LA SIGNORA DI SHANGHAI (The Lady from Shanghai), di Orson Welles, 1947
Thriller con una trama molto intrigata. Michael O’Hara (Orson Welles) si imbatte per caso in una donna bellissima, Elsa, (Rita Hayworth) che poco dopo viene aggredita da due malviventi. Michael la salva e ne è attratto. Ella è la moglie di un celebre e ricco avvocato, Arthur Bannister, personaggio in parte disabile, costretto a camminare con due bastoni. Il suo modo di comportarsi ha un aspetto di ambiguità. Comunque è disponibile a fare tutto ciò che la moglie gli chiede. Per questo invita Michael a farsi assumere come marinaio nel suo ricchissimo yacht. Elsa sembra essere attratta dall’uomo, e Arthur non nasconde la sua gelosia.
Il gruppo parte da New York per una lussuosa vacanza, con direzione San Francisco e fermata ad Acapulco. Nello yacht c’è anche un socio di Arthur, George Grisby. Questo Grisby ha un comportamento equivoco. Si diverte a stimolare la gelosia di Arthur facendogli continuamente notare l’intimità fra Michael ed Elsa. Michael non è convinto che i rapporti fra i personaggi del gruppo siano trasparenti, e si guarda bene dall’accettare le profferte della donna, o per lo meno, cerca di resistervi. La cosa riesce solo in parte. Michael è palesemente innamorato.
George Grisby ha capito che Michael è un uomo d’azione e che è disponibile anche ad azioni non propriamente nei limiti della legge. Gli offre 5.000 dollari e gli chiede di simulare il suo omicidio, facendone confessione in uno scritto. Egli così, creduto morto, può fuggire in un’isola deserta dove potrà passare, ignorato da tutti, il resto della sua vita. La scomparsa del suo “cadavere” renderà non utilizzabile ai fini dell’accusa la confessione scritta. Ma il vero motivo dell’intrigo, si verrà a sapere, sembrerebbe essere legato alla riscossione dell’assicurazione dello studio legale.
Michael capisce di essere entrato in un gioco pieno di trappole e la cosa non è così semplice come sembra. Confessa a Elsa il patto che lo lega a George, e la invita a fuggire. I due si incontrano all’acquario dove si confidano il reciproco amore, ma vengono visti e fotografati. Elsa mette in guardia Michel dagli intrighi del marito.
Infatti Arthur ha assoldato un investigatore, Broome, con il compito di sorvegliare la donna. Broome capisce che George sta tendendo una trappola al socio. In realtà il suo obiettivo è quello di eliminare Arthur, mettersi con Elsa e riscuotere l’assicurazione dello studio. Broome ricatta George che in tal modo l’uccide, usando la pistola di Michael, e poi sparisce.
Broome fa a tempo ad avvertire Michael, che tuttavia, prima di raggiungere l’avvocato, viene arrestato con l’accusa di aver ucciso George, il cui cadavere nel frattempo è stato trovato dalla polizia.
Si farà il processo, le prove a carico di Michael sono pesantissime. L’unico elemento che potrebbe aiutarlo è la ricerca della pistola che ha ucciso George, che non è mai stata ritrovata. Arthur lo difende in qualità di avvocato, ma Michael capisce che l’obiettivo dell’avvocato è quello di farlo condannare. Decide quindi di fuggire.
La fuga termina a Chinatown, in un teatro dove si svolge uno spettacolo cinese. La polizia lo cerca, ma Elsa lo raggiunge e lo copre abbracciandolo in modo da nasconderlo. Questo gesto aiuta Michael, ma perde la donna. Infatti Michael, urtando la sua borsetta, scopre la pistola con la quale è stato ucciso George. Quindi l’omicidio l’ha compiuto Elsa. Messa alle strette, la donna confessa che il suo piano è quello di riscuotere l’assicurazione dopo avere ucciso anche il marito. Poi, con l’aiuto dei cinesi suoi complici, fa perdere i sensi a Michael e lo fa trasportare in un padiglione che nient’altro è che un labirinto di specchi. Lì starà al sicuro.
Elsa lo raggiunge subito dopo, ma in quel momento nel labirinto entra anche Arthur, che ha capito il gioco della moglie e, armato di pistola, la vuole liquidare. Elsa risponde al fuoco, e dopo una sparatoria, Arthur muore ed Elsa viene ferita gravemente. Michael si salva ed esce dal labirinto senza rispondere alle invocazioni d’aiuto della donna, che si è rivelata essere un personaggio infido.
Il film, in bianco e nero, scorre veloce scoprendo, via via che le inquadrature scorrono sullo schermo, colpi di scena continui, nei quali il filo conduttore sembra essere il tormentato, difficile amore di Michael per Elsa e, in un’atmosfera di continua ambiguità, anche l’amore di Elsa per Michael. Molto belle sono le scene in cui Michael ed Elsa si confidano il loro amore o fanno programmi per fuggire insieme. Il bianco e nero pone in risalto soprattutto i loro profili, che in certi momenti diventano della macchie nere in contrasto su un fondo chiaro.
Nel finale gli intrighi si sovrappongono. Il processo diventa un’occasione per alleggerire la tensione, con situazioni imbarazzanti se non addirittura comiche, come la richiesta del procuratore di interrogare come testimone a carico lo stesso avocato difensore dell’imputato.
La fuga di Michael si conclude nel padiglione del labirinto, dove viene catturato da giochi di frenetico movimento che preluderanno alla sparatoria fra marito e moglie nell’ambiente pieno di specchi. La sparatoria manderà in frantumi i numerosi specchi sui quali le figure dei due coniugi vengono riflesse in modo moltiplicato. È questa forse la scena più famosa del film, scena che è stata ripresa in altri film successivi.
Le interpretazioni dei diversi attori sono abbastanza scontate, e non mi pare che su di esse ci sia molto altro da aggiungere.