L’UOMO, LA BESTIA E LA VIRTÙ di Luigi Pirandello
Questa commedia, derivata da una novella, Richiamo d’obbligo, delle Novelle per un anno (raccolta “La giara”), ha un sapore grottesco. Situazione intricata con episodi di comicità che porta a una conclusione lieta. È stata composta nel 1919. La prima rappresentazione avvenne a Milano, al Teatro Olympia il 2 maggio dello stesso anno. Fra gli interpreti principali, Paolino, professore privato, fu interpretato da Antonio Gandusio; la signora Perella da Tina Pini; il capitano Perella da Olinto Cristina. Il pubblico non la gradì e così la commedia dovette aspettare fino al 1922 prima di essere ripresa, questa volta a Roma, al Teatro Quirino. In questo caso il risultato fu un po’ meno disastroso.
La trama: Il professor Paolino è un insegnante che tiene lezione privata a ragazzi che necessitano di ripetizioni. È una persona molto precisa, di ineccepibile moralità, almeno nelle intenzioni. Mentre sta facendo lezione a due studenti, viene interrotto dall’arrivo della signora Perella, moglie di un capitano lupo di mare, che passa mesi a bordo della sua nave e che riserva alla vita famigliare solo pochi giorni fra un imbarco e l’altro. La signora è disperata. Sono presenti tutti i sintomi di una gravidanza. E dato che il marito è in navigazione da alcuni mesi, il figlio non può essere suo. In realtà il figlio è del professor Paolino, il quale, munito di grandissimo cuore, ha pensato bene di consolare la pura, casta, irreprensibile signora Perella, arrivando evidentemente a fare, segretissimamente, con lei quello che il marito da tempo non faceva più. Purtroppo ciò pone la signora sull’orlo del baratro di uno scandalo. Occorre trovare un rimedio. Si dà il caso che il capitano Perella debba approdare in città proprio quel giorno. La soluzione potrebbe trovarsi nella speranza che il capitano, dopo una lunga assenza per mare, giungendo a casa fosse attirato dalla moglie ed avesse finalmente con lei un rapporto sessuale. In questo modo si potrebbe ottenere la copertura della gravidanza adulterina. Le cose tuttavia non sono così semplici. Il capitano non solo ha una moglie e un figlio in questa città, ma ha anche un’altra moglie con diversi figli a Napoli. E quando egli torna da una lunga missione per nave, generalmente sbarca prima a Napoli e soddisfa con l’altra moglie i suoi appetiti ravvivati dalla lunga astinenza. In queste condizioni finisce che alla prima moglie manchino gli argomenti efficaci per stimolare il desiderio del marito.
Anzi egli generalmente, per evitare qualunque tipo di rapporto, litiga di brutto con la moglie e si ritira a dormire in una stanza separata, pronto a ripartire il mattino successivo. Che fare, allora? Il prof Paolino si rivolge a un medico, nella speranza che egli gli possa consigliare un qualche farmaco capace di stimolare l’appetito sessuale del capitano. E questo appunto avverrà.
Nel secondo atto, Paolino viene invitato a cena in casa Parella. Egli arriva un po’ in anticipo, prima del capitano. Porta con sé il pasticcio nel quale il dottore ha inoculato il farmaco afrodisiaco; e si dà da fare per rendere attraente la donna, vestendola, pettinandola, truccandola con effetti a dir poco grotteschi, mentre la donna cerca di difendere il proprio pudore facendo resistenza ad una eccessiva sfacciataggine nel mettere in mostra le proprie beltà. Ma Paolino è rigoroso: bisogna che la donna diventi appetibile e la stimola ad assumere atteggiamenti che dovrebbero essere provocanti. L’effetto sul capitano è deleterio. Si instaurano subito discussioni che ben presto tracimano in vere e proprie liti. Il capitano alla fine, dopo aver buttato all’aria il tavolo con tutta la cena, si ritira, come al solito, nella propria stanza e si chiude a chiave lasciando fuori la moglie. Unico dato positivo: il capitano ha trovato di proprio giusto il pasticcio e ‘ha divorato tutto. La povera signora Parella decide di mettersi a sedere davanti alla porta chiusa della camera del marito in paziente attesa, mentre Paolino se ne torna a casa a malincuore. Prima di uscire raccomanda alla donna di esporre alla finestra un pianta di fiori qualora il marito abbia avuto con lei l’agognato rapporto sessuale.
Nel terzo atto siamo al mattino presto in casa Parella. Il Capitano si è alzato, apre le finestre per prendere un po’ d’aria, e vede sulla strada il prof. Paolino che passeggia. Ovviamente noi sappiamo che la sua preoccupazione è quella di vedere esposto il vaso di fori che tuttavia, purtroppo, non c’è. Il Capitano, un po’ meravigliato di vederlo lì davanti a casa a quell’ora del mattino, lo invita a salire e gli offre il caffè. Fra i due si apre una conversazione che per Paolino è un tentativo di capire se durante la notte è successo qualche cosa di ciò che egli spera, mentre il Capitano si meraviglia non riuscendo a comprendere certe insinuazioni o certe allusioni. Paolino, rivela al capitano, ha passato la notte insonne, (e noi sappiamo il perché). Ma anche il capitano non ha dormito e per questo ha sentito il bisogno dell’aria pura mattutina. Finalmente entra in scena la signora Perella, tutta scarmigliata e sorridente. Si avvicina alla fioriera, prende in mano un vaso di fiori e lo appoggia alla finestra. Poi un secondo. Poi un terzo, un quarto e un quinto, fra la gioia di Paolino che così apprende che il problema che lo preoccupava è stato risolto.
La commedia si esprime in termini grotteschi. Oltre ai protagonisti vi sono diversi personaggi minori la cui presenza contribuisce a dare una veste di comicità. Secondo le didascalie alcuni di questi personaggi dovrebbero essere truccati in modo da richiamare degli animali. Per esempio la governante del prof. Paolino dovrebbe avere l’aspetto di una gallinaccia, il farmacista, che procurerà il farmaco afrodisiaco dovrebbe avere l’aspetto di una volpe, gli studenti che prendono lezione all’inizio della commedia hanno l’aspetto rispettivamente di un caprone e di uno scimmione con gli occhiali. Nonò il figlio dei Perella richiama l’aspetto di un gatto, e il capitano Perella viene raffigurato come un enorme cinghiale setolato. Tutto questo contribuisce a dare alla commedia un sapore che per qualcuno può essere più che comico, sgradevolmente grottesco.
L’edizione in mio possesso è quella diretta e interpretata da Carlo Cecchi del 1975, ripresa poi a Milano nel 1981, con Raffaella Azim nella parte della signora Perella e di Paolo Graziosi nella parte del Capitano. Questa rappresentazione forza in un certo qual modo l’aspetto grottesco del lavoro fino a dargli una dimensione di farsa e le maschere dei personaggi sono particolarmente marcate.
24 agosto 2019 alle 15:33
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