L’EUROPA RICONOSCIUTA, alla Scala

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In un teatro gremito di pubblico ho avuto la fortuna di poter assistere 
alla prova generale dell’opera.

Qualche impressione.

L’opera si colloca bene negli ultimi decenni del Settecento. Vicenda 
complicata ambientata in un immaginario mondo mitologico 
dell’antichità, con rituale happy end; introduzione sinfonica e 
alternansi di recitativi secchi, recitativi accompagnati, pezzi 
d’insieme e cori; un lungo intermezzo di balletti fra il primo e il 
secondo atto; canto spesso ricco di fioriture, abbellimenti e 
straordinario virtuosismo vocale.

Nell’opera ci sono momenti di stasi ma anche momenti di particolare 
bellezza. 
La sinfonia descrive la tempesta che fa affondare le navi di Creta, 
mentre il re Asterio e la moglie Europa si salvano a stento sulla 
spiaggia davanti a Tiro. Senza essere un capolavoro di musica sinfonica, 
comunque mi è piaciuta.

Il primo atto non mi ha particolarmente emozionato. Drammaturgicamente 
consiste soprattutto nella spiegazione dell’antefatto e nella 
presentazione dei personaggi. Nell’antefatto si apprende che Europa 
(Diana Damrau) è stata costretta a sposare Asterio (Genia Kuhmeier), 
che l’ha rapita all’uomo di cui era innamorata, Isseo (Daniela 
Barcellona), nobile fenicio in terra di Tiro. Si apprende pure che il 
padre di Europa, il re di Tiro, è morto e ha lasciato in eredità il 
trono a sua nipote Semele (Desiree Rancatore), la quale tuttavia vi può 
accedere solo se sacrificherà al defunto re uno straniero innocente. Compare anche il cattivo, Egisto (Giuseppe Sabbatini), che aspira alla 
mano di Semele che a sua volta è invece innamorata di Isseo.

La faccenda si complica poi nel secondo atto, con il tradimento di 
Egisto, il suo smascheramento e la eterna lotta fra il bene (Isseo) e il 
male con la finale vittoria del bene.

In sequenza del primo atto ci sono i balletti. Musica elegante che 
raggiunge, secondo me, il suo vertice nel pas de deux: grande 
performance dei due ballerini.

Il secondo atto mi è parso più avvincente: un’aria di Egisto; una 
bella e ampia aria di Europa; e soprattutto l’ultima aria di Semele, che 
dialoga con l’oboe, forse la cosa più bella dell’opera. Altri brani di 
rilievo sono i cori, un quintetto e alcuni duetti.

La regia. 
A me è piaciuta molto per l’idea base che la regge. Sostanzialmente mi 
sembra che il regista (Ronconi) e lo scenografo (Pizzi) abbiano voluto 
mettere in scena la costruzione di un evento teatrale. Le scene molto 
spoglie sono definite da quinte mobili, tutte di un bianco neutro, che 
si alzano e si abbassano delimitando spazi che tuttavia sembrano in 
qualche modo provvisori o in via di costruzione. Si vedono fari luminosi 
appesi lateralmente, tubi innocenti che indicano una prigione, quinte a 
forma di scala che entrano ed escono a seconda delle circostanze, e 
soprattutto una parete a specchio che in determinate occasioni (come ad 
esempio nel finale) occupa il fondo e riflette non solo la scena ma 
tutto il teatro, con palchi, pubblico ecc. Si direbbe il teatro che 
guarda se stesso. Il coro è schierato immobile sotto il pavimento del 
palcoscenico, che all’occasione si alza rendendolo visibile, o si 
abbassa nascondendolo. 
Nel finale, con un colpo di teatro, scendono dall’altro tre file di 
poltrone rosse (come quelle della platea scaligera) che vengono occupate 
dal coro vestito in abiti di spettatori. Anteriormente alcune persone 
vestite come le maschere della Scala dispongono altre quattro poltrone 
rosse sulle quali prendono posto i quattro protagonisti (Egisto 
ovviamente è morto) che col quartetto e coro finali celebrano la 
vittoria sul malvagio. Isseo e Asterio fanno omaggio di fiori 
rispettivamente a Semele e a Europa.

Questa impostazione mi sembra che voglia simboleggiare l’inaugurazione 
del restauro scaligero ultimata (o quasi) proprio portando sulla scena 
la costruzione (o la simbologia della costruzione) di una scena. Mi è 
venuto alla mente il film Effetto notte di Truffaut.

Il cast è di tutto rispetto e l’esecuzione, cantanti, coro, orchestra e 
ballerini, mi è veramente sembrata all’altezza.

Il finale ha coinvolto in un grande entusiasmo gioioso pubblico, 
cantanti, registi, direttori, con applausi reciproci, festeggiamenti e 
quant’altro. 
Martedì ci sarà la diretta su radio tre. E il 16 rivedrò l’opera dal 
vivo, magari un po’ meno sprovveduto di questa sera.

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