LA PELLE CHE ABITO, di Pedro Almodóvar, 2011
Un professore universitario, celebre chirurgo, Robert Ledgard (Antonio Banderas), parla a un auditorium di trapianti della faccia. La faccia è l’espressione della personalità, dice, e vi sono casi il trapianto di faccia diventa indispensabile per ripristinare una personalità la cui espressione è stata distrutta da un qualche evento. Nel mondo si registrano solo pochi casi di questo trapianto e in alcuni di questi casi egli stesso ha partecipato. Definisce questo evento come una delle cose più emozionanti della sua vita.
Si viene a sapere comunque che egli non si dedica solo ai trapianti del volto. In realtà confessa ai colleghi scienziati e al rettore dell’Università di studiare una nuova forma di pelle, molto più resistente della pelle umana ai traumi e anche alle punture di insetto. Questa pelle, cui ha dato il nome di Gal, il nome della moglie morta in un incendio, sperimentata sugli animali è un prodotto transgenico, per formare il quale nel DNA umano è introdotto un gene di porco. Il mondo scientifico da una parte è interessato, ma dall’altra lo avverte: la legge e la morale impediscono l’uso di prodotti transgenici sull’uomo. Quindi i suoi esperimenti non possono superare la barriera della sperimentazione animale.
In realtà le cose stanno in un modo molto differente. Nella sua lussuosissima e grande villa, Robert tiene prigioniera, in una camera isolata dal contesto, una bellissima fanciulla, Vera (Elena Anaya), che egli controlla dall’esterno attraverso delle telecamere puntate su di lei. In sua assenza il controllo è delegato a una vecchia signora, Marilia (Marisa Paredes), con funzioni di inserviente, ma che con Robert ha un rapporto di particolare intimità.
Robert non solo controlla Vera attraverso le telecamere, ma la va anche a trovare frequentemente e ha con lei un rapporto diretto, che sembra di amicizia. La ragazza pare attratta da lui, ma fra i due non c’è rapporto sessuale. La cosa che lascia perplesso e incuriosito lo spettatore è che la donna, come viene rivelato dai discorsi di Marilia, ha un volto molto simile a quello di Gal, la moglie di Robert morta in un incendio. Forse, viene da pensare, il volto della ragazza prigioniera è stato trapiantato scegliendo proprio l’espressione di Gal.
Questo è un modo di procedere caratteristico di Almodóvar: lasciar intendere piccole rivelazioni che sottendono un mistero, che verrà, a poco a poco svelato nel procedere del racconto.
In un giorno di carnevale, mentre Robert è assente, alla villa si presenta un individuo mascherato. È Zeca (Roberto Álamo) figlio di Marilia. È un delinquente, e nella giornata ha partecipato a una rapina in una gioielleria. Le telecamere di sicurezza hanno ritratto il suo volto e quindi ora deve rimanere nascosto, e lo fa restando nella villa di Robert. Lega la madre che vorrebbe impedirglielo; poi vede negli schermi televisivi di controllo Vera, crede che si tratti della moglie di Robert, che a suo tempo è stata la sua amante, entra nelle stanza segregata, e si scopa violentemente la donna che non può opporre resistenza. Ma il divertimento dura poco. Arriva Robert e lo uccide con un colpo di pistola.
Mentre Robert si dà da fare per far sparire il cadavere di Zeca, Marilia racconta a Vera la storia della famiglia. Zeca e Robert sono fratelli, almeno da parte di madre, ma non lo sanno. Entrambi hanno ereditato dalla madre una tendenza alla follia. Zeca si è dato alla vita randagia fin dalla prima infanzia, mentre Robert ha fatto carriere come scienziato, si è sposato e ha avuto una figlia, Norma. Zeca e Gal si innamorarono e fuggirono. La loro automobile ebbe un grave incidente stradale, e Gal rimase ustionata in tutto il corpo. Robert la vegliò in continuazione nella speranza di salvarla, ma in una occasione nella quale la donna riuscì a vedersi in uno specchio, prevalse la disperazione e si uccise. Di qui nacque in Robert la vocazione agli studi di cui sappiamo sui trapianti di faccia e sulla pelle.
Dopo il drammatico episodio dell’uccisione di Zeca, fra Robert e Vera sembra nascere un vero e proprio amore. Alla sera, a letto, si scambiano intensi abbracci e baci. Si manifesta il desiderio dell’uomo, ma la donna è costretta a rifiutarsi, almeno per ora: la violenza di Zeca le ha provocato intenso dolore. I due finiscono per addormentarsi, e durante il sonno, come in un sogno fatto da Robert, l’azione viene spostata a sei anni prima.
Robert ora è vedovo. La figlia, Norma, ha grossi problemi psicologici e viene ricoverata in istituto psichiatrico. Curata mediante terapia medica, sembra migliorare e viene periodicamente affidata al padre. In un’occasione il padre la accompagna a un ballo, dove la fanciulla, molto bella, viene corteggiata da un ragazzo, Vicente. Questi è il figlio di una negoziante di abiti femminili, e, come molti ragazzi della sua età, ha la tendenza a drogarsi con le solite pasticche di Ecstasi e altri euforizzanti. Vicente accompagna la ragazza nel giardino della villa, non si rende conto del suo stato psicologico e cerca di scoparla. Questo provoca in lei una reazione di ripulsa che prosegue anche nei confronti del padre, quando egli, preoccupato per la sua assenza, la trova semisvenuta nel giardino. Robert riesce a sapere chi è il ragazzo che ha provocato il disastro, lo rapisce, e agisce su di lui per provocarne una profonda trasformazione. Attraverso diversi interventi chirurgici, lo trasformerà in una donna, con la faccia della moglie Gal, e con una vagina artificiale e infine con la pelle transgenica. E chiaro, a questo punto che la donna nella stanza isolata, e che ora dorme fra le braccia di Robert, altri non è che Vicente trasformato non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Durante la trasformazione, la figlia Norma ha ripreso in pieno la patologia psichiatrica; il ricovero in clinica non l’aiuta più e la ragazza si uccide. La trasformazione di Vicente, quindi, si manifesta come una forma di vendetta, ma anche di sostituzione delle figure cha hanno rappresentato l’amore di Robert.
Vicente sembra avere accettato al sua condizione di donna, e da quel momento come tale si comporta, entrando in sintonia con Robert e con Marsilia.
Ora Vera è entrata nella famiglia, non è più reclusa nella stanza e vive la vita comune. Il caso vuole, tuttavia, che a Vera capiti di vedere in un giornale la fotografia di Vicente accanto alla notizia che il ragazzo è scomparso e che la madre, nonostante tutto, non smette di cercarlo. Questo ridesta in lui la natura originale. In un momento di intimità con Robert, si impadronisce della pistola dell’uomo e lo uccide, uccidendo nel contempo anche la vecchia Marsilia che all’ultimo momento aveva capito le intenzioni di Vera-Vicente. Poi torna nel negozio della madre, quello da cui era uscito quando era stato rapito da Robert. Ovviamente, in un primo momento, con l’aspetto femminile e il viso rifatto, non viene riconosciuto, ma questo dura il tempo necessario perché Vicente dia le spiegazioni necessarie al suo riconoscimento.
Il film è raccontato nel modo classico di Almodóvar: la storia si sviluppa lentamente, con piccole rivelazioni di una realtà complessa che si dipana a poco a poco, tenendo sempre molto desta l’attenzione dello spettatore. La narrazione degli eventi si alterna a diversi flash-back che servono per farci capire il rapporto fra il presente e il passato. La conclusione è perfettamente logica e le varie apparenti contraddizioni trovano la normale soluzione nel finale. La trama è avvincente, le scene si susseguono creando notevole suspense. Forse la recitazioni non sono eccelse: né quella di Banderas e neppure quella Elena Anaya. Comunque il film è decisamente molto godibile.
Il film è stato presentato in concorso al Festival Cinematografico di Cannes del 2011