IL SOPRAVVISSUTO, di Antonio Scurati

 

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Il libro si apre con una strage. Un  allievo di liceo, Vitaliano Caccia, si presenta alla seduta dell’esame di maturità, estrae una pistola e uccide sette degli otto professori della commissione. L’ottavo, Andrea Marescalchi, professore di storia e filosofia, è il sopravvissuto. Marescalchi si chiede che cosa abbia indotto Vitaliano, giovane dal bilancio scolastico fallimentare ma dotato di intelligenza, e di personalità indipendente, ad assassinare i sette professori, e a risparmiargli la vita.

Comincia così un viaggio che dalla nevrosi della condizione di sopravvissuto porta Marescalchi ad indagare sul disagio di una generazione sempre più lontana da quelli che sono i valori tradizionalmente condivisi del mondo degli “adulti”, e a scoprire come questo disagio non sia altro che il rifiuto di proiettare in un futuro temuto la loro condizione di vita, quella giovanile appunto, dove l’indipendenza di giudizio è ancora il valore portante, e l’ipocrisia bandita. 

Marescalchi ha vissuto e vive questo disagio riflesso nelle vicende scolastiche di Vitaliano, e va alla ricerca, nel rapporto che lo ha legato a lui, più che delle responsabilità dell’assassino, delle proprie responsabilità di insegnante.

La strage è un fatto di cronaca nazionale, e il sopravvissuto diventa un mito, forse un eroe. Egli viene interrogato da commissari, magistrati, psicologi, ognuno dei quali espone una propria teoria sulla generazione dei giovani (c’è addirittura chi – come il magistrato inquirente – vedendo l’emergere di un conflitto cruento fra generazioni dal quale occorre che gli adulti si difendano, dà per scontato che la strage abbia avuto come mandanti, impliciti o espliciti, gli allievi della scuola, e li sottopone tutti ad indagine); partecipa a talk-show televisivi dove giornalisti, esperti, criminologi, psichiatri cercano di dare una spiegazione e fare una ricostruzione dei fatti (il mistero dei serial-killer) con una ritualità nella quale confluiscono saccenteria, superficialità, vocazione a provocare l’allarmismo degli ascoltatori e nello stesso tempo a tranquillizzarli.

Non mancano i solenni funerali alla presenza degli uomini politici più importanti, le elevate omelie dei sacerdoti, l’assieparsi della folla davanti alle bare, e l’inevitabile applauso finale, frutto, come viene notato, dell’educazione televisiva della gente, che con questa manifestazione, vuole esprimere commozione, solidarietà, approvazione, e far sapere ai presunti milioni di telespettatori che essi stanno provando sentimenti di tal genere.

Ma tutto ciò non risolve l’angoscia del professore: i sintomi di cedimento emotivo consigliano i medici a sottoporrlo a una psicoterapia di gruppo, mentre i magistrati, temendo che l’assassino si rifaccia vivo per completare l’opera, gli assegnano una scorta.

Andrea Maresalchi è determinato a cercare nei suoi rapporti con Vitaliano la causa della strage e soprattutto il messaggio che il ragazzo ha voluto lanciagli nel risparmiarlo.

Così decide di dedicarsi alla lettura del proprio diario di insegnamento dell’ultimo anno: letterariamente si tratta di una specie di flash-back delle vicende scolastiche, nelle quali prendono vita gli incerti, ma autentici valori dei giovani, le loro complicità, le loro autodifese, i loro interessi più che per la filosofia “dotta”, per quella che emerge dalle loro esperienze quotidiane e dalla loro curiosità; il loro rapporto col sesso, con la droga, con gli insegnanti, con il futuro.

E fra questi interessi emerge, verso la fine, quello che ha sconvolto Vitaliano: la domanda se il genocidio è una creatura del XX secolo oppure se esso è sempre esistito nella natura biologica dell’uomo; e l’ambiguità della risposta del suo insegnante di storia. Vitaliano ha lavorato su questa domanda, e ne ha fatto oggetto di una tesi da presentare all’esame di maturità. Marescalchi scopre il documento e in esso crede di vedere la vera motivazione del suo comportamento: non una strage per uccidere, ma una strage per risparmiare lui stesso e nello stesso tempo comunicargli la risposta.

Marescalchi capisce di essere, tutto sommato, il movente della strage, e di non poter vivere con questo fardello sulle spalle. Decide quindi di uccidersi. Lo farà il giorno di inizio della scuola, il 10 di settembre. Proprio in quel giorno, tuttavia, vede nella posta una cartolina illustrata: due vulcani gemelli che sovrastano una città messicana: il luogo dove, nella fantasia, egli e Vitaliano avevano progettato di fare un viaggio.

Questa cartolina è per Andrea una grande e tragica rivelazione. Anche le sue teorie, le sue ricerche, il suo senso di responsabilità, si sono rivelate frutto di fantasia, di misconoscenza del mondo giovanile: nulla di tutto quello che aveva pensato, immaginato e sofferto è vero. Vitaliano è solo un volgare assassino, che, compiuto il delitto, è corso a godersi la meritata vacanza.

Il libro è scritto in modo piano, la narrazione è avvincente, i personaggi acquistano una loro vita, l’analisi del mondo giovanile non è saccente; pur osservando le loro complicità, la loro tendenza a far gruppo, all’autodifesa, fa intravedere canali di comunicazione, che tuttavia vanno cercati e soprattutto rispettati. Esemplare è l’episodio della professoressa di religione che impone a uno degli allievi di consegnarle lo skateboard che tiene sotto il banco, ma che, nonostante il potere a propria disposizione, le minacce, etc. non riesce ad ottenere che il suo ordine venga eseguito, e si abbandona al pianto.

In sostanza, senza essere un capolavoro, il libro si propone, in buona parte riuscendoci, un approccio al disagio dell’adolescenza e alla proiezione di questo disagio nelle nevrosi dell’età adulta. In questo lo si potrebbe definire una lettura onesta.

Il punto debole, secondo me, è il finale: mi sembra forzato, come d’altra parte, con un materiale su cui l’autore cerca di indagare, difficilmente avrebbe potuto essere altrimenti.

Formalmente il libro si avvale, incastonati nella narrazione principale, di capitoli dedicati alle riflessioni o agli interventi di personaggi (il magistrato, lo psichiatra, lo stesso prof. Andrea Marescalchi) e capitoli dedicati alla rilettura del “diario di bordo” del prof., che ricostruiscono gli eventi scolatici dell’anno scolastico appena terminato.

Questa articolazione dà alla lettura un certo movimento, e ne facilita la comprensione.

 

Vincitore ex aequo con Mandami a Dire di Pino Roveredo, del Premio Campiello 2005 

 

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