesso di drogarsi, per AIDS. Il terzo, una femmina, è anch’essa drogata. Ha trascorso alcuni periodi lontana dalla droga, ma ora è precipitata ancora nel baratro. Carla allora, come madre, ha preso la decisione di legarla in casa, e di somministrarle lei la droga per cercare di calmarle le sofferenze dell’astinenza e nello stesso tempo esercitare un controllo. Tutto questo Carla lo racconta a una ragazza che, passando davanti al suo banchetto si mette a discutere con lei. Nel corso della discussione Carla si rivolge al cielo e sembra parlare con Padreterno. Quasi risposta ai suoi appelli, si avvertono tuoni di varia intensità. Nel frattempo, in quelle ore notturne si scatena la malavita. Diversi drogati chiedono aiuto alla Mater Tossicorum, la quale a sua volta è in cerca di una bustina di droga per la figlia. Ma droga quel giorno non ce n’è, è stata tutta o sequestrata, o consumata. Uno spacciatore colombiano dovrebbe portarla, ma quando arriva è moribondo, colpito da una fucilata la ventre. Carla si butta a cercare le bustine, che il colombiano dovrebbe avere, senza trovarle. Arriva la polizia che trova le bustine sotto il parrucchino e le sequestra. Disperazione di Carla che pensa alla figlia. In quel momento dei banditi si liberano davanti a lei di una valigia contenente tantissimi soldi. È un’occasione. Carla ha pensato di andare a Liverpool dove si sta facendo una ricerca avanzata sui drogati. I primi risultati della ricerca dimostrano una importante diminuzione della mortalità, rispetto alle tragedie che si vivono sulla strada. Con quei soldi potrebbe andare a Liverpool. Ma la storia non è finita. Tornano i banditi che riprendono i soldi e legano le due donne, che a stento riescono a liberarsi.
Finalmente arriva una donna che dice di chiamarsi Maria, e invita Carla a fidarsi ciecamente di lei. Le discussioni di Carla col Padreterno continuano. Ma tutto sembra risolversi nel fatto che Carla vede, sì, la realtà, ma non può parteciparvi: di fatto è morta. Alle sue preghiere, Maria le concede un rapido ritorno sulla terra per aiutare la figlia. Tutto quello che ha vissuto è stato un sogno? ma poi la forza del cielo la fa ritornare nel regno dei morti.
Grasso è bello! Questa seconda scena ha sempre come protagonista una Franca Rame, qui truccata in modo da apparire una donna obesa: Mattea. La vediamo mentre al mattino si sveglia chiamata da una voce maschile che proviene dal letto e che l’avverte che sono le nove. La voce è suadente, e le fa tanti complimenti, la chiama amore, etc. Ma la voce non proviene da un uomo, bensì da un registratore che la donna tiene nel letto. È un modo per non sentirsi sola. La donna infatti vive sola. Ha cacciato di casa il marito. La sua obesità data da quel momento. Marito e moglie erano era ricercatori nucleari. Ma mentre lei, Mattea, aveva le idee e le comunicava al marito, lui gliele sfruttava e poi le pubblicava assieme alla sua assistente, che non era altro che la sua amante. Fu inevitabile cacciarlo di casa. La solitudine che ne seguì diede adito a una serie di cedimenti sul piano dei comportamenti che condizionarono un progressivo aumento di peso: alimentazione, alcol, sedentarietà, etc. Inutili i ripetuti tentativi di dimagrire ricorrendo alle varie diete consigliate da esperti, da giornali etc. Inutile anche il ricorso a esercizi fisici, come la cyclette. Alla fine il peso si è assestato sui cento venti Kg. Una situazione del genere finisce per creare situazioni psicologicamente imbarazzanti, e soprattutto il crollo dell’autostima. Il ricorso alla psicanalisi le suggerisce di provare ad affidarsi alla prostituzione. Si associa a un gruppo di donne dedite all’autoaiuto: puttane per una notte. L’esperienza è travolgente. Non solo si rende conto che molti uomini amano le donne grasse, ma soprattutto che l’erotismo di certe condizioni al di fuori del rapporto coniugale è infinitamente più entusiasmante. Questa terapia le giova soprattutto sul comportamento, con crescita dell’autostima, e ingresso in una vita fatta di amicizie, di divertimenti, di allegria etc. Giunge a registrare su un nastro tutte le frasi d’amore ascoltate a teatro, in film, alla TV. Questa realizzazione ha un grande successo. Tutti vogliono ascoltare quei nastri, amano ascoltarli, amano svegliarsi al suono di quelle voci. Gli stessi giornali ne raccontano le meraviglie. Ne nasce un’impresa che ha grande successo, e questo glielo conferma Marco, giovane collaboratore che si occupa dei vari contratti. Mattea, per questo suo brevetto, diventerà ricca. Addirittura Mattea parla di una poltrona dell’amore, sulla quale ci si siede e ci si sente abbracciati, come se si fosse fra le braccia di un amante, mentre alle orecchie giungono paroline dolci o ardenti, mentre negli occhi, mediante una specie di occhiali, sembra di intervenire di persona in scene erotiche o d’amore, etc. Tutto ormai sembra portare verso una forma di autorisoluzione dei problemi del rapporto di coppia. Mentre Mattea discute con Marco queste cose, ecco che entra sua figlia Anna. È una giovane bella fanciulla, in preda alla disperazione. Qual è il problema, le chiede la madre. Si scopre che la donna, oltre ad essere sposata, fra l’incredulità e lo sgomento della madre, ha una serie di rapporti liberi con diversi uomini che vanno e vengono nel suo letto. La causa attuale della sua disperazione è la scoperta che di lei, al suo ultimo amante, non glie n’è mai importato niente. Mattea deride le figlia, in preda a una passione che, come sempre, sarà transitoria. Quest’ultima, come segno di vendetta postuma, rivela alla madre che il padre non tornerà mai più da lei perché si sta sposando con un’altra donna. Poi Anna esce accompagnata da Marco, che si sta dando da fare per portarsela a letto.
Una giornata qualunque. La protagonista è una donna, Giulia (sempre Franca Rame), che esattamente un anno prima, dopo trentacinque anni di vita in comune, si è separata dal marito. Ora vive sola, in una casa piena di aggeggi elettronici. Di mestiere fa la pubblicitaria e quindi ha tutta la strumentazione necessaria per fare dei filmati. La solitudine l’ha stremata. Non ha più voglia di vivere. Ha deciso di suicidarsi e di lasciare un messaggio visivo all’ex marito. Organizza una ripresa televisiva registrata su nastro, nella quale gli fa un discorso. Gli confessa di averlo molto amato e gli parla della sofferenza della separazione. Nei primi tempi della separazione si è goduta la libertà, ma ben presto, quando la solitudine finisce per prevalere sulla libertà, è cominciata la depressione. Sorgono i vizi, il fumo, l’alcol, il mangiare contro i quali è necessario tuttavia lottare. E infatti nel suo monolocale vi sono diversi strumenti che cercano di contrastare i vizi. Se accende una sigaretta entra in funzione un monitor che la erudisce sui pericoli del fumo; altrettanto avviene con l’alcol; la dieta da seguire è quella macrobiotica, e tutto avviene con la partecipazione di queste trappole elettroniche. La sofferenza è tale che vivere non ha più senso. Al termine del messaggio si suiciderà. Mentre si dà da fare per registrare il videomessaggio per il marito, comincia a suonare il telefono. Si scopre che un giornale dall’invitante titolo di “Salute” ha pubblicato un l’articolo di una dottoressa in psichiatria che dà consigli contro la depressione. Alla fine dell’articolo compare un numero telefonico, che è inopinatamente quello di Giulia. Così ella riceve telefonate da donne disperate che hanno bisogno di consiglio e di aiuto. Inutilmente cerca di far capire di non essere lei la psichiatra. Le donne insistono, voglio consigli, vogliono sapere, e così nascono delle conversazioni che finiscono per diventare comiche. Giulia ha sempre in mente il suicidio e a ogni conversazione la sua determinazione si rafforza. Finisce per immedesimarsi nel ruolo che il caso le ha attribuito, finché arriva la telefonata di una signora che si rivelerà essere realmente una dottoressa, e che capirà che Giulia non è affatto una psichiatra. Il suo nome è Carla e si sta suicidando con la canna del gas. Giulia capisce l’urgenza della situazione, invano chiede nome cognome e indirizzo per poter inviare gli aiuti necessari. Telefona alla polizia, che tuttavia, in assenza di informazioni più precise, non è in grado di far nulla. Nel frattempo, nel corso della telefonata arrivano due rapinatori che la minacciano e la picchiano: voglio soldi e gioielli. Giulia soldi ne ha pochi, di gioielli ha solo bigiotteria. Ma mentre i banditi minacciano il telefono è in attività e Carla sente tutto e avverte la polizia della rapina. Il comportamento di Giulia diventa sempre più confuso. La polizia anziché affrontare i problemi sollevati dalla situazione, finisce per considerare Giulia pazza e la fa rinchiudere in manicomio.
Le tre scenette non sono fra le cose migliori di Fo. Franca Rame, nelle vesti della protagonista recita con molta verve, sottolinea con gusto comico tutte le incongruenze di un linguaggio che mette in evidenza la contraddizioni della vita ma anche dalla lingua, ma diciamo che, mentre le scenette si riferiscono ai problemi delle donne, i problemi qui affrontati forse sono in gran parte superati. Anche la recitazione, ricca di toni, e di espressioni del volto, tende ad essere abbastanza ripetitiva.