LA NOTTE (Michelangelo Antonioni, 1961)
È il secondo film della trilogia dell’incomunicabilità. Ha vinto l’Orso d’oro al Festival internazionale del cinema di Berlino nel 1961. Direi che in questo film il tema dell’incomunicabilità è più esplicito di quanto non lo sia nell’Avventura. I protagonisti sono una coppia di sposi della media borghesia: Giovanni Pontano, uno scrittore di successo interpretato da Marcello Mastroianni e Lidia, sua moglie, interpretata da Jeanne Moreau. Il paesaggio è la Milano agli inizi degli anni Sessanta. Sta incominciando il miracolo economico: il centro storico offre alla vista palazzi moderni, si intravedono i grattacieli, fra cui il celebre Pirellone; le strade sono percorse da molte automobili, soprattutto fiat, lancia e alfa: 600, 1400, lancia aurelia, giuliette, ma anche auto americane possedute dalla ricca borghesia. Al confronto le periferie mostrano ancora un’immagine degradata: case coloniche in decadenza o addirittura diroccate, prati incolti selvatici dove bande di ragazzi giocano, litigano, fanno a pugni, binari morti un tempo utilizzati per la comunicazione fra frazioni, piccoli comuni dei circondario, etc. L’ambiente è quello solito della borghesia che coll’avanzante miracolo economico si sta espandendo e arricchendo, ma anche culturalmente impoverendo.
Il film si svolge nell’arco di una giornata. Giovanni e Lidia al mattino si recano a trovare un amico gravemente ammalato, Tommaso (Bernhard Wicki) ricoverato in clinica. Tommaso soffre moltissimo, i dolori gli vengono calmati con la morfina, ma è chiaro che ormai è alla fine. Accoglie la coppia con grande affetto, li considera veri amici. Lidia non regge e si allontana in preda alle lacrime. Giovanni la raggiungerà poco dopo, ma nei corridoi dell’ospedale ha una specie di avventura con una fanciulla evidentemente in preda a un accesso di follia.
Giovanni e Lidia si recano alla presentazione dell’ultimo libro di Giovanni. In macchina non c’è quasi dialogo. Giovanni confessa alla moglie l’avventura del corridoio della clinica, ma Livia non ne è affatto turbata, e anzi dà la cosa come fatto normale. L’incomunicabilità fra i due si fa sempre più palese. Alla presentazione del libro c’è folla di persone appartenenti alla borghesia che si precipitano a complimentare Giovanni, e a chiedere autografi sui volumi che si affrettano ad acquistare e che, si sospetta, metteranno accuratamente nella loro biblioteca senza provarsi neppure a sfogliarli. Fra un bicchiere e l’altro, nel corso di conversazioni insipide e scontate, Lidia si stanca e se ne va. Inizia così un suo giro per Milano e dintorni. Paesaggio esteriore e stato d’animo della donna sembrano fondersi nel contrasto che porta la donna a una ricerca incompiuta. A un certo punto telefona al marito per farsi venire a prendere con la macchina. Durante il viaggio di ritorno cerca di attivare un conversazione col marito, racconta ciò che ha visto, in sostanza cerca di farli comprendere la sua intima contraddizione, ma la cosa ben presto si spegne nel disinteresse di lui.
Per la sera c’è un invito da parte di un ricco imprenditore, Gherardini, uno di quei “fatti da sé” che abbondano all’inizio del miracolo economico, e che, come malignamente osserva Lidia, ambiscono avere al loro fianco un intellettuale. Lidia prevede già di annoiarsi e propone al marito una serata a due. È tanto tempo che non ne fanno, e Lidia spera con questa proposta di ravvivare un rapporto chiaramente stanco e ormai privo di prospettive. I due si recano così a un tabarin. Seduti a un tavolo, nessun dialogo serio li impegna. Giovanni è attirato dalla danzatrice che esegue uno spettacolo di spogliarello. Le speranze di Lidia vanno deluse ed ella si annoia visibilmente. Alla fine si decide, e propone al marito di uscire e di andare alla serata alla quale erano stati invitati. Ormai Lidia capisce che il loro matrimonio è finito; gli ricorda il rapporto che lei a suo tempo ha avuto con Tommaso, ben più vivace, anche se lei, innamoratasi di Giovanni, non lo ha poi coltivato; gli confessa alla fine che ora non lo ama più.
Alla festa i due fanno vita per conto loro. Come previsto, la casa è di grandi dimensioni, con ampio parco e grande piscina; gli invitati sono tantissimi, sparpagliati nel prati, nei numerosi locali della villa, e del tutto a loro sconosciuti. Il loro arrivo è ignorato. Vengono accolti, secondo le solite regole di un’ospitalità pacchiana, dalla moglie del Gherardini. Le solite presentazioni a questo o a quello vengono ben presto interrotte. La donna viene quasi subito attirata dalle tante cose che succedono, o più realisticamente non succedono. Chiacchiere, risate, giochi, tuffi in piscina rigorosamente vistiti, grande movimento, ma tutto senza un motivo apparente. Lo spettatore guarda questa vivacità con gli occhi di Giovanni e Lidia, soprattutto di Lidia, sena riuscire a penetrare un minimo di interesse in ciò che accade. Gherardini, al centro del solito gruppo di amici interessati, tiene banco, vanta la propria capacità imprenditoriale, decanta la propria azienda, ne fa un modello, soprattutto per la sua storia e il suo rapporto con gli operai (politica di alti salari, dice). Si spinge a fare una proposta a Giovanni, dopo averne elogiato la grandezza come scrittore: venga a lavorare per lui, nella sua azienda. Ne potrebbe fare la storia, potrebbe valorizzarla agli occhi della gente con opportune iniziative culturali. Potrebbe essere assunto con un ruolo dirigenziale, guadagnando certamente di più di quanto non faccia con i proventi della vendita dei libri. Giovanni capisce la trappola, e ricorda l‘avvertenza di Lidia (i nuovi ricchi ambiscono avere al loro fianco un intellettuale, come segno di distinzione), ma non rifiuta subito. Ci penserà. In questo mondo che si sta sviluppando, alla vigilia del miracolo economico, il danaro conta, e conterà sempre di più anche per gli intellettuali. Intanto Giovanni è preso dalle grazie di Valentina (Monica Vitti), la figlia del Gherardini. Fra i due si sviluppa una specie di rapporto: da parte di Giovanni chiaramente di natura erotica. Da parte di Valentina più complesso, misto di attrazione, dubbi esistenziali, paure. Anche Lidia trova uno sconosciuto che la corteggia. In un primo momento accetta, ma poi, quando le cose sembrano andare più in profondità, rifiuta. Non è ciò di cui ha bisogno. Una telefonata la informa che Tommaso è morto.
Ormai l’alba si sta avvicinando, e Giovanni e Lidia escono dalla villa e si addentrano nel parco. I due si siedono ai margini del prato come se attendessero l’alba. Lidia conferma al marito di non amarlo più e di non sentire alcuna gelosia per il suo interesse per Valentina. Quindi dalla borsetta estrae un foglio e legge. Si tratta di una struggente lettera d’amore. Alla fine non può trattenere una lacrima. Anche Giovanni è commosso e le chiede di chi sia quella lettera. La risposta è scontata: è sua, e il fatto che non la ricordi è pieno di significati. Giovanni vorrebbe ricuperare la meraviglia di quel rapporto, destinato ad essere “più forte del tempo e dell’abitudine”, ma che tempo e abitudine invece hanno rovinato. Si gira, abbraccia la moglie, la bacia, ma la sua effusione non ha nulla della tenerezza espressa dalla lettera: è un effusione ancora e solo sessuale, lasciando tutto sommato le cose così come si sono manifestate durante tutta la giornata descritta dal film.
13 novembre 2013 alle 18:23
Dove posso trovare il testo della lettera??
Grazie
Massimiliano
20 novembre 2013 alle 16:01
Hai ragione. Il link era sbagliato. Ora puoi cliccare sul link e troverai sia il testo della lettera che il brano del film in cui la protagonista, Lidia, legge la lettera. Comunque sappimi dire. Ciao.