CRONACA DI UN AMORE (Michelangelo Antonioni, 1950)
Paola (Lucia Bosè) è sposata a un ricco industriale milanese (Enrico Fontana). Il matrimonio, avvenuto nel 1943 in piena guerra, è stato piuttosto frettoloso. Il marito, finita la guerra e nel pieno sviluppo delle sue imprese, decide di saperne di più sulla moglie e sul suo passato e incarica un’agenzia investigativa di fare ricerche.
Nel corso di queste si viene a sapere che nel passato della donna, a Ferrara, c’è stato un episodio poco chiaro: la morte di una sua amica di scuola, Giovanna, precipitata dalle scale proprio alla vigilia del suo matrimonio con Guido (Massimo Girotti). Si sa inoltre che Paola era innamorata di Guido e che questi, tutto sommato, la ricambiava. La morte della ragazza allontana i due, lasciando loro un fondo di rimorso, anche se non risulta che essi abbiano avuto una parte determinante. Tuttavia essi hanno avvertito la consapevolezza di non aver fatto nulla per impedire la sciagura, pur potendolo fare. Questo episodio, e i sentimenti che vi stavano dietro emergono dalle ricerche del detective, che mettono in allarme Guido. Egli va a Milano per incontrare Paola ed avvertirla. L’incontro fra i due fa rivivere l’amore di un tempo, ed essi prendono ad incontrarsi regolarmente. Questa nuova realtà fa sì che Paola non sopporti più il marito e voglia prendere a vivere con l’amante. I tentativi di fuggire con lui, tuttavia, non approdano a nulla. Guido è povero, non è in grado di mantenere la donna abituata al lusso del marito. Sorge così la decisione di ucciderlo. Il primo ostacolo alla loro vita in comune era già stato tolto di mezzo con la morte di Giovanna, anche se non provocata in modo diretto dai due. Ora si poteva togliere di mezzo il secondo ostacolo, il marito di lei, questa volta agendo direttamente. Qui la consapevolezza delle comuni responsabilità nelle due morti, quella avvenuto e quella progettata si intrecciano creando una situazione di pesante tensione. Comunque Guido accetta il compito di eseguire il delitto e si apposta lungo la strada che l’industriale deve percorrere in macchina. Tuttavia le cose prendono una piega diversa. L’industriale viene avvertito che la moglie in realtà si vede regolarmente con un uomo. Proprio la sera programmata per l’agguato, si precipita a grande velocità per sorprendere la moglie, esce di strada e muore nell’incidente. L’obiettivo è raggiunto senza che Guido abbia materialmente eseguito l’omicidio: quasi una ripetizione della morte di Giovanna. Ma il senso di responsabilità, latente per la morte di Giovanna, questa volta prorompe senza esitazione nel suo animo. Paola, informata, vede finalmente aprirsi quel futuro con Guido al quale aspirava. Ma Guido non riesce ad accettarlo e se ne va per sempre.
Il film è condotto con grande freddezza. I sentimenti d’amore fra Paola e Guido non coinvolgono lo spettatore. Al di là delle scene di trasporto, delle espressioni amorose, lo spettatore avverte qualche cosa che lo tiene lontano dai sentimenti dei due amanti, come se esistesse una forma di in comunicabilità che dai due protagonisti si estendesse fra i loro e lo spettatore. Dal punto di vista delle immagini, ci sono bellissime riprese di Milano, sia nelle zone centrali che in quelle delle periferie, nel periodo dell’immediato dopoguerra: immagini gelide, di una città che sembra sforzarsi di rinascere, con il traffico modesto che percorre le strade, i vecchi tram, l’atmosfera umida e fredda. Film bello, soprattutto per i ricordi di un periodo della vita difficile.