FESTA MOBILE (A Moveable Feast) di Ernest Hemingway (postumo, 1964)
Più che un vero e proprio romanzo, si tratta di ricordi relativi agli anni trascorsi a Parigi dal 1921 al 1928: gli anni nei quali ebbe inizio la sua attività di scrittore ed emerse la sua creatività. Il libro fu scritto qualche anno prima della sua morte, novembre 1961. Più che altro fu uno scavo in documenti riferibili a quel periodo e conservati in una specie di baule. Il lavoro richiese molto tempo, dal 1957 fino al 1960, e gli episodi vennero ricostruiti senza rispettare l’ordine cronologico, quasi in attesa di una ricostruzione più complessiva. Il libro comunque non venne pubblicato. Dopo la morte, venne ripreso dalla sua quarta moglie, Mary Welsh, restaurato e dato alle stampe nel 1964, quando la Scribners lo pubblicò in America e la Mondadori in Italia, nella traduzione di Vincenzo Mantovani.
Il restauro tuttavia non venne considerato soddisfacente. Per ragioni personali, la donna alterò l’ordine originale dei capitoli e soprattutto ne eliminò alcuni, soprattutto quelli che si riferivano alle vicende coniugali dello scrittore in quel periodo, nei quali Hemingway manifestava i suoi sentimenti più intimi che lo tormentarono profondamente. Nel 2010 il nipote di Hemingway, Sean, riprese in mano lo scritto, e lo restaurò ripristinando l’ordine originale dei capitoli e reintroducendo i capitoli esclusi nell’edizione precedente. Questa nuova versione venne ancora pubblicata da Mondadori nel 2011, nella traduzione di Luigi Lunari. Ho avuto modo di vedere entrambe le edizioni. La seconda, in particolare, nella forma di audiolibro trasmesso da Radio 3 letto da Ennio Fantastichini. Lettura, devo dire, di ottima qualità. In più occasioni la voce dell’attore sembrava riprodurre il carattere intenso, variegato, espressivo dello scrittore.
Parigi è il vero protagonista del libro. Parigi e il fascino che la città ha esercitato sullo scrittore: i Caffè dove si poteva stare al caldo a scrivere sorseggiando un café crème o bere un whisky con gli amici; i boulevard lungo i quali passeggiare e attraversare i bellissimi giardini del Luxenbourg; i quais nel vento autunnale o sotto la pioggia dove bancarelle vendevano libri a poco prezzo; la biblioteca di Sylvia Beach e i romanzi russi che lo hanno affascinato; i ristoranti con i loro saporiti piatti di ostriche, lumache, etc.; gli ippodromi dove si andava ad assistere alle corse dei cavalli e ancora di più, a scommettere su di essi; le mostre di quadri di pittori contemporanei nei musei o nella case di amici; i piccoli appartamenti in affitto ai piani alti dei condominii da dove si potevano ammirare i tetti della città e, alla notte, fare all’amore con Hadley, la moglie di cui era intensamente innamorato. Le parole di Hemingway “…è così che era Parigi, nei primi anni quando eravamo molto poveri e molto felici”.
Nel corso del libro Hemingway ci presenta una vasta gamma di personaggi e di artisti che vivevano a Parigi in quegli anni, e con i quali in un modo o nell’altro era venuto a contatto. Si tratta di personaggi alcuni dei quali hanno rappresentato momenti di grande importanza della storia letteraria del periodo e non solo del periodo.
Fin dai primi capitoli Hemingway ci presenta Getrude Stein, personaggio attorno al quale hanno ruotato grandi artisti, come Picasso (che ne fece un celebre ritratto, oggi al Metropolitan Museum of Art di New York), Ezra Pound, Sherwood Anderson, e altri ancora. Hemingway divenne suo amico e frequentò la sua casa, ammirò i quadri che la donna teneva esposti alle pareti, e conobbe la compagna della sua vita, Alice Toklas. L’amicizia si interruppe quasi all’improvviso, un po’ per il carattere insopportabile della Stein che non amava essere contraddetta, un po’ per l’insofferenza di Ernest.
Altro personaggio che ci viene presentato è Ezra Pound. Hemingway lo definisce un grande poeta e un uomo di grandissima generosità, sempre pronto ad aiutare colleghi in difficoltà. Aveva fondato un’associazione di nome Bel Esprit al fine di raccogliere soldi in favore di T.S. Eliot costretto a lavorare in banca a Londra, senza quindi avere tempo per scrivere poesie. Si trattava di aiutarlo economicamente dandogli la possibilità di liberarsi della schiavitù del lavoro impiegatizio e di ricuperalo così a quelle che ciò che avrebbe dovuto essere la sua occupazione principale. Anche Hemingway fu associato all’iniziativa. Un altro poeta che Pound cercò di aiutare con l’aiuto di Hemingway, fu Ralph Cheever Dunning, notoriamente dedito all’oppio e di salute gravemente compromessa. Ezra Pound è considerato da Hemingway e dalla cerchia di amici parigini un grande poeta, che oltre alla letteratura ama le arti figurative. Per esempio una sua passione sono quadri di pittori giapponesi e i quadri di Wyndham Lewis, che Hemingway in realtà non ama affatto. Nella sua abitazione c’è anche una scultura di Henri Gaudier-Brzeska con la riproduzione della sua testa, questa molto bella e molto apprezzata da Hemingway.
Il terzo personaggio sul quale Hemingway si intrattiene a lungo nel libro è Francis Scott Fitzgerald. Hemingway ne esalta il talento, ma non lo tratta benissimo. Al contrario ne descrive, spesso con malcelata ironia, certe debolezze sia dal lato umano sia da quello di scrittore. Parlando delle debolezze umane emergono in primo piano i rapporti difficili con la moglie, che si rivela gelosa della sua attività di scrittore e sembra cercare ogni occasione per imporsi su di lui; nell’uomo si manifesta anche anche una certa forma di ipocondria, una scarsa tolleranza all’alcol che tuttavia non lesina, una certa passività nei rapporti con gli amici, etc. Parlando delle debolezze come scrittore, Hemingway lamenta il fatto che egli pubblichi i suoi racconti, dopo averli riveduti e corretti in modo da banalizzarne il contenuto e la forma, su riviste dozzinali al solo scopo di far soldi. Il ritratto che ne esce è un ritratto certamente parziale, ma, mi pare piuttosto zoppo. Il suo ultimo libro, Il grande Gatsby, Hemingway lo apprezza invece senza riserve.
Altri personaggi che Hemingway ci presenta e con cui viene a contatto in questo suo soggiorno parigino nei vari caffè e in particolare nel suo caffè più amato, la Closerie des Lilas.: il poeta Ernest Walsh, ricercatissimo, pagatissimo, affetto purtroppo da una forma avanzata di tubercolosi che lo porterà a morte in breve tempo; lo scrittore Ford Maddox Ford che esibisce un carattere sussiegoso che dà molto fastidio a Ernest; Jules Pascin, un grande pittore in una condizione di decadimento fisico e mentale che ben presto lo porterà al suicidio; Evan Shipman, anch’egli grande poeta, ma con nessuna ambizione se non quella di scrivere; nessuna poesia pubblicata e nessun interesse a pubblicarle. Fra tutti i personaggi incontrati è quello che Hemingway rispetta e più, ed è il personaggio con il quale conclude il libro: quello che egli definisce un vero amico.
Oltre all’ambiente artistico, nel libro Hemingway ricostruisce la sua vita intima. I rapporti con la moglie Hadley, della quale è profondamente e sinceramente innamorato, e l’educazione del piccolo Bumby, il figlio da lei avuto. C’è anche un capitolo dedicato a una transitoria condizione di povertà estrema tanto da costringerlo a saltare dei pasti, dopo che ha preso la decisione di lasciare il giornalismo, che gli dava da vivere, per dedicarsi solo alla scrittura di racconti che tuttavia non riesce a vendere. Ma, ci dice lo scrittore, la fame è una maestra insostituibile che ti costringe a pensare e aumenta la tua sensibilità, al punto da rendere più facile addirittura la comprensione dei quadri.
Altri capitoli sono dedicati agli inverni trascorsi sulla neve, in Austria. Sono inverni felici, almeno i primi due, quello del 1924 e quello del 1925. Frequenta una scuola di sci; con la moglie si arrampica su impervie salite per scendere lungo piste innevate; è testimone di valanghe che provocano la morte di molte persone. La coppia gode di un sano rapporto amoroso, e condivide una vita piacevole con i padroni dell’hotel e con altri ospiti che vi transitano. Il terzo inverno, quello del 1926 è invece considerato un inverno orribile e doloroso. Lo scrittore s’innamora di Pauline Pfeiffer, la migliore amica della moglie. La vicenda è tormentatissima. Hemingway insiste nel farci capire che in sostanza, in quell’inverno, egli, oltre a essere innamorato della nuova fanciulla, è ancora innamorato della moglie; ma che la situazione precipita quando Pauline decide di sposarlo, ed egli in preda a una nuova felicità alla quale non sa rinunciare, è costretto ad abbandonare Hadley. Il sentimento dominante è un rimorso che soffoca ogni altro sentimento. Solo un nuovo matrimonio di Hadley e la consapevolezza di una sua nuova felicità riuscirà poi a sopire il tormento dello scrittore.
Il libro si chiude con un colloquio con il suo unico e vero amico, Evan Shipman. Nada, pues nada è il pessimistico titolo dell’ultimo capitolo. Ma Evan ricorda a Hemingway che il suo compito è quello di scrivere, e da quel compito non deve mai distaccarsi. “No, pensavo. Non mi sarei dimenticato che dovevo scrivere. Ero quello per cui ero nato e quello avevo fatto e avrei continuato a fare. Qualsiasi cosa dicessero in proposito dei romanzi o dei racconti o di chi li aveva scritti, per me andava bene. Ma vi sono remises o magazzini dove puoi lasciare o immagazzinare certe cose come un baule con serratura o un borsone contenente effetti personali o poesie inedite di Evan Shipman, o carte geografiche segnate, o anche armi che non c’è stato il tempo di consegnare alle autorità competenti. E questo libro contiene materiali dalle remises, dalla mia memoria e del mio cuore. Anche se la prima è stata manomessa e il secondo non esiste.”